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2009-08-26

Diego: "Quando mi picchiano aspetto solo che l'arbitro fischi"


Bagno di folla ieri sera a Chiusa Pesio, sede del ritiro delle giovanili bianconere, per Diego. Che ha così commentato il suo debutto nel campionato italiano: "Mi hanno preso a botte, ma succedeve così pure in Germania. Io non mi arrabbio, aspetto che l'arbitro fischi. Col Chievo è stata dura perchè era molto ben organizzato, però siamo riusciti a portar via i tre punti che ci servivano. Adesso, seppur con tutta la stima per Totti che è un grande, andiamo a Roma per vincere". Ieri a Chiusa Pesio, un paese montano che ospita le giovanili della Juve e dove non si era mai vista un’Aston Martin da 007 prima che il brasiliano parcheggiasse la sua davanti a un portone, con un vigile che gliela sorvegliava, Diego ha toccato con mano la nuova popolarità. Un migliaio di tifosi lo hanno accolto come il nuovo Fenomeno mettendo a rischio l’equilibrio dei tavolacci imbanditi. «Lavoro per questo - ha sorriso il bianconero, senza scomporsi di fronte all’assalto -. Qui c’è più calore che in Germania e se la gente è felice di quello che faccio, io provo più gusto a ricompensarla in campo».
E’ un altro impatto con la realtà italiana che Diego ha superato. Quello di domenica, alla prima esibizione in campionato, è già alle spalle. Vittoria e applausi, anche se Amauri non è rimasto troppo soddisfatto di come lo hanno servito. «Mi piacerebbe avere più cross», si è sfogato il prossimo acquisto di Lippi. L’unica ombra tra commenti radiosi, soprattutto per l’esibizione di Diego. Berlusconi, sempre più a proprio agio come allenatore del Milan, non vede in giro uno migliore di Ronaldinho. Alla Juve pensano che si sbagli. Dietro alla rivalità tra i due club per chi si propone come l’alternativa più credibile all’Inter c’è anche il confronto tra i brasiliani che ne costituiscono la novità nel gioco: Ronaldinho sta calandosi faticosamente (ma a Siena l’ha fatto con successo) nella parte del trequartista, limando l’istinto dell’attaccante puro; Diego è l’uomo cui Ferrara, senza che gliel’abbia suggerito Cobolli, ha affidato il gioco dopo le due stagioni dell’attacco anarchico e legato all’invenzione delle punte. Dei due, lo juventino paulista è quello che non deve snaturarsi. E’ nato per stare lì. Nella prima partita vera della stagione ha fatto quanto faceva già al Werder Brema: è tornato a centrocampo per avviare l’azione, ha cercato l’assist, ha provato il tiro, si è incaricato dei calci da fermo che mette in area con pericolosità. In piccolo, per ora molto in piccolo, Diego ha riprodotto la leadership del gioco che esprimeva Platini e che Zidane dovette attendere un paio di stagioni per imporre. Il filone è quello, sulla riuscita dirà il tempo, anche se il brasiliano mette a frutto l’esperienza europea nella Bundesliga nel tentativo di essere concreto. Due i difetti: tiene ancora troppo la palla al piede con il rischio di perderla o di restare zoppo e si spegne dopo un’ora di partita. Il secondo neo sarà più facile da estirpare del primo, sebbene a 24 anni Diego possa modificare lo stile per renderlo più asciutto.
Alla gente piace, i dati del marketing con la vendita di maglie e gadget lo dimostrano. Piccoletto ma tosto e difficile da spostare quando è in movimento, si è scoperto che il paulista ha pure la forza fisica per reggere un calcio duro e sporco. «Quelli del Chievo hanno cominciato picchiandomi però non è stata una sorpresa - racconta Diego -. Con il mio modo di giocare è normale, in Germania succedeva lo stesso: non me la prendo, non mi arrabbio. Aspetto che l’arbitro fischi».
Ma cosa ha capito del campionato italiano? «Che è difficile vincere perché gli avversari come il Chievo sono molto organizzati e si gioca in un modo diverso. Perciò sono contento di avere vinto, siamo partiti con il piede giusto, rispettando le nostre ambizioni di scudetto: domenica andiamo a Roma per confermarle perché la Roma è una grande squadra e Totti è un grande campione ma nella mia testa andiamo là per vincere ancora». Il ragazzo ha più estro in campo che nelle risposte. Capisce l’italiano ma usa lo spagnolo, che non è neppure la sua lingua madre, e anche questo è un modo per non calarsi in discussioni profonde e pericolose. Per il momento galleggia sull’ovvio del politically correct. Ronaldinho? «E’ un fenomeno che incanta ad ogni giocata. Siamo amici e non mi sento in concorrenza con lui». Amauri nella Nazionale italiana? «Uno come lui è sempre meglio averlo insieme e non contro, però è un amico e se è felice lo sono anch’io». Il sorteggio di Champions? «Sono tutte grandi avversarie e non ho preferenze». Almeno in questo caso non ha messo di mezzo l’amicizia.
|di Marco Ansaldo - Fonte: www.nerosubiancoweb.com| - articolo letto 168 volte


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