Nel gelo di San Pietroburgo e su un campo, a detta unanime della critica, difficile, è stato ottenuto un ottimo pareggio. Giocando una partita gagliarda, da Juve. Perché non si è fatto lo stesso sabato scorso? Mistero.
Dopo aver visto la Juve di Russia, viene naturale porsi una serie di “perché”.
Perché la medesima Juve, quanto meno qualcosa che le assomigliasse vagamente, non è stato possibile ammirarla sabato scorso a San Siro. Perché contro l’Inter la squadra non è stata in grado di mettere in mostra la stessa intraprendenza, un’analoga freschezza e vitalità (eppure erano trascorse appena 72 ore dalla gara di Milano, e un appannamento fisico non lo si smaltisce in così poco tempo).
Perché nella gara del Meazza non è stato schierato fin dal primo minuto, o magari soltanto ad inizio ripresa, un Camoranesi così brillante e in palla.
E perché sempre sabato scorso non è stato dato più spazio pure a Iaquinta, sempre reattivo ad ogni chiamata, nel momento in cui Nedved non ce la faceva più.
Domande alle quali dovrebbero seguire delle risposte che soltanto una persona potrebbe darci ma che, anche quando è stato sollecitato a farlo (la domanda relativa al ritardato ingresso di Camoranesi il sottoscritto gliela pose subito dopo il match di sabato ma l’interessato ha fornito una risposta piccata: “l’ho messo in campo quando ho ritenuto di doverlo mettere”) ha preferito eluderle. Il signore in questione si chiama Claudio Ranieri, nei confronti del quale non abbiamo alcuna intenzione di far ripartire una nuova crociata, ma semplicemente chiedergli ragione di una metamorfosi bianconera evidente ai più.
Quella vista a San Pietroburgo è stata infatti una Juve più che soddisfacente, ben messa in campo e spesso propositiva. Certo, in alcuni momenti della gara la squadra ha anche sofferto il forcing dello Zenit, però è riuscita ugualmente a contenere gli assalti, limitare le occasioni da rete avversarie e – soprattutto – ad essere sempre propositiva e pericolosa davanti, sfiorando in più di un’occasione (sia nel primo che nel secondo tempo) la possibilità di passare in vantaggio. Due legni,un paio di parate eccezionali di Malafeev e qualche errore di mira sotto porta sono lì a documentare una prestazione più che soddisfacente della nostra Juventus su un campo difficile come appunto questo dei detentori di coppa Uefa e supercoppa europea.
Si tenga inoltre presente come la squadra maggiormente interessata a portare a casa l’intera posta fosse proprio quella russa, non la nostra già qualificata agli Ottavi. Ciò nonostante la partita è stata affrontata – e di questo va dato merito all’allenatore così come ai giocatori - col piglio e la concentrazione di chi non aveva nessuna intenzione di mollare un centimetro agli avversari, ma magari di riuscire a chiudere in anticipo pure il discorso relativo al primo posto nel girone. Lo faremo quasi sicuramente fra 15 giorni a Torino, perché un pareggino col Bate Borisov non dovrebbe essere così complicato da centrare.
Resta comunque da capire perché 3 giorni prima è stata vista una Juve totalmente diversa, assolutamente priva di quella lucidità e quel furore agonistico visti appunto a San Pietroburgo, manco la partita con l’Inter fosse priva di stimoli, motivazioni e interessi analoghi – se non addirittura superiori – a quelli del match con lo Zenit.
A Milano sostengono che la squadra nerazzurra ci abbia talmente surclassati (e non è vero) da impedirci di giocare. Personalmente ritengo che la partita l’abbiamo persa perché non siamo stati in grado di modificare in corsa il nostro assetto tattico, prendere le giuste contromisure e utilizzare tutte le carte possibili a nostra disposizione. Errori già visti non più tardi di un mesetto e mezzo fa e spereremmo tanto di non rivedere più. Ma l’incognita resta dietro l’angolo. |di Quasimodo - Fonte: www.nerosubiancoweb.com| - articolo letto 144 volte