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2009-04-15

Il solito Milan


Brutto e vincente. Se si eccettuano le prestazioni di Dida e Favalli, maiuscole, e di Ambrosini, pochi si sono realmente salvati dal grigiore generale.
Il risultato e basta. Ecco cosa c’è da salvare dopo Chievo-Milan. Fateci andare controcorrente. Consentiteci di dire ciò che pensiamo. Gol di Seedorf a parte non riusciamo proprio a ricordare nulla di roboante. Nulla di particolarmente significativo. Nulla che non si sia già visto. La squadra ha giocato come sa fare. Pasticciando un po’ nel primo tempo e pressando maggiormente gli avversari nella seconda parte della gara. Come da prassi. Come ci si aspettava. E’questo, oggi, il Milan “ancelottiano”. Brutto e vincente. Se si eccettuano le prestazioni di Dida e Favalli, maiuscole, e di Ambrosini, pochi si sono realmente salvati dal grigiore generale. Non solo: alzi la mano chi, questa estate, avrebbe immaginato così tanta panchina per Ronaldinho. Per non parlare di Beckham. Vederli tutti e due ai margini della squadra è roba da stringere il cuore.
Signori: abbiamo preso il grande Ronaldinho togliendolo a mezzo mondo per tenerlo in panchina. Riflettiamoci un istante. Non è argomento da poco. Un fuoriclasse assoluto che da gennaio in poi non ha fatto altro che alternare panchine a lunghe “passeggiate” in campo. Anche contro il Chievo è parso svogliato, demotivato, stanco psicologicamente. Ronnie non corre. Non contrasta. Non dribbla. Pare non abbia voglia. Tocca la palla come pochissimi al mondo. Come pochissimi al mondo sa inventare calcio anche da fermo. I piedi sono e rimangono magici. Ma dove sono andate e finire le sue memorabili e strabilianti folate sulle fasce? Dove nasconde i suoi lampi di classe eccelsa e purissima? Che fine ha fatto la sua impressionante velocità? Che fine hanno fatto i suoi memorabili dribbling? Possibile che si sia appagato così presto e in modo così tanto repentino?
Altro mistero è Beckham. Ha iniziato pure lui ad inanellare panchine. Eppure si era presentato benissimo, da autentico fuoriclasse. Ora, qualcosa pare sia cambiato pure per lui. E il mistero si infittisce. Eppure qualcuno dovrà pure spiegarci qualcosa.
Capitolo Sheva: sull’ucraino c’è ben poco da aggiungere. Ma se pensiamo per un istante a quello che Sheva è stato ed ha rappresentato per tutti noi tifosi del Milan e per il Milan, certo vederlo in questo stato fa male. Trattato peggio di Viudez. Come Darmian. Cioè come giocatori che ancora devono formarsi e garantire il meglio di loro stessi. Come un primavera qualsiasi. La differenza è che Sheva è stato un grandissimo fuoriclasse. Ha incarnato e incarna la storia del Milan. Ora è un campione in crisi. Da recuperare. Ma il campione e l’uomo meritano rispetto. Non può avere disimparato a giocare. Non è questo il vero Sheva. Magari non tornerà più il fuoriclasse che è stato, ma un tentativo per recuperarlo lo si potrebbe pur fare. Seriamente. Se Ancelotti gli tributasse un terzo della enorme pazienza che ha avuto con Dida, siamo certi che Sheva diventerebbe il nuovo Pelè. E che fine ha fatto Antonini? Era addirittura in odore di Nazionale. Ora è sparito pure lui dalla scena. E la lista si allunga. Chi ha visto Cardacio? E perché Gourcuff al Milan non ha reso? C’è qualcosa che stride e non ci convince nel modo con cui Mastro Ancelotti ha gestito e sta gestendo il parco giocatori a disposizione.
E’ giusto parlarne. E’ giusto sottolinearlo. Questa estate il buon Carlo aveva garantito schemi precisi e particolari per far coesistere Pato, Kakà e Ronaldinho. Aveva immaginato la rinascita di Shevchenko. Aveva pochi dubbi sugli schemi da realizzare e sulla loro riuscita. Aveva studiato tutto nei minimi particolari. Ronaldinho, con lui, sarebbe rinato. Ora quel castello di carta sta crollando. Poco per volta, senza pietà. E a farne le spese sono i giocatori. Ora si sta scoprendo che Kakà e Ronaldinho si pestanoi piedi. Che Pato non è un centravanti. Che il KA-PA-RO è pura fantasia come la sostanza di tutti quegli schemi studiati questa estate. Che inserire Beckham è ancora più difficile. Facile adesso dire che la campagna acquisti l’ha fatta la Società, la dirigenza. Che l’allenatore s’è ritrovato la squadra così com’è. Così come gliel’hanno costruita. Delle due l’una: in questi casi o ci si dimette subito dopo la conclusione della campagna acquisti manifestando il proprio aperto dissenso, o si prende la bicicletta per come la si ha avuta regalata e si pedala senza fiatare. Troppi giocatori stanno pagando dazio.
La rosa del Milan va impoverendosi a vista d’occhio e bisogna chiedere conto e ragione di tutto ciò. Così facendo si cestina tutta la campagna acquisti. Si svaluta il parco giocatori. Certo, col Chievo si è vinto, ed è questo quello che conta. A due punti dal secondo posto e a + 4 dal Genoa si sta decisamente meglio. Si possono pianificare scenari migliori. Tutto sembra filare liscio e dare ragione alla guida tecnica. Ma non vogliamo immaginare un Milan senza Ronaldinho. Un Milan con tutti questi campioni lasciati marcire in panchina. Ai margini del calcio che conta. Il bacio di Galliani ad Ancelotti fa pensare. La dice lunga su chi sarà l’allenatore del Milan l’anno prossimo. Mastro Carlo s’è legato a tripla mandata ai colori rossoneri e a questa dirigenza. E’ evidente. E’ in una botte di ferro. Più passano gli anni, più crediamo che i destini di Galliani e di Ancelotti alla fine coincideranno. Si tratta di due “ere” appaiate che probabilmente si concluderanno assieme. Quando non si sa. Ma non ci stupiremmo se Galliani e Ancelotti, un domani, terminassero assieme la loro lunga militanza al Milan. Si prospetta un ricambio enciclopedico. Ora è il tecnico che detta le sue condizioni per rimanere: Alex e Adebayor subito o se ne andrà al Chelsea. A noi Allegri sarebbe piaciuto. Un tecnico giovane ed emergente per riprovare a vincere tutto. Con idee nuove, nuovi metodi di lavoro, nuovi entusiasmi. Con una voglia diversa di lavorare e pianificare il futuro. Non ce ne voglia Mastro Ancelotti, cui siamo legatissimi. Ma dopo otto anni cambiare non sarebbe stato un sacrilegio. Affatto. Sarebbe stato anzi un affare. Per tutti. Chissà che qualcuno non ci ripensi. Il tempo c’è. Il tempo è galantuomo.
|di Claudio D'Aleo - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 165 volte


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