Via le scorie di inizio stagione sotto la pioggia di una domenica romana fatta da tanto Brasile. Pato, Ronaldinho e Tiago Silva, tre brasiliani accomunati anche dal rendimento costantemente in crescita nelle ultime partite. Esattamente come nella gara di martedì scorso contro il Real, quando Thiago Silva ha saputo sopperire anche ad una serata opaca di Nesta, quando Ronaldinho ha deliziato la platea con un possesso di palla intelligente e qualche accenno di progressione e quando il nostro “papero” preferito ha giocato un primo tempo superbo corredato da un gol ingiustamente annullato.
Ma torniamo a Lazio-Milan. I nostri incontravano una squadra che, va detto, attualmente è ai minimi storici, perlomeno tenendo conto delle ultime stagioni. Come spesso accade, anche nel club biancoceleste si è pensato che per giocarsi la stagione del riscatto occorresse cambiare allenatore; i magri risultati di Ballardini (ex-allenatore delle nostre giovanili) sono purtroppo sotto gli occhi di tutti e già la mente torna a quel Delio Rossi che tanto aveva fatto per “le aquile” romane. Il Milan, invece giunge all’Olimpico con una rosa pressoché al completo e soprattutto con tanto spirito di intrapresa.
Il primo tempo è un dominio milanista, complice anche la non incisività della Lazio, che non pressa nemmeno più di tanto i nostri, consentendo loro di fare quello che amano di più, ovvero fraseggiare. Entrambi i gol vengono da due splendidi cross, di Pirlo da punizione il primo, da Dinho su azione il secondo. In entrambi i casi i due marcatori, Thiago Silva e Pato svettano di testa contribuendo a deprimere il povero ed incolpevole Muslera, che con noi ha sempre subito parecchie reti, soprattutto in casa propria.
Nella seconda frazione di gioco, l’ingresso di Cruz, giocatore di grande esperienza e intelligenza, ha complicato un po’ le cose e le occasioni per i laziali si sono fatte vedere a più riprese. Tuttavia, se una sfortunata deviazione di Tiago Silva non avesse spiazzato Dida, il nostro score passivo avrebbe potuto mantenere la “verginità”, visto che il “numero 1” brasiliano ha giocato l’ennesima prova convincente facendosi sempre trovare pronto su qualsiasi palla biancoceleste.
Contrariamente a quanto detto ieri pomeriggio da Paolo Di Canio su Mediaset Premium, ritengo che i ritmi bassi tenuti dal Milan non siano stati sinonimo di sufficienza e presunzione, ma espressione di una voluta tattica di gioco ormai consolidata su questi canoni. Vistolo finalmente allo stadio martedì scorso, ho potuto apprezzare un Milan che ha il grosso limite di avere pochissimi giocatori che corrono davvero (Pato e Ambrosini su tutti) e moltissimi che giocano da fermi (Pirlo, Seedorf e Dinho ad esempio), ma che ha anche operato la lungimirante scelta di puntare su quello che c’è, ossia tanta qualità. I ritmi lenti passano dunque in secondo piano, se la squadra copre bene il campo e sa imporre la forza delle proprie superiori armi tecniche, come fatto nelle ultime gare. |di Sebastiano Molinelli - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 153 volte