Facciamo una panoramica sull’attaccamento alla maglia dei nostri. Almeno di quelli che ci sentiamo a tutta prima di definire davvero milanisti. Abbiati da piccolo tifava Inter, ha militato nella Juve e ha cantato “Chi non salta milanista è” davanti ai tifosi bianconeri. Kaladze nulla da dire, anzi ha cercato più volte di rimanere nonostante la società lo avesse già dato via, salvo poi sfumare le trattative. Nesta tanto di cappello, per avere dimostrato sempre attaccamento alla maglia, ma se proprio a fine-carriera lo devo identificare con una squadra penso alla Lazio, prima che a noi. Oddo è invece un autentico esempio di fede alla maglia: anch’egli sempre in partenza, salvo poi tornare sempre alla base, non ha mai perso occasione per dire che la squadra della sua vita è il Milan, nella quale del resto è cresciuto. Gattuso è il gladiatore, il pitbull del centrocampo che incita la curva, insomma un autentico idolo per i tifosi: non va però scordato che dopo Istanbul voleva andarsene e l’anno scorso è stato trattenuto per un orecchio da Galliani, quando era in procinto di andare al Bayern Monaco.
Pirlo è un campione assoluto, ancora più importante di Kakà per gli equilibri del Milan degli ultimi tempi, ma quando sento che vuole farsi un’esperienza all’estero purtroppo perde tutte le possibilità di essere considerato una bandiera. Almeno per me, ovviamente. Ambrosini è il nostro nuovo capitano ed è davvero una bandiera. Lui che ha superato mille infortuni, lui che ha sempre detto no alle offerte di mercato e lui che sta cercando da mesi invano di prolungare il contratto. Fortunatamente gli è stata almeno riconosciuta la fascia di capitano e speriamo finisca la carriera in rossonero. Pato potrebbe diventare il nuovo Shevchenko calcisticamente, speriamo però che a livello di attaccamento alla maglia superi l’ucraino. In ogni caso è troppo giovane per essere una bandiera e con il ridimensionamento economico societario in atto sarà ogni estate sulla lista dei partenti.
Kakà era la Bandiera. Era. Ora affianca Sheva nella categoria di coloro che scelsero di andarsene, anche se da campioni. Dida è per me un esempio di serietà e professionalità davvero raro. E’ vero che prende tanto, ma non punta certo la pistola per avere quei soldi. Va poi ricordato che il Dida delle stagioni 2002-03 e 2003-04 era agli stessi livelli di Buffon e che è lui il portiere di tutte le conquiste dell’era-Ancelotti. Se termina con noi può essere considerato una bandiera. E infine lui, l’uomo della Provvidenza in mille battaglie. Quello che ogni estate è offeso perché il Milan sistematicamente cerca un suo sostituto, ma non lo trova mai: Superpippo Inzaghi. Lui è una bandiera. Lui è un trascinatore. Lui è lo spirito infuocato che anima la Sud e lui è l’icona di tutte le vittorie del Milan degli ultimi anni. Per lui la provenienza juventina è un dato che ne accresce il fascino, perché ogni volta che lui segna, sai che quel gol a tuo favore, è anche un gol in meno ai bianconeri. Ed è così da parecchi anni a questa parte!
Il quadro è dunque abbastanza confortante, per quello che mi riguarda, anche se, come ho spiegato, spesso ci appaiono bandiere dei giocatori che stanno da noi solamente finché il vento tira a favore. Occorre infine che i giovani che ora vanno a inserirsi sappiano essere sui livelli di professionalità e attaccamento alla maglia di Inzaghi e Ambrosini e non su quelli di Sheva e Kakà. Magari in questo modo avremo meno campioni, ma avremo certamente più uomini e milanisti veri. |di Sebastiano Molinelli - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 158 volte