Sarà un incontro, personale, all'interno dell'incontro sportivo. Il Derby di Sicilia tra Palermo e Catania è Derby d'allenatori, per trascorsi sportivi ed anche per indole, approccio alla gara ed allo spogliatoio; Zenga su di una panchina, Atzori sull'altra.
Zenga - Pensiero
Si fa chiamare “Coach Z” dai suoi ragazzi, parafrasando il celebre “Coach J”, dove J sta per Jackson, dell'NBA americana. Zenga è così, ancora “un po' giocatore”, “ancora un po' guascone”, come lo definì a più riprese il Direttore Generale del Catania Pietro Lo Monaco, dovendo, in tali riprese, giustificare questo o quell'altro comportamento, o dichiarazione, fuori dai canoni della cordialità, al di sopra delle righe. Tra le ultime “Il Palermo può vincere lo Scudetto” ed i saltelli, troppi, al grido “Chi non salta è catanese” in occasione della presentazione della squadra rosanero al Barbera, sua prima uscita da tecnico.
E' un allenatore, ed un personaggio, che non si sforza di piacere a nessuno; conosce l'eco mediatica che riscuotono la sua immagine, le sue imprese, le sue parole, non ha ancora imparato a gestirne bene la portata, ma è sulla buona strada. Star simpatico a Mourinho, che più volte l'ha citato benevolmente nei suoi sermoni pre-gara alla Pinetina, la dice lunga sui progressi compiuti in tal senso. “Lo vedo come mio successore sulla panchina dell'Inter quando andrò via” ha detto recentemente il tecnico portoghese dei nerazzurri; facile immagine la malcelata felicità di Zenga all'udire simile quasi “benedizione”, lui che all'Inter vuole arrivare, e che ha Mourinho ha preso e voluto apprendere tanto, dal modo di porsi davanti alle telecamere, passando per l'immancabile taccuino da portare in panchina, e persino il giubbotto che, nel recente passato, l'allora tecnico del Chelsea era solito indossare nelle gare più fredde, sia di Champions che di Campionato.
Atzori - Pensiero
Pacato, ma deciso. Non è un personaggio, non ha mai voluto esser considerato come tale; per questo non firma autografi, o si piega a questo rituale solo in occasioni eccezionali. Davanti a tutto, nella gestione dello spogliatoio, mette il rispetto reciproco e l'educazione; non tollera l'insubordinazione, fossero anche due giocatori che si siedono in terra durante l'allenamento.
Alle domande dei giornalisti risponde sempre, d'alzare la voce mai, neanche di fronte alle domande un po' impertinenti sulla sua presunta “troppo giovane” età per allenare nel massimo campionato italiano. “E' nato allenatore, ed anche quando era giocatore altro non faceva che voler imparare come diventare un buon allenatore”, queste le parole di chi l'ha conosciuto nella sua breve esperienza a Torino. Non c'è quindi da meravigliarsi del suo approccio così morigerato, da tecnico vissuto, davanti alla stampa ed ai tifosi che certo non gli hanno risparmiato invettive anche pesanti, alle quali lui non ha battuto ciglio, rispondendo laconicamente “Li capisco, ma continuo a lavorare”.
Zenga – Il Giocatore & Allenatore
Se Zenga è il “motivatore”, Vio, suo collaboratore, è lo “stratega stregone”. L'ex Uomo Ragno ha in bisaccia importanti esperienze sul campo di gioco, raccolte fin ai massimi livelli ai quali un giocatore di calcio può ambire. Sa dove vanno i pensieri d'un calciatore prima, durante e dopo la gara, e di parole giuste per rivolgerli tutti verso la vittoria ne conosce a bizzeffe, perché tante volte di simili ne ha ascoltate e tante volte ancora di simili, ne ha dettate lui stesso, con la fascia da capitano, all'interno del suo spogliatoio.
Prima delle sue capacità, ai suoi ragazzi, arriva l'eco delle sue gesta, di quel che nel mondo del calcio ha fatto, di quel che era sul campo, per i compagni e per i tifosi. E' un “mito” del calcio, e come ad ogni “mito”, dentro lo spogliatoio il rispetto è un tributo da concedere a prescindere, almeno all'inizio, fosse anche più un misto d'ammirazione e curiosità. Con lui in panchina si parte sempre col passo giusto, ed il rispetto dovuto fa comunque presto a divenire meritato.
Come un condottiero trasmette il proprio credo, la propria grinta, ai suoi ragazzi che la mettono sul campo, sempre, senza risparmiarsi. Dalla panchina, il suo grido, è come un urlo di battaglia, al quale nessuno può farsi sordo. Idee giuste, come titolari improbabili nelle prime uscite di campionato, “tutti sullo stesso piano” propugnava, ma davvero, non solo a parole. Indimenticabili parole e faccia di Ranieri quando, a Torino, mandò Mascara in tribuna per far spazio a Llama: “Mascara in tribuna, proprio non me l'aspettavo, e poi, questo Llama..” coma a voler chiedere “ma chi è?”. “Chi sono?” però, se lo domandano spesso anche i presidenti con i quali ha avuto a che fare quando, in sede di mercato, Zenga presenta loro una lista della spesa con nomi d'improbabili calciatori rumeni, costosissimi: Dica a Catania; Melinte e Goian al Palermo. Meglio pensi ad allenare, a dar grinta ai giocatori forniti dalla dirigenza; è quello che sa fare meglio.
