Con entusiasmo e con fiducia, i giocatori vanno assimilando schemi, idee e metodi di lavoro dell’allenatore... Sta nascendo una signora squadra. Il Milan passa all’Olimpico, batte la Lazio due a uno e si accomoda da solo al terzo posto in classifica. Diciamolo subito, a scanso di equivoci: è stato un Milan bello a metà. Come al solito. Determinato, essenziale, brillante nel primo tempo. In affanno nei secondi 45 minuti. Subiamo troppo gli arrembaggi degli avversari. Specie quando siamo in vantaggio. Specie quando dobbiamo ribattere gli altrui “assalti” e impedire d’essere schiacciati nella nostra metà campo. L’impressione è che ci mettano troppo spesso e troppo facilmente alle corde. Certo, vinciamo. Ma soffriamo troppo. Questione di assemblaggio e di meccanismi. Da rivedere. Da perfezionare. Da oliare. Ne verremo fuori. Il modulo prescelto da Leonardo, questo 4-2-3-1 che si trasforma spesso in 4-3-3 a seconda degli avversari e delle circostanze, è un modulo che ci piace e che ci incuriosisce parecchio. Lo troviamo spregiudicato. Essenziale. A tratti cinico. Innovativo, se vogliamo, nei suo concetti fondamentali. Redditizio perché i risultati sono quelli desiderati dalla Società e dai tifosi. Dispendioso perché si fonda sull’apporto imprescindibile degli esterni. Deputati non solo a fare gli “elastici” su e giù nelle corsie di competenza con compiti precisi di spinta e di copertura, ma anche a sostenere il lavoro dei centrocampisti. Senza il sostegno degli esterni, infatti, il centrocampo si troverebbe spesso e pericolosamente in inferiorità numerica. Il rischio è quello di consegnare il comando delle operazioni agli avversari. Di abbandonare difesa e attacco al loro destino. Di spaccare la squadra in due tronconi. E’ quello che è accaduto anche contro la Lazio.
Diciamo che il Milan si va assestando partita dopo partita. Lentamente. E che si tratta pur sempre di ingranaggi su cui lavorare. Con entusiasmo e con fiducia. I giocatori vanno assimilando poco per volta schemi, idee e metodi di lavoro dell’allenatore. Leonardo sta tagliando decisamente tutti i ponti con il Milan “ancelottiano”. Con il passato. Con quel Milan, oggi, ci sono davvero pochi punti di riscontro. Poche analogie. Nel 4-4-2 di Ancelotti troppi giocatori, ultimamente, cantavano e portavano la croce. Troppi giocatori non si esprimevano nei loro ruoli e secondo quelle che sono le lo reali caratteristiche. Ronaldinho oggi è un altro calciatore. Intanto perché gioca di più e meglio. Poi perché esprime una voglia matta di ben figurare, di intestarsi questo progetto e di tornare quel grande giocatore che è sempre stato. Convinzioni che l’anno scorso, di sicuro, non aveva. Dinho si sente adesso un giocatore importante. Sente addosso la fiducia di tutto l’ambiente milanista e se ne giova. E’ felice. Ancelotti non lo considerava a sufficienza. Lo faceva giocare poco. Troppo poco. Non lo incoraggiava. Non gli dava fiducia. Stava depauperando un capitale di classe e genialità calcistica unico al mondo. Mastro Ancelotti vedeva Pato punta centrale. Oppure ritagliava a lui e a Dinho la stessa fetta di campo. Ovvio che i due finissero con il sovrapporsi e col pestarsi i piedi. Pato non è e non sarà mai una punta centrale. Non ha il fisico e neppure il passo. E’ un splendida punta d’appoggio che diventa devastante quando è lasciato libero di esprimersi come meglio crede e come meglio vuole. Ronaldinho è un esterno sinistro d’attacco che si trova magnificamente nel 4-3-3 oppure nel 4-2-3-1. Ama esprimersi a ridosso dell’area di rigore avversaria partendo dal centro-sinistra. Parte da lontano per poi fiondarsi nel cuore del gioco d’attacco. I suoi passaggi, i suoi lanci lunghi a squarciare le linee opposte, sono quadri d’Autore. Non hanno prezzo. Valgono da soli il prezzo del biglietto. Chiedete a Borriello. Certo, accusa ancora delle pause. Ma cresce di partita in partita. Via Kakà tutti hanno più spazio e modo di esprimersi meglio a cominciare proprio da lui. Dal nostro magnifico Dentone. Nessuno ora si imbavaglia più. Nessuno si incaponisce in ruoli altrui. Tutti si sentono importanti e parte integrante di questo progetto. Tutti sono con l’allenatore. Tutti remano nello stresso senso.
Sta nascendo così il primo Milan Leonardiano. Basato sui giovani e sulla giusta miscela con gli anziani. Basato sul bel gioco e sulla voglia di vincere divertendo attraverso un calcio che sia attraente, semplice, accattivante. Il calcio non è una scienza esatta. Però non devi prendere gol. E con due-tre tocchi al massimo devi essere in grado di liberare un attaccante davanti al portiere avversario. Presi Beckham e Adiyiah (che fa rima con Weah) non crediamo arriveranno altri giocatori. Men che meno difensori. Né di fascia, né centrali. Onyewu s’è infortunato e tornerà il prossimo anno. Vero. Ma già scalpita Michelangelo Albertazzi. Sarà lui il rinforzo in difesa. Inoltre sta per rientrare Bonera. Sulle fasce siamo a posto: Abate e Antonini, Oddo e Jankulovski offrono, per adesso, più che sufficienti garanzie. A centrocampo abbiamo preso l’erede di Ambrosini: Hotter, centrocampista della Triestina. Uno bravo sia ad attaccare che a difendere. Buono per la Primavera, ma presto sentiremo parlare di lui. Tra poco sarà la volta di Davide Di Gennaro. Un po’ Seedorf, un po’ Pirlo. Scusate se è poco. In attacco non abbiamo davvero problemi. Beretta, Zigoni, Adiyiah, Paloschi. Più Pato, Borriello, Huntelaar, Inzaghi. Un assortimento straordinario. A proposito di Huntelaar: si sbloccherà. Davvero pochi meglio di lui. C’è da essere ottimisti. Sta nascendo una signora squadra. Abbiate pazienza. Stiamo arrivando. |di Claudio D'Aleo - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 156 volte