Può apparire quasi fuori luogo un’analisi degli elementi positivi che pure si sono visti nella partita contro la Sampdoria. E ciò, perché non si può nascondere che i risultati della trentunesima giornata hanno terribilmente complicato la strada della salvezza per il Lecce, strada che, se già era in salita, ora è diventata una salita accidentata. Per sperare di salvarsi, il Lecce dovrebbe vincere quattro delle sette partite che restano, oppure vincerne tre e pareggiarne altre tre, perdendone soltanto una. In questo modo arriverebbe a 37 punti, quella che è stata la quota salvezza dello scorso anno, sempre che tale quota non dovesse alzarsi strada facendo. E, considerato che, dall’inizio del campionato, i giallorossi hanno vinto appena quattro partite, vincerne altrettante in quest’ultimo scorcio, appare veramente una impresa.
Comunque, è giusto non mollare, perché i tre punti a vittoria possono cambiare repentinamente la fisionomia della classifica e perché, a parte la sporadica vittoria del Torino, anche le dirette concorrenti hanno un andamento da retrocessione. Insomma, alla fine, a salvarsi sarà chi farà meno peggio delle altre.
E, nonostante l’andamento della gara possa fare pensare ad una vittoria a mani basse della Sampdoria, qualche progresso sul piano del gioco il Lecce lo ha fatto. Intanto ha conquistato, sia pure di poco, il possesso di palla (51,1% contro il 48,9% dei blucerchiati). Un dato che quest’anno non si era quasi mai verificato e sul quale De Canio stava lavorando nelle ultime settimane. Poi, stando sempre ai numeri, il Lecce ha fatto più gioco della Sampdoria. A suo vantaggio il numero dei cross (36 contro 13), segno che il 4-4-2 ha avuto i suoi effetti con un maggiore gioco sulle corsie laterali.
Anche la manovra dei giallorossi è stata maggiore rispetto a quella della formazione di Mazzarri: 358 passaggi contro i 343 della Sampdoria con una percentuale di errore del 24,6% (quella della Sampdoria è stata del 21,3%). Sostanziale equilibrio nel computo dei contrasti vinti (14 per il Lecce, 16 per la Sampdoria).
Ma il dato più eclatante è quello dei tiri scagliati verso la porta avversaria che smentiscono una valutazione della gara che vorrebbe il Lecce in balìa degli avversari. Solo nel primo tempo c’è una lieve supremazia della Sampdoria (cinque tiri di cui quattro nello specchio, compresi i due gol) contro solo due (entrambi nello specchio del Lecce). Nel secondo tempo la situazione è completamente ribaltata. La squadra genovese tira solo quattro volte (due nello specchio compreso il rigore del 3-1 calciato da Cassano), mentre il Lecce tira ben dodici volte, delle quali sette nello specchio. La palma delle conclusioni spetta a Caserta (cinque tiri di cui tre nello specchio compreso il rigore realizzato); seguono Castillo (tre tiri di cui uno nello specchio), Papadopoulos (due, di cui uno nello specchio), uno ciascuno per Vives, Schiavi e Tiribocchi, tutti nello specchio della porta.
Insomma, non è un Lecce morto, ma la situazione è ugualmente critica perché è una squadra che cade spesso nell’ingenuità e nell’avventatezza finendo con il lasciare i punti all’avversario. Una strada molto pericolosa.
Infine alcuni dati individuali sul buon esito dei passaggi: il più preciso è stato Angelo con il 96,3% di passaggi riusciti, il più pasticcione Schiavi con il 52,7%. |di Massimo Barbano per GDM - Fonte: www.leccegiallorossa.net| - articolo letto 157 volte