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2009-04-10

Zerocinquantuno intervista Cristiano Pavone


Cristiano Pavone nasce a Milano nel giugno del 1972, difensore. Arriva al Bologna via Atalanta nella stagione 1996 e vi resta fino al 98. In quel momento è uno dei giovani più promettenti e il DS di allora, Lele Oriali, se ne rende subito conto. Ventuno presenze per lui, contribuisce nel raggiungimento di un settimo e ottavo posto in serie A con Ulivieri allenatore.
Tutto ha inizio dalle giovanili dell’Inter, dove però non c’è l’occasione per l’esordio. Ironia della sorte, quando il 15 ottobre del 1995 scocca l’ora della prima partita in serie A, Pavone ha addosso la maglia dell’Atalanta e come avversario c’è proprio l’Inter.

Come ha vissuto quel giorno?

“Sicuramente è stato molto emozionante. Già esordire in serie A è importante, poi avere davanti una grande squadra come l’Inter lo è ancora di più. Per un milanista come me, l’emozione è stata tripla”.

L’arrivo a Bologna è datato 1996/97, accompagnato dall’etichetta di giovane emergente. Promessa mantenuta o è convinto che qualcosa di più poteva essere fatto?

“Un po’ per colpa mia, un po’ per la sfortuna, visti gli infortuni che ho subito, direi che potevo fare di più per le mie qualità e le mie possibilità. Però posso essere contento, nella mia carriera di calciatore ho avuto la fortuna di giocare con grandi campioni: Baggio a Bologna, Vieri, Montero e Morfeo a Bergamo".

L’esperienza rossoblu: Lo sbarco sotto le due torri è coinciso con la presenza di Uliveri in panchina. Come è stato il vostro rapporto?

“Inizialmente, il primo anno, è stato un po’ così, c’è stato qualche scontro. Poi al secondo anno direi che si è fatto ottimo, ora quando ci si incontra ci si saluta cordialmente. E’ un allenatore che stimo, professionalmente e anche come persona”.

E quello che gruppo era?

“Fantastico, formato da ragazzi d’oro, bravissimi. Purtroppo, come capita in certi casi, abbiamo preso poi strade diverse, ma quando mi capita di incontrare Fontolan, Mangone o Tarantino ci si rivede sempre con piacere”.

Il Bologna di ieri e quello di oggi:

“Di quel ‘mio’ Bologna oggi è rimasto Antonioli. E’ lui il vero hilander!. Spero davvero che il Bologna si salvi. Oggi lo seguo da ex giocatore, Bologna ha una grande società e gente eccezionale. Poi come team manager c’è Tarantino, un caro amico: anche per lui spero che alla fine vada tutto bene. Questa società e questa piazza meritano la serie A. Sperando poi che in futuro si possa lottare per traguardi più grandi”.

Un’utopia pensare che in futuro non troppo lontano per il Bologna si possa riaprire la finestra che dà sull’Europa?

“E perché dovrebbe essere un’utopia? Basta pensare a quello che hanno fatto squadre come Genoa e Udinese. Se in Europa ci sono squadre come queste, in futuro potrebbe esserci anche il Bologna. Certo, è importante crederci ed è importante investire per raggiungere questi livelli. Ci vogliono progetti e programmi, a certi traguardi non ci si arriva nell’arco di un anno. Ma programmando e costruendo la squadra giusta, il Bologna ci può arrivare”.

Intanto il presente è, anche, Mihajlovic: scelta vincente?

“E’ al suo esordio come allenatore della prima squadra. Comunque gli addetti ai lavori ne parlano molto bene, penso che possa farcela.

Centenario…e dintorni: Questo è l’anno del primo secolo di vita rossoblu. Sarà presente agli eventi che verranno organizzati?

“Se mi inviteranno, più che volentieri”.

Con un augurio, per questa ricorrenza del Bologna, forse un po’ obbligato ma comunque sincero:

“Purtroppo l’augurio non può che essere quello che il Bologna si salvi. Speriamo davvero che il centenario si possa festeggiare con questo traguardo raggiunto, per poi tornare a lottare, dalla prossima stagione, per traguardi più importanti”.
|di Cinzia Saccomanni - Fonte: www.zerocinquantuno.it| - articolo letto 414 volte


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