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2009-03-30

Lazio, bisogna ritornare all'amore per la maglia!


Il rammarico più grande per una squadra di Serie A è senza dubbio avere in rosa ottimi giocatori che però, nell’insieme, vuoi per un ambiente non certo facile, vuoi per l’assenza di una leadership vera in panchina, impattano contro crisi di risultati (e talvolta di gioco) pressoché inspiegabili. Il riferimento alla Lazio di patron Claudio Lotito è fin troppo chiaro.
La squadra è piena di esperti nazionali in tutti i reparti (Kolarov, Rozenhal, Lichtsteiner, Radu, Pandev e adesso anche Foggia) ma, soprattutto in questa stagione, è emersa da alcune deludenti prestazioni dei biancocelesti l’assenza di un elemento indispensabile nel gioco del pallone: l’attaccamento alla maglia. Premesso che al giorno d’oggi trovare calciatori realmente coinvolti nella causa della propria compagine è difficile, se non impossibile, la squadra che negli ultimi mesi ha alternato prove da big (Juventus, Napoli) a capitomboli spaventosi (vedi Chievo) è più simile ad una brigata di sconosciuti avventori domenicali che ad una formazione compatta e unita verso l’unico obiettivo di questo sport: la vittoria.
D’altronde la società, che pure aveva operato bene sul mercato estivo, ha del tutto dimenticato questo aspetto allontanando anzi quei giocatori (leggi Zauri, Mutarelli e da ultimo Firmani) che, seppur limitati tecnicamente, erano diventati i più rappresentativi, e di conseguenza i più amati dalla tifoseria.
Quando l’anno scorso dopo il derby d’andata, vinto dalla Roma, Francesco Totti si lasciò andare ad una delle sue infelici uscite, come al solito smaltate e rifinite dalla stampa romana, dichiarando che “lo scudetto si vince battendo le piccole”, fu Luciano Zauri, capitano e dunque simbolo dei biancocelesti, a rispondergli a tono, mettendoci la faccia e sfidando le regole di un sistema che, nella capitale, pare costruito apposta per danneggiare la Lazio ed i suoi tifosi. Allora tutti i biancocelesti provarono rispetto profondo per quel piccolo terzino abruzzese, poco stellare in mezzo al campo, ma attaccato ai colori della squadra più antica della capitale, tanto da rimanere anche negli anni più difficili, quando la società era sull’orlo del fallimento.
Il trattamento riservato a Zauri dalla società, che lo ha letteralmente regalato alla Fiorentina, dove non sempre è titolare, ha privato lo spogliatoio e la tifoseria non certo di una bandiera (quelle non esisteranno più già fra qualche anno) ma comunque di un giocatore al quale tifosi e ambiente si erano affezionati, proprio per l’impegno profuso e l’attaccamento ai colori della Lazio dimostrato in campo e fuori.
Discorso che valche anche per la vicenda di Fabio Firmani. Avete capito bene, proprio quel Firmani che, con lo stadio in subbuglio davanti ad una Lazio capace di prenderne quattro dal Cagliari e davanti ai suoi attaccanti, capaci di sbagliare ben due (2!) rigori di fila, si alzava dalla panchina vociando e protestando contro il direttore di gara a pochi minuti dal termine. “Noi vogliamo 11 Firmani” gridava la Nord, ignara che pochi giorni dopo Fabio sarebbe stato spedito a svernare a Dubai, in prestito gratuito. Con la Lazio zero partite dall’inizio, zero considerazione da parte del tecnico, zero riconoscenza da parte della società. E pensare che al suo posto Rossi ha preferito in più occasioni Manfredini…..
Insomma, Lotito non ha ancora ben capito che il calcio è fatto di valori più profondi e che la caratura di un calciatore non si misura dal livello del suo ingaggio. Se vuole dare un senso alla prossima campagna acquisti, oltre a duellare con i procuratori per il rialzo degli stipendi (è incredibile che uno come Pandev percepisca ancora la miseria di 400.000 euro all’anno) e a tagliare i tempi dei riscatti, dovrà: 1. cambiare il tecnico, 2. mettere alla porta chi dalla Lazio vuole senza dare nulla, 3. puntare fortemente sui giovani della Primavera che, per chi non lo sapesse, è in testa al campionato nazionale.
Stento a credere che la società abbia permesso a promesse emergenti come Malomo o D’Alessandro di accasarsi con la Roma dopo essere cresciuti nelle giovanili biancocelesti. I talenti che lo staff della Lazio ha coltivato in casa (Tuia, Diakité, Mendicino) meritano una possibilità ma soprattutto meritano attenzione. Buttarli nella mischia non significa peccare di imprudenza ma piuttosto scommettere sul futuro e porre le basi della Lazio che verrà. Adesso non ci resta che augurarci che Lotito legga questo editoriale….
|di Jacopo Romiti - Fonte: www.golmania.it| - articolo letto 137 volte


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