Conte, Mora e un enigma. Cerchiamo di capire...se ci riesce...
Nella piccata risposta che qualche giorno fa Antonio Conte ha indirizzato a Mora, dopo che questi aveva affermato di essere stato cercato da “amici” dell’allenatore salentino per un suo ritorno sulla panchina di Bari, una frase più di tutte, sibillina e stuzzicante, non è passata inosservata.
“Mora pensi a comprare il Bari…se gli riesce”. Così parlò Antonio Conte (intervista completa).
Pur non addentrandoci nei cervellotici meandri del “cosa avrà voluto dire", resta chiaro che non è una frase buttata lì, e ai più scettici, ma soprattutto ai più pessimisti, è una frase che, se proprio non fa avvertire un sesto senso, facciamo che fa pizzicare almeno un quinto senso e mezzo, come a quell’ eroe dei fumetti.
Pensi a comprare il Bari…se gli riesce. Perché non dovrebbe riuscirgli? Tim Barton dal Texas, ma uomo poco noto in Texas (“non sono mica il sindaco”, così risponde), è uno che, questo è evidente, se vuole, può. A cui gli spiccioli non mancano, insomma, tanti spiccioli da poter riuscirgli ogni investimento. Allora, perché non dovrebbe riuscirgli di prendere il Bari. Quel tizio lì, sempre lo scettico, il pessimista, vede una sola risposta possibile: non gli riesce semplicemente perché non vuole che gli riesca.
Seguiamo per un attimo il ragionamento del nostro amico scettico e pessimista: c’è un affarista texano che, per sua stessa ammissione, vuole il Bari non perché proveniente da una famiglia appassionata di calcio da quindici generazioni, ma molto semplicemente, perché gli serve un veicolo pubblicitario per esportare la tecnologia fotovoltaica a Bari (cfr. la prima intervista di Barton, il nostro amico scettico e pessimista non inventa nulla. Ed è una frase che, comunque andrà a finire, non è felicissima e merita di non passare inosservata). Insomma, vuole più Bari che non la Bari, è l’ha detto lui stesso.
La domanda è: quanto servirà a Barton per ottenere il suo scopo? L’amico scettico e pessimista vi dirà che l’ha già ottenuto, non c’è strada a Bari in cui non si parli di Barton, e probabilmente idem dicasi degli uffici. Compresi gli uffici della burocrazia che conta. Quindi, direbbe lo scettico, Barton ha già ciò che, per sua stessa ammissione, dovrebbe fruttargli il Bari. Quindi, perché prenderlo, il Bari?
“C’è un precontratto”, potrebbero rispondegli i detrattori, subito ricollocandolo al suo posto: Tirapiedi, tendagnora! , sono gli appellativi più inflazionati da queste parti. Certo, il precontratto, “accordo preliminare”, quello che, si vocifera, costerebbe a Burton, in caso di recesso, un milione di euro. Vale a dire, per lui, ciò che costerebbe una grigliata di carne in campagna a noi. Ma al di là delle voci, alla obiezione sul precontratto, l’amico scettico e pessimista farebbe spallucce, abbozzerebbe un sorriso e, con una calma raggelante, direbbe: “Accordo preliminare? Quanto somiglia all’accordo con Conte “? Scacco matto.
E’ un cerchio che si chiude, perché si torna a chi, quella frase tendenziosa, che vorrebbe far capire più di quanto essa contenga, l’ha pronunciata. Antonio Conte, che evidentemente qualcosa in tema di accordi in casa Bari la sa.
Da una frase si fa un universo, da una lettera l’intero alfabeto, capita spesso e probabilmente questa è solo la storia di una teoria. Magari la favola per alimentare un weekend senza pallone. Magari la faziosa visione di uno troppo scettico e, soprattutto troppo pessimista. O magari, la vocina che, nel momento in cui si chiudono gli ombrelloni e dovrebbero aprirsi i sogni, vi farà pizzicare più di un quinto senso e mezzo. |di Vincenzo Azzollini - Fonte: www.tuttobari.com| - articolo letto 132 volte