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2008-12-26

Mourinho a Inter Channel: "Non sono un attore"


MILANO - Le partite non finiscono mai. E così anche le interviste. C'è sempre qualcosa in più da scoprire, resta sempre una domanda in più da rivolgere, soprattutto se dall'altra parte del tavolo di Inter Channel c'è José Mourinho, che si racconta, come regalo di Natale, a tutti i tifosi dal canale tematico nerazzurro.

Tempi supplementari.

José Mourinho, ma da ragazzino aveva un idolo calcistico?

"Avevo due idoli, mio padre ed Eusebio. Papà per me era il migliore del mondo, anche se in realtà era semplicemente un bravo portiere. Eusebio era davvero il migliore del mondo, comunque uno fra i migliori, amico di mio padre, amico mio. Sono nato il 26 gennaio, Eusebio il 25. Da piccolo aspettavo il suo regalo di compleanno, una maglia, un pallone, era il mio idolo. Un giocatore e una persona fantastica. Al Benfica l'ho ritrovato quasi quarant'anni dopo".

Parliamo ancora di ragazzini, Mourinho li ha allenati. Cosa vuol dire prendersi cura dei giovanissimi?

"Il patrimonio di allenarli, per me, è stato la difficoltà di allenarli quando anch'io ero un ragazzino. Avevo ventitre, ventiquattro anni e loro diciannove. Mi è successo anche dopo di affrontare la questione dell'età: al Barcellona avevo ventotto-trenta anni e loro, i calciatori, trenta-trentadue. Ripensandoci, questa cosa mi è successa praticamente sempre. Anche oggi, che la differenza d'età è più significativa, mi sento come loro, mi piacciono le stesse cose, capisco i loro problemi. È sempre stato importante, per costruire la mia leadership, essere uno di loro".

C'è una cura del dettaglio in tutto quello che fa. È così che si vince?

"I dettagli sono importanti, per essere molto esigente con chi alleno penso di dover dare ai giocatori le condizioni ottimali. Non voglio mai trovare un problema tanto per trovarlo, mi piace che ci sia una struttura con la capacità di rispondere positivamente. Qui ho trovato piena disponibilità: per esempio la sala stampa è adesso anche sala riunioni della squadra, una volta deciso quello di cui avevamo bisogno, anche a livello tecnologico, audiovisivo, informatico, in due settimane è stato tutto perfetto".

La partita moderna è sezionata dalle telecamere, anche l'allenatore è costantemente ripreso. Si rivede mai?

"Non faccio mai attenzione a me stesso, non sono un attore. Durante la partita sono costantemente concentrato, penso solo a quella e a ciò che devo fare per la squadra. Ovviamente ho uno staff, ho un ufficio stampa che mi informa, mi dice se parli in una certa direzione sai che la telecamera non ti riprende... ma durante la partita io non penso a questi dettagli".

Non ha mai fatto cenni al fattore fortuna nelle sue interviste. Perché non crede abbia una sua importanza o perché crede che ognuno la fortuna la crei da solo?

"Penso che sia un po' così. La fortuna esiste, ma se da lassù Lui decide che non vinci, non vinci e punto. Credo che la fortuna si possa cercare e trovare, non mi piace che sia evocata come un modo di nascondersi, ma i dettagli sono importanti. Al Porto, in Champions, abbiamo segnato al Manchester al minuto 92. È fortuna perché abbiamo segnato al novantaduesimo, ma non è fortuna perchè Costinha sapeva di dover essere in una precisa posizione ed era lì quando ha segnato. Dove finisce la fortuna e dove inizia l'organizzazione della squadra? Non lo so. Al Chelsea abbiamo perso una semifinale di Champions ai rigori con il Liverpool. È stata la sfortuna? Cech non ha parato nessun rigore, Reina ne ha parati due. È stato fortunato Reina perché qualche giocatore del Chelsea non ha calciato bene o è stato bravo? Dove inizia la fortuna e dove finisce? Sinceramente, fortuna non è una parola che mi piace utilizzare".

Fine dei tempi supplementari.
|Ufficio Stampa Inter - Fonte: www.inter.it| - articolo letto 159 volte


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