Niente allarmismi ma sana preoccupazione: è la linea ideologica che prevale nelle teste e nei cuori dei tifosi rossoneri dopo la crisi di gioco e risultati che sta di nuovo attanagliando la squadra. Quella che segue è una serie di considerazioni in libertà sul momento e sulla stagione rossonera. La scoppola di Palermo è stata una delusione tremenda che non verrà digerita, non tanto per il risultato o la classifica quanto per l’orgoglio. Vedere un Milan assente, svogliato, quasi irritante nel suo gioco rinunciatario è una sofferenza che non possiamo permetterci. E, purtroppo, ultimamente troppo spesso abbiamo dovuto vedere un Milan in queste condizioni: anche quando sono poi arrivate fortuite vittorie, il gioco non è mai stato degno di quelle strisce rossonere che da Sacchi ad Ancelotti stesso hanno sempre fornito spettacolo e calcio champagne. Adriano Galliani continua a nascondersi dietro ad un pretesto che sta diventando ridicolo agli occhi dei non milanisti, quello cioè del ‘club più titolato al mondo’: in campo non ci va il palmarès, ci vanno dei giocatori che devono dimostrare il loro valore partita per partita. Il loro passato, le coppe conquistate, sono solo dolci ricordi: se non sputi sangue, se non ci metti la gamba, il Portsmouth o il Lecce di turno non si fanno problemi a ridicolizzarti. Assenza di gioco, pancia piena, scarsa condizione fisica: i problemi sembrano infiniti per il povero Carletto. L’uomo chiave della difesa, Nesta, non si è mai visto in questa stagione, e ormai fare affidamento su di lui è impietoso; a Maldini, a 40 anni, non si possono più chiedere i miracoli, idem per Favalli; Senderos è arrivato rotto e ciò conferma che la società si affida per lo più a svincolati o vecchie glorie per tirare a campare.
La campagna acquisti sembrava sontuosa, ma all’atto pratico cosa è stata? Un centravanti (Borriello) già di nostra proprietà che sta accumulando oggi tutti gli infortuni che non ha subito l’anno scorso, un altro (Shevchenko) che sembra la copia sbiadita del superbo fuoriclasse che era, un onesto gregario di centrocampo (Flamini) spacciato per fenomeno. Lo stesso Zambrotta va a fasi alterne, e se a ciò aggiungiamo la condizione non ottimale di Kakà –che più che altro in questo periodo risulta essere un giocatore in meno nell’economia della squadra- e l’involuzione di rendimento di Seedorf e la frittata è fatta. Il solo Ronaldinho sta andando oltre ogni più rosea previsione, ma anche qui si potrebbe vedere un potere d’acquisto ridotto di un Milan che non compete più con l’Inter, il Real, il Manchester in termini economici: infatti il buon Dinho vale tre volte meno di quanto non valesse all’apice della carriera, e allora il Milan non sarebbe mai risuscito a garantirsi le sue prestazioni. Non è una critica fine a se stessa ma una dolorosa constatazione di come si cerchi di fare le nozze coi fichi secchi. Magari in questo weekend il Milan si riscatta e asfalta il Catania a suon di gol, riprendendo una marcia scudetto che –ci auguriamo tutti- non si fermi più fino a maggio: saremmo ben contenti di considerare queste constatazioni degli abbagli colossali. I tifosi sono stufi, il popolo rossonero chiede undici Gattuso. Gennarino deve essere l’emblema di questo Milan, non di certo i Beckham o le varie stelle (bolse o meno) che passano ad arricchire il carrozzone di un circo che pare creato appositamente per vendere abbonamenti. Bisogna comprare i giovani, puntare su chi una storia se la vuole creare e non solo su chi ha già riempito gli almanacchi. Come si è fatto, ottimamente, con i vari Kakà, Pato, gli stessi Shevchenko, Pirlo, Gattuso, giunti a Milanello in tenera età. E serve anche pazienza da parte di chi pretende subito la luna da questi ragazzini, e qui il discorso si sposta sull’autocritica. Berlusconi Junior ha detto che servono rinforzi, in difesa e a centrocampo: aggiungendo che lo pensa sin da quest’estate, conferma la tesi che non solo i tifosi ma anche la dirigenza sa che servono interventi più decisi in sede di mercato, per rafforzare davvero la rosa. Per non parlare del gioco, ormai trito e ritrito, senza mai innovazioni, quasi abbandonato all’abitudinarietà: a volte sembra che i rossoneri si limitano a cercare l’offensiva in modo confusionario, disorganizzato, ‘come viene viene’. E questo non va decisamente bene. Gli All Blacks sono stati in visita a Milanello nei giorni scorsi, speriamo abbiano trasferito ai Ragazzi un po’ della loro grinta. Up The Devils! |di Rino Gissi - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 167 volte