Il desiderio '09 di Platini:"Consegnare la Champions alla Juve"
Bilancio di fine anno pure per il presidente Uefa, Michel Platini. Il cancro del calcio? "Le scommesse". Gli scandali maggiori? "I bilanci dopati e il mercato dei minori".Il più bel gol del 2008? "Quello di Del Piero al real nella gara d'andata". La squadra migliore? "Il Barcelona, ma anche il Manchester United". Quindi, i progetti per il 2009: "Task-force UEFA per valutare le ammissioni ai tornei internazionali dei club indebitati; tetto minimo per trasferimenti degli under 18;Champions Leaugue più competitiva; lotta al razzismo; 6 direttori di gara in campo".
Infine, l'auspicio: "Poter consegnare a Roma la Champions alla Juve, e a Istanbul la UEFA al S.Etienne. Le mie 2 squadre".
Leggi l'intera intervista realizzata dall'eccellente Roberto Beccantini su LA STAMPA.
Presidente Platini, un aggettivo, uno solo, per definire il 2008.
«Bellissimo».
Addirittura?
«Con la finale di Champions non ci eravamo mai spinti fino a Mosca, ed è stato un trionfo. Idem con l’Europeo in Austria e Svizzera. Non che in passato facessero gol i dirigenti, ma i giocatori hanno recuperato spazio, carisma».
In che senso, scusi?
«Sul piano tecnico, e come immagine. Primi, i giocatori; secondi, gli allenatori; terzi, i dirigenti. Non sempre è stato così».
Lei venne eletto il 26 gennaio 2007, a Düsseldorf: bilancio di questo biennio?
«Credo di aver rispettato la parola data. Avevo promesso di essere presente e attivo: detto, fatto. Prenda la nuova Champions: Inghilterra, Italia e Spagna avranno tre posti sicuri, invece di due, ma il quarto uscirà da preliminari decisamente più impegnativi. Al vertice, è giusto che ci arrivino i migliori, e pazienza se son sempre quelli. Ciò che mi premeva, era la base: l’abbiamo allargata ai sogni di tutti».
Una riformina, più che una riforma vera e propria. Non avete toccato la formula ma, semplicemente, i criteri d’accesso.
«Un passo alla volta: non sono mica un dittatore».
Qualche errore lo avrà pur commesso?
«Vengo dal campo, non dalla burocrazia. Ho seguito l’istinto, la passione. È probabile che, quando accusai Arsène Wenger di parlare solo di business, fui troppo duro».
La lotta al razzismo?
«Procede. Sa come la penso. In casi estremi, interrompere le partite e penalizzare i club».
La violenza?
«C’è stata, purtroppo, e sempre ci sarà. A maggior ragione, non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia».
Le scommesse?
«Sono un cancro, e per colpa della diffusione via Internet potranno avere conseguenze bestiali. Ho pregato i governi di darci una mano. Comperare un avversario, un arbitro, una partita, significa uccidere lo spirito del calcio».
Gli Europei 2012 si faranno in Polonia e Ucraina?
«Si faranno».
D’accordo, ma si faranno proprio lì?
«Si faranno... Battute a parte, polacchi e ucraini sanno cosa vogliamo. Un nuovo stadio a Varsavia, e uno a Kiev».
In caso contrario?
«Niente Europei».
Se non in Polonia e Ucraina, dove?
«Decideremmo sul momento».
Ottimista o pessimista?
«Ottimista».
Non sono troppe 24 finaliste per gli Europei del 2016? In fin dei conti, le nazioni affiliate all’Uefa sono «solo» 53.
«E perché? L’idea mi è sempre piaciuta».
Ma non aveva preso di mira, proprio lei, i calendari intasati?
«Appunto. Via le amichevoli insulse e largo alle cose serie, alla qualità della quantità. Domanda a bruciapelo: meglio una sfida di qualificazione così così o un’amichevole?».
Dipende: Italia-Brasile del 10 febbraio ha un gran fascino.
«Sì, ma è la classica eccezione. Mi dia retta. Abolire certe amichevoli e sopportare cristianamente certe eliminatorie: anche perché non passeranno più soltanto le prime due di ogni gruppo».
Brasile o Italia: Amauri la sta menando da mesi. Favorevole o contrario ai cacciatori di Nazionali?
«Capisco il dilemma, non il mercato. Mi spiego meglio: non siamo più nell’età della pietra dove gli Alfredo Di Stefano potevano servire tre padroni, Argentina, Colombia, Spagna. Oggi, bisogna sceglierne uno. Liberissimo, Amauri, di pensarci su e, magari, di esternare i suoi dubbi. Sono ben altre le cose che mi scandalizzano».
Quali, per esempio?
«Il doping dei bilanci e il mercato dei minori».
Due carichi da undici...