Atzori – Giocatore & Allenatore
Lodigiani, Torino, Ternana, Perugia, Reggina, Ravenna, Empoli ed infine proprio Palermo. Da roccioso difensore centrale, Atzori ha fatto sempre la vita dura di chi segna poco e fa tanto, senza ribalta che non sia l'apprezzamento dei propri tifosi e solo quello. Poca serie A, piazze calde ma poco battute dalle telecamere, dall'interesse della stampa, dove i calci si prendono, si danno, ma di medaglie se ne vedon poche che non assomiglino a lividi sugli stinchi, e solo quelli danno onore.
Cresce e resta così, Atzori. Un lavoratore, che per sua stessa ammissione racconta, di quel periodo da calciatore: “non avendo i piedi buoni potevo impressionare i miei allenatori solo con l'impegno quotidiano in allenamento e la grinta in campo”. Come non vedere, nei suoi trascorsi calcistici, l'impronta del suo credo da tecnico.
Il rispetto dei suoi compagni prima, dei suoi giocatori adesso, l'ha sempre conquistato sul campo, di gioco come d'allenamento, passo dopo passo. Conosce bene l'importanza delle parole, come Zenga ne ha sentite e dette tante, ma più che alle parole crede al lavoro e no, assolutamente non crede alla parola sfortuna “La sfortuna non esiste, per me la parola fortuna è l'incontro di due eventi, l'opportunità e la prontezza. In allenamento io alleno i miei ragazzi a creare le opportunità ed a tenersi pronti a sfruttarle”.
Zenga – Modo & Modulo di Gioco
Come tutti gli allenatori moderni, e giovani, adatta il modulo di gioco alle capacità dei singoli giocatori. Predilige le squadre che dispongono d'un fantasista al quale concede massima libertà tra le linee, ragione ne è la felicità di giocatori come Mascara e Miccoli nello scorazzare liberamente lungo il fronte offensivo ed inventare gioco, quel che meglio sanno fare in mezzo al campo.
Le sue squadre, a sua immagine e somiglianza, corrono mentre riflettono, e non riflettono prima di correre. Istintive, tutto cuore, in grado di compiere grandi imprese, all'apparenza impossibili. Tuttavia, se costrette ad un gioco tattico e d'attesa, ecco qualche magagna venir fuori: le squadre di Zenga non sono mai riuscite ad esprimere un costrutto di gioco chiaro, con continuità; più che un'identità di gioco hanno mostrato individualità che fanno gioco. Vedi partite come quelle contro il Siena di Giampaolo, nell'anno in cui allenò il Catania, entrambe soffertissime in virtù dello strenuo costrutto tattico dei bianconeri.
Non si perde mai il coraggio, ma a volte si può perdere la bussola. Queste le due facce delle squadre allenate da Zenga: capaci di vincere, sfruttando l'unico episodio favorevole della gara ma anche di perdere senza crearne alcuno.
Atzori – Modo e Modulo di Gioco
Basterebbero le parole di Carboni “A differenza dell'anno scorso andiamo su ogni campo per vincere, non solo come indole. Il Mister ci spiega tutto quello che dobbiamo fare per vincere, se non ci riusciamo la colpa è nostra. Io, ad esempio, a centrocampo ho compiti precisi, ed un avversario passa solo se è più bravo di me, non perché è messo meglio in campo”.
La cura dei dettagli è maniacale per Atzori, nulla va lasciato al caso, “la fantasia solo negli ultimi venti metri, il calcio è passaggi semplici e veloci, non dobbiamo inventarci niente”. Convinzione che a mano a mano la sua squadra sta interiorizzando, facile da veder emergere sul campo partita dopo partita, pur con un acerta fisiologica gradualità.
Le gare si possono perdere, ma andar sotto dal punto di vista del gioco, mai. Atzori ha dimostrato questo sulla panchina del Catania. Possono mancare i goal, non le occasioni, possono mancare giocatori, non il gioco. In più d'una partita, ad esempio, s'è trovato ad improntare l'undici titolare con l'infermeria piena più della panchina, riuscendo comunque a metter in campo una formazione competitiva che poco aveva da invidiare a quella “sulla carta più competitiva”. Prima che il modulo, conta l'equilibrio, passa dal 3-5-2 al 5-3-2 secondo necessità, ha già provato 4-3-3 e 3-4-3, compreso il 4-4-2; comunque metta undici giocatori in campo riesce a farli giocar bene, dando loro le esatte mansioni alle quali attenersi per non sfigurare.
