Il pareggio di Roma è servito a evidenziare convinzioni pressoché assodate. La prima è che solo Mastro Ancelotti poteva presentare all’Olimpico, per altro contro una signora Roma, una squadra priva di interditori a centrocampo, con un regista classico a smistare gioco e cinque attaccanti. La seconda è che il Milan gioca senza difesa. Agli infortuni di Nesta, Bonera e Senderos, si è aggiunto, sembra, anche quello di Kaladze. Galliani continua a ripetere che l’orientamento della società è quello di non acquistare difensori a gennaio. Il dato di fatto, assolutamente preoccupante, è che la squadra continua a prendere reti in quantità industriale e con troppa facilità. Con o senza Kaladze. Difficile, se non impossibile, vincere lo scudetto in queste condizioni. La terza è che Pato è davvero un grande fuoriclasse da proteggere, assieme a Kakà, con le unghia e con i denti. Fantastica la galoppata con la quale ha concluso in rete dopo essersi bevuto Mexes. Ma è un Milan che non tesaurizza a dovere ciò che crea a causa delle troppo amnesie difensive. Nesta sembra recuperato, ma occorrerà del tempo prima di rivederlo in campo. Il suo stato di salute è ancora tutto da decifrare. Bonera dovrebbe essere, tra tutti, quello più prossimo al rientro, mentre Senderos è sempre più un oggetto misterioso: possibile che un Marcantonio del genere non sia altro che un gigante dai piedi d’argilla?
Nella squadra ammirata all’Olimpico abbiamo scorto larghi strati del credo calcistico di Mastro Ancelotti. Squadra tatticamente accorta, ben organizzata a centrocampo, parecchio dedita al palleggio e alla cura delle giuste distanze tra i reparti. Fautrice, però, di una manovra non sempre fluida e produttiva. Ci chiediamo come possa questa squadra esprimere compiutamente se stessa spingendo su una fascia soltanto (quella di Jankuloski) e mancando di un ariete abile nel gioco aereo nel cuore della difesa avversaria. Zambrotta non spinge e non crossa ancora come dovrebbe e Jankuloski, talvolta, predica nel deserto. Quando neppure lui è in forma sulle fasce proprio non esistiamo. Borriello non c’è e i pochi cross sono quasi sempre appannaggio dei difensori avversari. I giornali sono pieni di Beckham. L’inglese, seppur trotterellando, ha fatto vedere di avere classe, attributi e di saper giocare la palla. Sfidiamo chiunque a presentarsi in squadra all’improvviso, a giocare con compagni mai visti prima, in un ruolo e in un meccanismo di gioco sconosciuti, e a fare quello che ha fatto David domenica sera. Abbiamo il miglior crossatore del mondo e lo facciamo crossare nel deserto. Pato sta studiando da centravanti con ottimi risultati. Per caratteristiche proprie però, pur essendo un grande campione, non potrà mai assurgere al ruolo di ariete da lanciare nel cuore dell’area avversaria. Il progetto di gioco di Ancelotti prevede tutto quanto detto prima con una particolarità: la migliore forma fisica di ogni calciatore per pressare gli avversari sin dalla loro area di rigore e governare la partita attraverso il palleggio in mezzo al campo e il dominio delle fasce. Oggi tutto questo non è praticabile. L’assenza di Borriello è pesante. Nello schema tattico “ancelottiano” dovrebbe essere proprio lui il terminale del gioco offensivo, con Pato in appoggio sostenuto, ai lati, da Kakà e Ronaldinho.
Non solo: la contemporanea presenza di tanti trequastisti e/o mezze punte nella stessa zona nevralgica del rettangolo di gioco, rischia di penalizzare o sacrificare oltre misura chi, come Seedorf e Ronaldinho, ama prendere palla, trascinarla in prossimità dell’area di rigore avversaria e servirla al compagno più vicino per il tramite di fraseggi, tocchetti di fino o percussioni spesso devastanti. L’eccessiva disciplina tattica richiesta può, talvolta, andare a scapito dell’estro e della fantasia, soprattutto quando viene a mancare la coesione tra i reparti unitamente alla migliore condizione fisica. Ancelotti può comunque tirare un respiro di sollievo:ha dimostrato a tutti che i suoi fuoriclasse, non soltanto non si pestano i piedi, ma possono coesistere tranquillamente in un assetto di gioco che sia consolidato e digerito. La squadra appare troppo vulnerabile dietro e troppo spregiudicata in avanti. Il lavoro di raccordo di Pirlo, mancando sia Ambrosini che Gattuso, è diligente ma non sempre bastevole. Gli equivoci tattici ci sono. Spetta all’allenatore farsene carico e risolverli prima che il campionato finisca. Il Milan è una Ferrari che procede come una Cinquecento. Inammissibile. Una sterzata, forte e decisa, ormai occorre. A cominciare da una precisa presa di posizione della società che riguardi il reparto arretrato. Parafrasando Trapattoni il “prima non prenderle” deve diventare un obbligo. Più “prima” che “dopo”. Anche perché non abbiamo né la fortuna dell’Inter né la freschezza della Juve. |di Claudio D'Aleo - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 163 volte