Dopo tanti anni la squadra necessita forse di altre motivazioni, di nuovi stimoli. Anche contro il Cagliari è andato in scena il solito Milan. Una squadra brillante, che esprime un buon calcio ma con alcuni limiti evidenti. I soliti. Noi riteniamo che 11 punti di distacco dall’Inter siano troppi. Non solo per il derby, che il Milan ha comunque ben giocato, ma anche perché rimane la curiosità di sapere dove sarebbe, adesso, questa squadra se avesse potuto disporre sin dall’inizio di Nesta e Borriello oltre che di un Gattuso in piena efficienza. Contro i sardi il Milan non ha sfigurato. Tutt’altro. Ricordiamoci che il Cagliari è quella squadra (eccellente) che ha bastonato la Juve a Torino e inferto all’Inter, a Milano, una solenne lezione di calcio. Il Milan, seppur “spuntato”, con il solo Inzaghi in attacco e nessuna alternativa di ruolo in panchina, ha fatto la sua onesta partita portando a casa una vittoria importante. Consentiteci una presa di posizione netta e precisa: Clarence Seedorf non andava fischiato. Assolutamente. Quei fischi alla nostra “Pantera” ci hanno addolorato e ci sono sembrati davvero fuori luogo. Seedorf è un tassello fondamentale di questo Milan. E’ uno con gli attributi, uno tosto, uno che non si arrende mai. Giocatore di gran classe, dalla tempra e dai polmoni d’acciaio. Uno che in campo si vede e si sente. Un leader. Contro il Cagliari ha segnato nonostante un risentimento muscolare che lo ha tormentato per larghi tratti della partita. Ingeneroso ripagarlo così. Ha sbagliato alcuni passaggi, d’accordo, ma ha ben giocato e ci ha regalato la vittoria rispondendo da par suo a tutti quei fischi. Detto questo, è la questione Ancelotti quella che adesso tiene banco. Mastro Ancelotti è padre di questo Milan. Ne conosce pregi e difetti, ne ha alimentato e ne alimenta ogni alchimia tecnica e tattica. La squadra ne rispecchia il carattere. Nel bene e nel male. Dal 2001 ad adesso il Milan, con Ancelotti in panchina, ha vinto parecchio e si è imposto ovunque giocando sempre un buon calcio. Ora, forse, servirebbe cambiare. Non perché l’allenatore meriti di essere esonerato, e neppure perché la squadra giochi male. No. Il motivo principale di questo ipotetico avvicendamento sarebbe di ordine strettamente psicologico. Dopo tanti anni la squadra necessita forse di altre motivazioni, di stimoli nuovi, di un nuovo interlocutore in panchina, di meccanismi di gioco diversi. Di altre idee. Ad un allenatore che ha vinto così tanto in Italia e nel Mondo rilievi se ne possono fare davvero pochi. A noi bruciano soprattutto questi tre anni vissuti alle spalle dell’Inter sempre con distacchi notevoli. Non ci piacciono i cali di tensione che questa squadra, per altro grande con le grandi, manifesta quando c’è da fare legna, quando occorrerebbe, cioè, contro le “piccole”, correre, pedalare e pensare soltanto a vincere e a fare punti. Non condividiamo l’eccessivo”buonismo” con cui l’allenatore avalla e accetta, da sempre, qualunque scelta della Società. Troviamo discutibile il modo con cui impiega i giovani verso i quali, quasi mai, ripone la giusta dose di considerazione. Non è un caso se Gourcuff e Paloschi, tanto per fare qualche esempio, si stiano imponendo altrove. Il fuoriclasse, Mastro Ancelotti lo sa gestire; ma un conto è gestirlo, un conto è crearlo, lanciarlo, plasmarlo giorno dopo giorno. Accordargli fiducia. Un po’ come ha fatto Nils Liedholm con Maldini o come sta facendo adesso Mourinho con Santon. Certo, Kakà e Pato li fa giocare. Ma quale allenatore non li farebbe giocare? Ancelotti punta sempre sullo stesso zoccolo duro. Fino all’usura dello stesso. E’ innegabile che Carlo sappia leggere, organizzare e interpretare le partite come pochi, che sia uno stratega e un motivatore di uomini eccezionale. Ma dopo otto anni non ci meraviglieremmo se anche lui sentisse l’esigenza di misurarsi altrove.
Comunque vada a finire, sarebbe un arrivederci. Ancelotti è e rimarrà legato a doppio filo al Milan e alla storia rossonera. Galliani è stato chiaro: Ancelotti sarà confermato solo se vincerà la Coppa Uefa e si piazzerà al 2° o al 3 ° posto in Campionato. Solo se verranno raggiunti gli obiettivi “minimi”. In caso contrario le strade si separeranno. Inevitabilmente. Facile ipotizzare il sostituto: a parte Leonardo (candidato a diventare il nuovo Capello), i nomi più gettonati sono quelli di Donadoni e di Rjikaard, esponenti prestigiosi di quella consolidata linea di pensiero che vuole il Milan allenato soltanto dai milanisti. Il nuovo allenatore, se mai subentrerà, troverà una squadra e un telaio ben consolidati. Un motore da oleare ma già rodato, brillante. Con un altro difensore da aggiungere a Thiago Silva, un portiere da piazzare alle spalle di Abbiati, un incontrista a centrocampo capace di far rifiatare Ambrosini e Gattuso, un attaccante in grado di alternarsi sia con Pato che con Borriello, la squadra cambierebbe volto e potrebbe riaprire un ciclo. Il Milan presto tornerà grande. Su questo non nutriamo alcun dubbio. Con o senza Ancelotti. |di Claudio D'Aleo - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 172 volte