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2009-01-07

Camoranesi sa cosa vuole: "La finale di Champions"


Insignito del Guerin d’Oro 2008 (quarto juventino dopo Platini, Sousa e Nedved) Mauro è finalmente pronto, dopo tanti infortuni, a dare il proprio contributo in questa stagione, in cui la Juve ha un obbiettivo prioritario: la Champions League. “ E in campionato – aggiunge – possiamo ancora dire la nostra”. Lui ha molta fiducia, e nell’intervista rilasciata al Guerino non lo nasconde.
Leggi l’intervista integrale.
La sensazione che ti lascia un pomeriggio al fianco di Mauro German Camoranesi è quella di avere a che fare con uno “vero”. Uno che non ama dire bugie, uno che al calcio moderno tutto veline e lustrini preferisce quello di una volta fatto di dribbling e colpi di tacco. Uno che ha avuto in carriera allenatori di nome come Trapattoni, Lippi e Capello eppure preferisce citarti Attilio Perotti.
Uno che ha vinto tutto o quasi, ma che insegue ancora il sogno di bambino: giocare un giorno nella Serie A argentina con la maglia del River Plate, la sua squadra del cuore. La consegna del Guerin d’Oro, che lo consacra come miglior calciatore della scorsa stagione in base alle medie voto del Guerino e dei tre quotidiani sportivi italiani, lo inorgoglisce, “perché il Guerino è una rivista importante in Italia e mi riporta a quand’ero ragazzo e appena potevo andavo in edicola a comprare El Grafico, il Guerino d’Argentina. È sempre bello vincere un premio, se poi nell’albo d’oro ci sono i nomi di Diego Maradona e Michel Platini, bhè, il valore aumenta”.
Già che ci siamo partiamo dai due mostri e da quella mezza gaffe televisiva che Camoranesi, ospite di Controcampo, fece qualche mese fa. Quando rispose che “Platini può al massimo portare la borsa a Diego…”. Sconcerto in studio e nelle case dei tifosi perbenisti. A distanza di qualche tempo arriva la smentita? Macché. “Confermo tutto. Confermo e spiego. Non si può paragonare Diego a Platini, è una comparazione che non esiste. Certo, Platini è stato un grande campione, immagino che in Italia, ai tempi delle sfide Juve-Napoli di allora, si sia alimentato il dualismo, è un gioco giornalistico. Ma il dibattito mondiale è stato e sempre sarà: meglio Pelè o Maradona? Io ho le idee chiarissime al riguardo, qualcuno la può pensare diversamente e lo rispetto. Ma da quei due nomi non si scappa”.

Il 2008 appena trascorso Camoranesi lo ha vissuto in chiaroscuro: grandi prestazioni nella prima parte dell’anno, tanti infortuni da settembre in avanti.

“Spero di cominciare meglio il 2009; tra stiramenti, ricadute e i guai alla spalla, in questo campionato ho proprio giocato pochino. Ma chi lo ha fatto al mio posto ha dato il massimo e la Juve, con orgoglio, è tornata protagonista in Europa e può ancora dire la sua nella lotta al vertice in campionato”.

Insomma, più Champions che scudetto?

“La finale di Roma è il grande obiettivo della stagione. Credo che nessuno avrebbe pronosticato che finissimo in testa nel girone facendo 6 punti su 6 contro il Real Madrid. Tornavamo in Europa dopo due anni tristi e difficili, ci tornavamo perché terzi in un campionato che ha visto il Milan, campione del mondo, classificarsi quinto. Bisogna dare valore alle cose”.

Negli Ottavi il Chelsea. Poteva andare meglio.

“Sì, ma è inutile piangersi addosso. Il Chelsea è uno squadrone con giocatori di grande personalità e tanta rabbia dentro: da anni è tra le favorite per vincere la Champions e non ci riesce mai”

Inter a meno 6, più 3 sul Milan: che campionato è stato finora?

“Le milanesi erano alla vigilia le favorite. La differenza, con entrambe, l’hanno fatta gli scontri diretti. Nel bene e nel male. Per questo la lotta scudetto è ancora aperta”.

La differenza la fa soltanto Ibrahimovic, l’unico campione in nerazzurro come avevi detto alla vigilia di Inter-Juve?

“Diciamo che per il suo tipo di gioco l’Inter dipende moltissimo da Ibra.

A proposito: ti piace l’allenatore dell’Inter?

“Sì, è giovane, capace e ha grande credito internazionale”

L’Inter però, oggi come ieri, è grande in Italia ma piccola in Europa: perché?

“La competizione europea è diversa, incontri squadre con caratteristiche differenti da quelle con cui ti misuri in campionato. L’Inter ha una grande rosa e buoni giocatori ma, per il modo di giocare e la mentalità, in Champions ha sempre avuto problemi. In parte succedeva anche a noi negli anni scorsi. In questo senso l’esempio da seguire viene dal Milan”.

Torniamo alla Juve: il 2009 sarà l’anno della rinascita dei Grandi Vecchi?

“Bhè, innanzitutto diciamo che la squadra ha dimostrato di avere, oltre che carattere, sostituti all’altezza e giovani che stanno crescendo benissimo. Io, Trezeguet e Buffon siamo pronti a tornare e a dare il nostro contributo in una stagione che ci ha visti più spesso fuori che in campo”

Del Piero 20 gol, Amaurì 19: il 2008 li ha incoronati re e principe del gol. Stupito?

