Che Natale ragazzi... Prima della cinquina sulla ruota di Milano tutti al capezzale del sofferente Diavolo a formulare illuminate diagnosi. Erano stati consultati esimi specialisti ma una soluzione agli acciacchi ed alle ripetute ricadute sembrava non fosse stata ancora trovata. Il via vai di soccorritori e subalterni alimentava allarme e preoccupazione rendendo inattendibili i bollettini medici. Il primario pro tempore, dott. Silvio Berlusconi, aveva sdrammatizzato sul persistente stato di fibrillazione e come piace più a lui che alla platea, si compiaceva come un pavone della sua illustre carriera liquidando i temi scottanti con una semplice battuta: “Ogni tanto dobbiamo far vincere anche gli altri”. Gli uomini sono fortemente attratti dall’immortalità, le loro gesta terrene possono renderli tali. Il nostro presidente nei secoli sarà ricordato come un grande condottiero e trionfatore, ma a lui piace sempre anticipare dei posteri l’ardua sentenza, è fatto così. Dopo tutto nello splendore degli anni migliori la sua creatura aveva saputo regalarci formidabili momenti di gloria, e vederla giacere inferma, incapace di rialzarsi e reagire alle molteplici sollecitazioni, era come assistere malinconicamente al suo naturale desio.
I tormenti del tifoso prevaricavano la funesta epidemia di infortuni che aveva colpito il parco giocatori. Era l’assuefazione che rendeva inefficace la medicina. Il tecnico assuefatto al suo lezionario tattico, dimostrava incapacità nel proporre soluzioni alternative. I giocatori assuefatti alla loro grandezza: perdere una partita, un campionato non sembrava scalfirli più di tanto, le prestazioni sistematicamente lo dimostravano, i mea culpa post gara solo echi di prevedibili dichiarazioni. La società assuefatta ai trofei conquistati, sempre lucidi ed in bella vista, era sempre pronta a sbatterli in faccia a chiunque osava dubitare del loro operato. I tifosi anche loro assuefatti all’ovvia soluzione che cambiando gli uomini sarebbero cambiati i risultati. Niente di tutto questo.
I commensali con la pancia bella piena, fra festini e medaglie al merito, presentavano sintomi da riflusso, con un apparato digerente simile a quello del coccodrillo, le copiose lacrime che sgorgavano erano l’evidente sintomo di un devastante indigesto. Sopravvivere di rendita in momenti di patologica crisi non era poi conveniente, si correva il rischio che molte stelle lasciassero alla fine un brutto ricordo di se stessi. Scartabellando minuziosamente la cartella clinica a noi la malattia del diavolo appariva sempre più immaginaria e di conseguenza non meno preoccupante. La pillola Beckham non l‘abbiamo considerata come una salvifica terapia. Ha tutta l’aria del palliativo, una leggere dose di morfina capace di alleviare il dolore solo per qualche ora. Credere poi che il mercato di gennaio porti all’avvento di un nuovo messia è come credere ancora a Babbo Natale e alla Befana.
Era giunto invece il momento di disfarsi di pantofole e camicia da notte, buttare via la papalina e dopo una bella purga ricominciare a correre per provare a ritrovare l’appetito. La fame è il motore di ogni vittoria. Quel turbo iniezione così sofisticato che appariva da tempo fuori uso abbiamo creduto, una volta ancora, che non fosse destinato alla rottamazione. Il malato immaginario per ridestarsi aveva bisogno di una scossa, di sognare una nuova avventura, di buttarsi in una scommessa avvincente, altrimenti avrebbe continuato a dormire beato fra morbidi guanciali. La domenica che segnava simultaneamente la definitiva abdicazione dal titolo mondiale e la voragine di dodici punti dalla vetta della classifica ha ridestato il paziente dormiente, inaspettatamente capace di regalarci una prova di carattere e di tecnica superba anche se ottenuta con un avversario dimesso e consenziente. Consideriamola quindi solo come una risposta parziale alle nostre ansie ed ai nostri interrogativi: Il Milan c’è.
C’è quando il presidente, anche solo per qualche ora, fa il presidente. C’è quando il pelato più famoso d’Italia si gongola meno e si arrabbia di più. C’è quando Carletto ricorda di essere un grande motivatore così come un grande stratega. C’è quando Kakà corre e salta gli avversari come birilli. C’è quando si accende la stella più luminosa del pianeta calcio: gli astronomi la chiamano cometa Ronaldinho. C’è nei piedi, nella classe, nella freschezza di Pato. C’è nella lungimiranza di Maldini. C’è nel sempre più affidabile Abbiati. C’è nelle stampelle di Gattuso. C’è nelle geometrie di Pirlo. C’è nel poliedrico Seedorf. C’è anche in Flamini. O vogliamo credere che fosse il fratellastro quello che ci aveva stupito lo scorso anno cugino dell’ei fu Philippe Senderos? Basterebbe ricordarli entrambi nella doppia sfida di Champions che ci ha visto meritatamente capitolare. C’è in tutti i ragazzi anche quelli bistrattati ed incompresi che formano questo gruppo ai quali vogliamo chiedere di scaldare il motore perché è scoccata la fatidica ora. Scalare la classifica sarà una vera e stimolante missione impossibile, di quelle che piacciono ai ragazzi che indossano la casacca rossonera. Ci sono ancora 63 punti a disposizione, non sappiamo ne come ne dove ma dovranno incamerarne almeno 55 senza dover fare la corsa su chi li precede. Con 88 punti tireremo le somme per capire se saranno stati sufficienti a vincere il 18° tricolore, altrimenti applaudiremo ugualmente l’encomiabile impresa. Buone feste a tutti e un felice 2009 di prosperità da poter raccontare con gioia ai nostri nipotini. |di Giacomo Chillè - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 186 volte