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2008-11-23

Milan: Diavolo Matador


Sicuramente non sarà una gara fra dilettanti allo sbaraglio quella di questa sera all’olimpico di Torino, la corrida televisiva del sabato sera divenuta famosa per la simpatica kermesse di personaggi singolari, ha giustamente bandito, per manifesta malafede, i numerosi farneticanti che tormentano il mondo del calcio, con performance meritevoli di strilli, fischi e campanacci.
Il palcoscenico di Torino-Milan sarà quello che merita il posticipo domenicale, capace com’è di concentrare le attenzioni multilaterali di tifosi e sportivi, con la partecipazione straordinaria di gufi e civette, che nell’oscurità della notte potranno dare fiato alle trombe per sfogare la sindrome di repressa inferiorità opponendo quale alibi la sudditanza psicologica. Quella che ci attende sul terreno di gioco invece sarà una vera corrida, fra due avversari leali che se le sono sempre date di santa ragione: da una parte il Toro con due corna ben affilate e infuriato per il magro bottino messo fin qui in cascina, 11 punti che le valgono il quartultimo posto in classifica e forse non del tutto reali, considerate le potenzialità della squadra.
Dall’altra il Diavolo che per ambire ad un ipotetico primato dovrà camuffarsi da matador per averla vinta e mantenere il trend positivo. Sarà uno duello privo di banderillas e capote per non renderlo impari come avviene nelle “plazas de toros”, ma per contenere l’irruenza taurina bisognerà avvalersi della pazienza del torero: Attendere il momento giusto e colpire fra gli olé generali.
Il Toro si presenterà al fischio iniziale già ferito dalle ultime 8 giornate di campionato dove ha raccolto solo 6 punti meritandone quasi il doppio. In settimana De Biasi ha caricato i suoi a dovere, e malgrado qualche fisiologica defezione, gli undici che scenderanno in campo saranno pronti e determinati a dare battaglia, vogliosi come sono di risalire in fretta la china. Per superare un avversario così agguerrito ci attendiamo una prestazione maiuscola e senza tentennamenti o cali di tensione. Di questo, siamo convinti, Ancelotti ne è assolutamente cosciente. Proprio ieri il mister in conferenza stampa annunciava novità con il probabile rientro di Pirlo sin dal primo minuto, che con i suoi lanci lunghi offrirebbe una variante fondamentale alla fase offensiva, più croce che delizia di queste prime dodici giornate.
Per il Milan questa sarà la sesta gara esterna dopo due vittorie, due pareggi e una sconfitta, con 4 reti realizzate e 4 subite, con una media gol di 0,80 a partita, che per una squadra da primato è davvero una miseria.
Sognavamo tambureggianti azioni di gioco e carrellate di reti capaci di scatenare la fantasia dei tifosi e ci ritroviamo con un reparto che non ha ancora trovato la quadratura del cerchio, abulico e pachiderma, privo di idee e velocità. Due secondo noi le possibili motivazioni: la persistente scarsa vena di Kakà e la continua alternanza del terzo uomo in attacco, sempre in bilico fra Borriello, Pato e Inzaghi.
Lo stesso Ancelotti proprio ieri rispondendo alla domanda: perché gli attaccanti segnano poco? Rispondeva: “Abbiamo fatto molte rotazioni e questo fatto ha inciso nella fase realizzativa individuale dei giocatori”. Marco, quando gli infortuni glielo hanno permesso, ha avuto il suo spazio senza però avere il tempo sufficiente per trovare la giusta intesa con i compagni di reparto. Superpippo, caparbio come sempre, quando è stato chiamato in causa ha quasi sempre timbrato il cartellino anche se il suo impiego potrebbe risultare più utile a gara in corso.
Per Alexandre Pato il problema è di diversa natura. Le attenzioni nei suoi confronti sono andate nel tempo scemando: quello che lo scorso anno era il ragazzino dei miracoli di colpo è stato ridimensionato a triste panchinaro. Il 7 rossonero non lascia trasparire malumori di sorta, ed è giusto così, ma considerata anche la giovane età crediamo stia pagando il calo di entusiasmo che lo aveva accompagnato sin dal suo arrivo in Italia. Non traspare allegria dal suo volto ne la serenità di chi ha fiducia in se stesso: quando è chiamato in campo, spesso per gli ultimi 15 o 20 minuti, si lascia guidare più dall’irruenza che dalla classe e finisce quasi sempre per combinare poco. Il mister dal canto suo ribadisce che i problemi del giocatore sono solo di natura tecnica: “E' un giocatore importante, ma con caratteristiche particolari. Pato, Kakà e Ronaldinho non sempre possono giocare assieme. Lui preferisce decentrarsi e sta lavorando per diventare una punta centrale. Lui preferisce spostarsi lateralmente e noi abbiamo bisogno di una punta di movimenti centrali”. Ce lo consenta Carletto, ma questa valutazione ha tutta l’aria di una enigmatica contraddizione. Pato non giocherebbe per quello che sa fare, ma troverebbe eventualmente spazio solo dopo aver imparato quello che non sa fare, motivato dal fatto che alla squadra serve un giocatore con caratteristiche che lui sembrerebbe non avere.
Un vero rompicapo, un guazzabuglio manzoniano che non aiuterà certo il ragazzo ad affermarsi in breve tempo, privando anche la squadra di una freccia in più al proprio arco. Spacciateci per Patomani, ma siamo convinti che per aiutarlo a maturare bisognerebbe costantemente infondergli fiducia e soprattutto farlo giocare. Rischieremmo altrimenti di trasformare il simpatico papero ben presto nel brutto anatroccolo. Sarebbe bello e motivante questa sera vederlo in campo sin dal primo minuto, dopo tutto lo scorso anno la vittoria a Torino portava proprio la sua firma fra gli osanna generali. Pato o non Pato il dilemma resterà anche perché non crediamo che le alternative attuali diano una soluzione di continuità agli schemi offensivi della squadra. Ma quando le luci dello stadio si accenderanno d’incanto tutti i dubbi almeno per novanta minuti cesseranno, e con la nostra sanguigna passione come in un’arena acclameremo il Diavolo rossonero con un solo grido: “SUERTE MATADOR”.
|di Giacomo Chillé - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 162 volte


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