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2009-08-29

I timori (mascherati) di mister Mou


L’ipotesi di scivolare a -5 dai cugini tiene alta la tensione in casa Inter. Che Mourinho non sia troppo sereno, ma anzi decisamente preoccupato per una squadra che stenta a decollare, lo dimostrano le recenti polemiche e provocazioni lanciate dal tecnico portoghese. Ma come sta realmente l’Inter? Il pareggio interno di domenica contro un Bari attento e volenteroso ma nulla più ha messo in mostra pregi e difetti della squadra nerazzurra. Vediamoli ora nel dettaglio, analizzando la situazione della squadra e cercando di approfondire i temi tattici di maggior rilievo in vista di questo affascinante derby d’Agosto.
PRONOSTICI - Fino a poche settimane fa il popolo rossonero era pessimista, deluso, quasi rassegnato a vivere l’ennesima stagione a distanze considerevoli dai cugini. Sono bastate due partite, Trofeo Berlusconi e debutto in campionato, per riaccendere l’entusiasmo attorno alla squadra e in vista del derby. Oltre alla buona impressione destata dagli uomini di Leonardo nelle ultime due uscite, a rafforzare maggiormente la convinzione di potersi giocare il derby ad armi pari ci ha pensato l’ultima prestazione dei neroazzurri: scialbi, lenti e ingenui nel farsi pungere in contropiede rischiando di perdere una gara da vincere. E’ vero che l’Inter non è mai partita forte e anche negli ultimi anni inaugurò il campionato con un pareggio, ma è anche vero che una prestazione negativa come quella di sabato lascia ben sperare i rivali di una squadra che fino a qualche mese fa sembrava imbattibile e che ora sembra perlomeno tornata sulla terra.
COM’E’ CAMBIATA L’INTER - Tra le molte analisi fatte dalla stampa sportiva all’indomani del pareggio con il Bari, ho trovato particolarmente interessante e azzeccata quella di Mario Sconcerti, opinionista di Sky ed editorialista per la sezione sportiva del Corriere della Sera: non c’è più l’Inter vecchia, ma non c’è ancora quella nuova. Traduzione: l’Inter non può giocare come faceva prima, sfruttando la potenza e la prestanza fisica di Ibrahimovic, ma non è ancora in grado di giocare palla a terra con trame raffinate per fare il gioco più congeniale al suo sostituto Eto’o. Ci prova, ma i meccanismi sono ancora da oliare e la poca qualità presente in mezzo al campo (lacuna colmata solo in parte dall’acquisto di Snejider) incide pesantemente sulla manovra di una squadra che attualmente non ha ne l’organizzazione di gioco del Barcellona ne il vigore atletico del Chelsea (per citare le due maggiori pretendenti alla coppa per la quale è stato ingaggiato mister Mou). E gli altri acquisti? Milito è un centravanti completo, tecnico e letale, ma la squadra non gioca per lui come faceva il Genoa e potrebbe soffrire la stessa sindrome patita da Alberto Giardino, straordinario bomber a Parma ma non “valore aggiunto” in un top-club. Gli acquisti di Thiago Motta e Lucio, invece, aggiungono all’Inter classe, forza ed esperienza internazionale. Ed Eto’o? prima punta in grado di svariare su tutto il fronte offensivo, il nuovo idolo della curva nord sembra più adatto del predecessore Ibra a perforare le difese europee, ma le grandi differenze a livello difensivo che ci sono tra Spagna e Italia potrebbero portagli qualche difficoltà. La prima dimostrazione è arrivata domenica scorsa, quando la freccia camerunense si è trovata spesso imbrigliata nella linea difensiva ospite senza mai poter trovare il giusto spunto in contropiede, la sua arma preferita.
VERSO IL TRIDENTE - Due ipotesi per Mourinho: 4-3-3 o 4-3-1-2. L’assenza di un trequartista di ruolo e il buon impatto sulla gara avuto sabato da Mario Balotelli sembra orientare il portoghese verso la prima ipotesi, nonostante lasciare la superiorità numerica ad un centrocampo di palleggiatori come quello rossonero potrebbe rivelarsi una mossa controproducente. Le certezze di Mourinho sono attualmente tre: la presenza di Dejan Stankovic, spesso decisivo contro il Milan, il rientro al centro della difesa di Walter Samuel e il conseguente slittamento a centrocampo di capitan Zanetti. Ricapitolando, dunque, Mourinho potrebbe schierare davanti a Julio Cesar una linea difensiva a quattro composta da Maicon, Lucio, Samuel e Chivu; un centrocampo a tre con Thiago Motta vertice basso con Stankovic e Zanatti ai suoi lati; un tridente guidato da Milito punta centrale ed Eto’o e Balotelli sugli esterni. La seconda soluzione prevede l’inserimento di un uomo a centrocampo (Muntari o Vieira) con l’esclusione di Balotelli, arma tattica da usare a partita in corso. Difficile prevedere un impiego dall’inizio per l’ultimo arrivato Snejder, anche se con ogni probabilità l’olandeese siederà in panchina e sarà buttato nella mischia in caso di necessità.
SPECIAL ONE, MA SIAMO SICURI? - Visto che stiamo parlando di Inter, consentiteci un’ultima, naturalmente assolutamente personale, riflessione su the Special One Josè Mourinho. E’ davvero l’allenatore speciale che molti media vogliono farci credere? Cerchiamo di ripercorrere le tappe principali della sua carriera. Dopo una meritata Coppa Uefa alla guida del Porto, il “mago” di Setubal fa il bis portando in Portogallo la coppa delle grandi orecchie. Eliminando chi? Uno dei Manchester United peggiori dell’ultimo decennio (quello della transizione tra la generazione di Beckham e quella di Ronaldo), un Deportivo che aveva dato tutto nel precedente quarto di finale contro il Milan e una squadra assolutamente modesta come il Monaco. Complimenti, ma il successo va valutato per quello che è: una grande impresa compiuta in un contesto assolutamente anomalo. E poi? Poi, forte di questo successo su cui baserà tutta la sua carriera futura auto-affibiandosi il celebre soprannome, vince due volte la Premier League con il Chelsea (sempre davanti ad un Manchester non ancora ai livelli di adesso) e porta due volte la squadra in semifinale di Champion’s, uscendo in entrambe le occasioni contro il Liverpool. Contesterà a lungo un gol-fantasma dei reds: poco importa se il livello di calcio mostrato è stato molto basso e l’organico degli avversari è decisamente inferiore a quello voluto da Mourinho per i blues. Giunto all’Inter con le credenziali di miglior manager al mondo (ci chiediamo cos’abbia in più rispetto ad Ancelotti o Hiddink, tanto per buttar li due nomi che l’hanno sostituito a Londra) si limita a riproporre l’identico canovaccio mostrato da Roberto Mancini. Rinuncia alla sua idea originaria (4-3-3) e al spupillo fortemente voluto (Quaresma), Mou per vincere è costretto ad affidarsi al tradizionale rombo manciniano e a quel Dejan Stankovic che, fosse stato per lui, avrebbe preso la strada di Torino. Vince con i punti di forza lanciati dal suo predecessore (Julio Cesar, Maicon, Cambiasso e Stankovic), si vanta della scoperta di Santon, ma senza citare i giocatori persi per strada (Amantino Mancini su tutti). Si ritiene speciale, ma alla prima conferenza stampa di questa stagione sentenzia che la sua Inter è inferiore alle altre big d’Europa. Ma allora, signor Mourinho, dove sta il suo speciale “valore aggiunto”?
|di Gabriele Pipia - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 190 volte


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