«Finora, come presidente mi sono divertito. Era facile, di più: facilissimo, non tradire la fiducia degli elettori. Il bello comincia adesso».
Il bello e il difficile...
«Proprio così. Il fair play finanziario è uno degli obiettivi. Basta con i budget gonfiati o, peggio, taroccati. Chi è oppresso dai debiti, deve dimostrare di poterli ripianare. Altrimenti, arrivederci e grazie. Non si tratta di ficcare il naso nelle varie Covisoc di Italia, Spagna, Inghilterra eccetera. Cosa che non mi permetterei mai. Quello a cui punto è una task force gestita dall’Uefa che vigili sulle domande di ammissione e le relative licenze».
A Biarritz, però, i politici si sono opposti.
«Al tempo: si sono opposti a interventi invasivi e lesivi delle rispettive autonomie ma, se permette, in ambito Uefa decidiamo noi, non loro».
E sui giovani, ci sono novità?
«Mi auguro che ce ne siano presto. Così non si può andare avanti. Sono per il blocco dei trasferimenti da Paese a Paese al di sotto dei 18 anni (tetto minimo). L’Unione Europea da questo orecchio non ci sente, peggio per lei. A furia di guardare sempre e soltanto la vetrina, stiamo perdendo di vista il traffico che infuria nei retrobottega. Siamo arrivati a una vera e propria sorta di schiavismo intercontinentale. In ballo, bambini dai nove ai dodici-tredici anni. Una vergogna».
Allargando il tiro: l’operazione Beckham?
«Lui mi piace, l’operazione no. Che senso ha un prestito di due-tre mesi? Boh».
Ancelotti sogna di schierare, tutti insieme, Beckham, Pirlo, Seedorf, Kakà, Pato e Ronaldinho. Pura follia o che cosa?
«E lo chiede proprio al sottoscritto? È un disegno che sembra folle, ma folle non è. Dipende dallo spirito di sacrificio dei Kakà, dei Ronaldinho e compagnia cantante. Tutti, a turno, dovranno inventarsi Gattuso. Nel calcio l’impossibile non esiste. E poi, come insegnava Liedholm, più una squadra tiene palla meno rischi corre».
Il più bel gol del 2008 che ha visto dal vivo?
«Tanti. Ero a Torino quando Del Piero fulminò Iker Casillas dal limite. Mi alzai in piedi: e non solo per la mia juventinità».
La squadra più divertente?
«Tutti indicano il Barcellona, ed è vero. Occhio, però, a non trascurare il Manchester United. A Yokohama mi ha entusiasmato. D’accordo, di fronte aveva degli ecuadoriani e non dei mostri, ma ha dominato anche in dieci, dopo il rosso a Vidic».
Italia-Inghilterra in Champions: pronostico?
«Noto un soffuso equilibrio, Chelsea e Juventus si somigliano, Arsenal-Roma senza Fabregas e Totti perde molto, Mourinho voleva proprio lo United, che... sedere».
Gli inglesi, la stagione scorsa, ci massacrarono.
«Vero. Però il vostro campionato è cresciuto. Piano piano, sta tornando ai livelli di quando c’ero io... Mi ha impressionato il Napoli e, più in generale, la penuria di squadre materasso».
Tornerà a esserci spazio per un miracolo tipo Verona 1985?
«Da voi non credo proprio. E nemmeno in Spagna o in Premier. Sono campionati economicamente troppo sbilanciati. Forse in Germania, dove sono più rigorosi».
Ibrahimovic?
«Mi sarebbe piaciuto giocargli a fianco. Mi sa che non mi sarei proprio annoiato. E, tiro a indovinare, neppure lui».
Il problema arbitrale?
«Per risolverlo, ce ne vogliono due in più. I giudici di porta, quelli che abbiamo provato, con successo, in Slovenia, Ungheria e Cipro».
Blatter non ha gradito.
«Uffa».
Roma e la finale di Champions: le ultime?
«Ma quali ultime. Roma avrà la sua finale, la città è splendida, lo stadio ok. Mi aspetto solo più cura nel presidio delle zone adiacenti. Di solito, i tafferugli scoppiano proprio lì».
Senza barriere?
«Senza barriere: una promessa, non un sogno».
La recessione rischia di spolpare il calcio.
«Il calcio possiamo ucciderlo solo noi, diretti interessati. Il momento è grave, lo so, ma non sarà un (eventuale) taglio agli stipendi a rompere il giocattolo».
Resta valido il desiderio di consegnare la Champions alla Juventus?
«Come no. La Champions alla Juve e l’Uefa al Saint-Etienne. Le mie squadre. Manca il Nancy, ma non si può avere tutto. Fra settembre e dicembre sono diventato nonno di due splendidi nipotini, Eva e Tom. Un anno bellissimo, il 2008: sul serio».|Redazione NSB - Fonte: www.nerosubiancoweb.com| - articolo letto 212 volte