Non ho ancora realizzato quanto mi toccherà soffrire da qui alla fine del campionato: ero partita per le vacanze abbastanza soddisfatta, tutto sommato, anche se l’albanese ci aveva abbandonato sull’altare. Avevo visto qualche acquisto discreto e un Bologna in campo con la Fiorentina, che quantomeno intendeva farsi rispettare dall’avversario, un Bologna che non voleva più essere il parco divertimenti delle altre squadre. Poi, appunto, ero andata in vacanza, avevo sofferto enormemente durante i 90’ di Bari. Comunque, torno dalle vacanze, e non vedo l’ora di andare allo stadio, dove mi sono sentita piccola piccola. Come ogni domenica, so che al Dall'Ara incontro l’amico Nino che ha la costanza di venire da Asti e di non lasciare mai il suo seggiolino vuoto, ma domenica mi sono sentita ancora più piccola quando ho visto un tifoso di cui avevo sentito parlare, un tifoso la cui storia ho letto qualche tempo fa sul giornale. Lui è di San Pietroburgo, lui prende sempre un aereo per venire a vedere il Bologna, lui ha la sua passione tatuata sulle braccia. L’ho riconosciuto, perché avevo visto la foto nell’articolo, e non ho potuto fare a meno di avvicinarmi per dirgli che piacere mi faceva vedere di persona “un mito”, perché di mito si tratta. E ancora, nella fila sotto la mia, vedevo un ragazzo un poco spaesato, faceva foto e ha chiesto alla mia vicina di posto di scattargliene una; lui veniva addirittura da Buenos Aires, “como Cruz, El Jardineiro!” mi ha detto. Da un lato mi sento ancora più orgogliosa di essere bolognese, dall’altro mi devo ricordare di non lamentarmi mai della pioggia, del freddo, del caldo, della fila ai tornelli, dei parcheggi, di quando i vigili non mi fanno passare neanche con lo scooter. E c’è un altro lato ancora. Vorrei che i dirigenti, l’allenatore, ma soprattutto i giocatori, sapessero che fuori dal loro mondo ovattato fatto di veline, di Suv e di soldi, di tanti soldi, la realtà è questa. C’è gente che fa qualsiasi cosa per esserci, gente che è in cassa integrazione. Gente che muore nei cantieri ogni giorno per 1000 Euro al mese, che con un anno di stipendio di un giocatore ci deve campare una vita intera. Io pretendo, anzi no, esigo rispetto. Rispetto significa impegnarsi fino alla fine e farloal 100%, perché quello che hai devi dimostrare di meritarlo, sempre. Nelle prime due partite ci eravamo illusi di non dover passare tutto il campionato in apnea, di avere almeno un pochino di ossigeno nelle bombole. Invece tutt'ad un tratto ci rendiamo conto che le bombole sono già in carenza di ossigeno. Non capisco cosa sia che spinge a crederci sempre, mi meraviglio davvero di me. Penso che il più grande amore della mia vita sia il Bologna, perché se un uomo mi avesse mai dato un decimo delle delusioni che mi hanno dato i rossoblu... E ancora, non mi sono ripresa dalla delusione di ieri, questa mattina mi sono svegliata sperando fosse solo un brutto sogno, invece col Chievo abbiamo fatto veramente pena. Di Vaio lo perdono, lo aspetto, Viviano più di così non poteva fare, il "Panteron" merita sicuramente la nostra pazienza. Per il resto, buio pesto. Se il vero Bologna di quest’anno è quello di ieri, spero solo che il Milan abbia pietà di noi. Se il vero Bologna è quello del primo tempo con la Fiorentina facciamo che questa delusione sia stata l’ennesimo litigio tra innamorati. Ma la presidentessa ieri a fine partita sorrideva, metà della curva applaudiva e sventolava comunque le bandiere. |di Edi Simoni - Fonte: www.zerocinquantuno.it| - articolo letto 138 volte