“No. Alessandro ormai non sorprende più, questi sono i suoi standard da tempo. Semmai l’impatto di Amaurì è stato una gradita sorpresa si è inserito bene, si è comportato con umiltà e ha trovato subito i risultati. Me ne aveva parlato benissimo Balzaretti, del giocatore e della persona”.

Lippi e Capello alla Juve. Trapattoni e Lippi in Nazionale: hai avuto, tra gli altri, i tecnici più vincenti d’Italia. A chi devi di più?

“Al mio primo allenatore italiano, Attilio Perotti. È stato un personaggio fondamentale per la mia carriera, con me ha usato rispetto e pazienza e gran parte del mio rendimento a Verona lo devo a lui. Una grande persona, al di là del tecnico comunque molto valido”.

Due anni e mezzo fa stavi per diventare campione del mondo. Che ricordi hai di quella fantastica esperienza?

“Materialmente, ho le due magliette della finale incorniciate e dedicate a Leandro e Augustin, i miei figli. L’immagine che ricordo di più è invece l’ingresso in campo, con la coppa sul tavolo e al mio fianco, tra gli avversari, tre amici come Trezeguet, Thuram e Vieira. E a fine partita, nella gioia della vittoria, sono andato a consolare sul campo i miei compagni sconfitti. C’è una grande distanza tra la felicità e lo sconforto, tra il vincitore e il vinto. Ho voluto testimoniare la mia presenza perché sapevo, per esserci passato, che quelli sono momenti bruttissimi”.

Alla vigilia qualcuno d’importante ti aveva dato la carica…

“La notte prima della partita con la Francia è stata agitatissima. Non dormiva nessuno, tutti in piedi fino alle 3 a camminare per i corridoi dell’hotel. A un certo punto entro nella stanza di Ferrara che mi dice: “Sono al telefono con il Diego” e io gli rispondo: “Salutamelo, digli che voglio parlargli”e me ne vado pensando a uno dei soliti scherzi di Ciro. Dieci minuti dopo lo vedo col telefonino in mano e me lo passa. “Stai tranquillo che domani diventi campione del mondo, dormi sereno…” Era Maradona, non lo potevo credere. Io Diego non lo conoscevo, non gli avevo neanche mai parlato. È stata una delle emozioni più grandi che abbia provato”.

Come hai passato le feste di Natale in Argentina?

“A visitare amici e parenti, nella mia Tandil. Che è il mio “lugar en el mundo”, l’ombelico del mondo come canta Jovanotti. Lì ci sono i ricordi, i luoghi dell’infanzia, anche se ci torno solo una volta all’anno provo sensazioni uniche. È una cittadina di 100mila abitanti, quasi tutti operai e contadini, gente vera, abituata a lottare e a soffrire. E che va orgogliosa delle sue glorie sportive perché ha espresso tanti campioni di varie discipline: nel tennis Perez Roldan, Zabaleta e adesso Del Potro; nel calcio, oltre a un tal Camoranesi, Mariano Gonzalez, Mariano Pernia, che gioca nella nazionale spagnola, suo papà Vicente, idolo del Boca anni Settanta, il Tata Romeo, che aveva vinto un mondiale under 20 ed è stato tanti anni in Germania”.

Camoranesi e la politica.

“Le radici della mia famiglia stanno a sinistra, papà Juan Carlos e mamma Maria Cristina si sono sempre fatti un mazzo così. Da cittadino italiano ho cercato di informarmi ma vedo anche qui, come in Argentina, una grande confusione: gente che cambia squadra facilmente, da sinistra a destra e viceversa. Alla fine mi viene da pensare che nessuno dei due schieramenti faccia fino in fondo gli interessi della gente”.

Camoranesi e la religione.

“Ho avuto un’educazione cattolica, i miei figli vanno a scuola in un istituto religioso: il più grande, Augustin, ha fatto la Comunione. Ma io sto vivendo un rapporto un po’ conflittuale con la religione, in questo momento non mi sento vicino alla Chiesa, ci sono tante cose che non mi spiego e che non mi convincono”.

Camoranesi e l’amicizia.

“Gli amici veri sono tutti a Tandil. Gustavo Ghezzi detto Cacheta, omonimo e cugino primo del procuratore dell’interista Julio Cruz. E poi Mauricio, Omar, Rafael. Il calcio me ne ha regalato pochi ma buoni. Su tutti, Andres Yllana, l’ex centrocampista del Brescia che ora è tornato in Argentina. Ci siamo conosciuti da grandi qui in Italia, quando io giocavo a Verona, ed è subito scattato il feeling”.

Piumino, berretto di lana, Guerin d’oro sotto il braccio: l’intervista è appena finita. Mauro esce dal salone dei trofei della sede juventina di corso Galileo Ferraris. Si imbatte nella fotografia della Juve 2005-06. “Guarda che fenomeni: Mutu, Vieira, Cannavaro, Ibra. Come qualità, la miglior squadra d’Europa. Peccato che sia stata smantellata”.
|Redazione NSB - Fonte: www.nerosubianco.com| - articolo letto 283 volte


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