Eppure, certe volte, non la preparazione ma la grinta è venuta meno alla squadra, sul campo. Attimi di smarrimento spesso fatali per il risultato, scoramento preventivo al quale il tecnico, dalla panchina, non sempre ha saputo porre argine; con parole giuste o sostituzioni altrettanto opportune.
Questi momenti, sulla cui ridondanza molto ha inciso l'inizio campionato deludente, rappresentano il cruccio principale del tecnico rossazzurro; nonché la prima motivazione della sua messa in discussione.
Zenga - La Situazione attuale
Il bonus d'entusiasmo post “Juventus” s'è esaurito, come anche la tolleranza di Zamparini che, come ad ogni avvento di tecnico, aveva promesso lui “amore eterno”; le scorie del dopo- Bologna mettono non poca pressione sul Derby che Zenga vivrà così in maniera doppiamente particolare. La prima accusa che gli viene mossa è l'assenza di gioco e di scelte di formazione che restituiscano un undici titolare stabile, definito, competitivo.
Allo scudetto non crede più nessuno, la zona Champions resta però un dovere. A Palermo il presidente spende fior di quattrini per allestire una squadra competitiva, anno dopo anno questa non risponde però sul campo alle aspettative della piazza e della dirigenza stessa. Si continua a cambiar allenatore, anno dopo anno, eppure la situazione non muta. Zenga sa benissimo quale sia l'andazzo a Palermo, e chi paghi per primo e per gli errori di tutti. Nella storia, tutti gli allenatori esonerati da Palermo hanno poi faticato a riemergere e, chi v'è riuscito, l'ha fatto solo dopo anni ed anni di quasi esilio, vedi Del Neri e Guidolin. Per lui, Zenga, allenatore mai esonerato, sarebbe più d'uno smacco lasciare anzitempo una panchina che ha fortemente voluto, e per la quale ha lasciato quella rossazzurra proprio con l'auspicio di avere a disposizione una rosa che lo potesse portare alla ribalta europea.
Atzori – La Situazione Attuale
A differenza di Zenga, Atzori, che ne è stato secondo nel primo anno dell'Uomo Ragno a Catania, può contare su di una dirigenza che ne ha sempre protetto l'operato, riconosciuto i meriti e compreso le difficoltà che un tecnico emergente, certo, è fisiologico mostri alla sua stagione d'esordio. In discussione, si può dire, lo sia fin dalla prima giornata, che ha coinciso col primo esordio infausto del Catania, abituato a partenze sprint in Campionato.
La crisi si è acuita col tempo, fino alla gara contro il Napoli dove, i più, si sarebbero aspettai l'esonero una volta sfumata l'ennesima possibile vittoria interna. A salvare Atzori, alle cui spalle faceva capolino già più d'un tecnico, è stato il gioco sciorinato contro i partenopei. Una prova talmente convincente da indurre la dirigenza ad utilizzare i 7 giorni della pausa per gli impegni delle Nazionali, più che per introdurre nello spogliatoio un nuovo tecnico, per dar una settimana in più alla squadra d'assimilare gli insegnamenti di Atzori, valutando evidentemente, che un altro tecnico, con gli stessi giocatori a disposizione, difficilmente avrebbe combinato qualcosa di meglio.
Zenga & Atzori – Il Derby
Ultimatum, ed un pareggio non servirà a nessuna delle due squadre. Per assurdo, comunque, è il Palermo, col doppio dei punti in classifica del Catania, penultimo della graduatoria, e quindi Zenga a doversi preoccupare di più dell'esito di questo Derby.
Il tecnico rosanero deve farsi perdonare lo 0-4 dell'anno scorso, con annessa gioia scomposta tanto da render allora necessario il ricorso ai sali, per rianimarlo in panchina. I tifosi non dimenticano, vogliono la vittoria, e se vittoria non sarà, saranno guai, anche perché la dirigenza, a prescindere dalla caratura della gara, non farà passar liscio un eventuale altro passo falso, sfruttando il clima sugli spalti per render indolore l'avvicendamento con, magari Delio Rossi, o chi per lui.
Atzori sa che il Catania non merita la classifica attuale, e sa anche come la fiducia della società, per quanto grande, abbia un fine. La pazienza del pubblico, invece, è già finita da tempo, e questo certo non aiuta. In soli 90', una carriera e probabilmente un intero campionato. I derby sono gare a sé, dall'esito imponderabile, dopo lo 0-4 della passata stagione, circa 1000 tifosi rossazzurri accolsero il pullman della squadra al Gelso Bianco, di ritorno da Palermo, tutti i problemi sembravano andati via.
Questo ci si augura, un clima più disteso e conciliante sugli spalti che permetta alla squadra di lavorare con più serenità, ed una classifica al contempo più permissiva e meno penalizzante. Al Catania questo serve per riconquistare fiducia, necessaria per recuperare strada persa in classifica. Ad Atzori questo serve per non cadere dalla panchina rossazzurra. |di Marco Di Mauro - Fonte: www.mondocatania.com| - articolo letto 141 volte