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2009-12-03

Solo rabbia e delusione: la Lazio saluta l'Europa


Doveva essere la gara del rilancio. Doveva essere quella della svolta. Doveva e poteva. Ma la Lazio non è stata in grado di farcela. Non era facile, lo sapevano tutti, ma stavolta non si può dire che la squadra di Ballardini non ci abbia provato. Certo la serata non era neanche iniziata nel migliore dei modi: poco prima dell’ingresso in campo delle due squadre, lo speaker aveva diffuso le note di “Seven Nation Army” dei White Stripes. Alla vigilia del derby non proprio un buon auspicio. Il settore occupato dai 700 tifosi laziali aveva provato a coprire le note dell’infausta canzone, senza però sortire alcun effetto. Qualcuno, in fondo, sperava anche di uscire da questa competizione: il campionato è compromesso, ma questa stagione somiglia troppo al 2007/08 per tanti motivi.
Nel Red Bull Salzburg (praticamente la vittoria di un marchio e del marketing sul calcio dei vecchi tempi) Huub Stevens scioglie il dubbio della vigilia legato all’impiego di Marc Janko e alla fine lascia in panchina Zickler. Ballardini, dopo aver mischiato ampiamente le carte nell’allenamento del martedì, conferma lo schema (3-4-3 con Eliseu e Foggia larghi) ma propone due cambi in attacco: non ci sono Makinwa e Rocchi e al loro posto partono titolari Foggia e Zarate.
La prima occasione al 4’ è per la Lazio: proprio Eliseu si accentra e prova il tiro sul secondo palo, deviato in angolo da Gustaffson. Ballardini invoca continuamente il gioco largo nei primi minuti dando indicazioni sia a Eliseu che a Foggia. Così è il primo ad applaudire quando l’esterno napoletano mette in mezzo per Zarate. La Lazio fa moltissimo movimento in avvio e nei primi 10 minuti fa la partita, tanto che la prima conclusione del Salisburgo arriva proprio dopo 600 secondi e si spegne a pochi metri alla sinistra di Muslera. Al 19’ prima vera occasione da gol per gli austriaci con Janko che di testa anticipa la difesa biancoceleste: Lichtsteiner salva quasi sulla riga. La reazione della Lazio è tutta nei piedi di Foggia che prova a partire in contropiede, ma la sua conclusione si infrange sul muro degli austriaci. La squadra ai allunga e si contrae continuamente pur di tentare la mossa vincente, ma gli austriaci sono ordinati: poco palleggio ma efficace. Non è proprio un caso che siano primi in classifica nel girone, d’altronde. Al 32’ Muslera esce benissimo con i pugni su un calcio d’angolo battuto dal Salisburgo: il gigante austriaco evidentemente spinge e il portiere uruguayano glielo fa sapere a brutto muso. Così l’atmosfera nella fino-a-pochi-secondi-prima pacifica e sponsorizzata Red Bull Arena diventa improvvisamente ostile. I fischi di tutto lo stadio sono assordanti, mentre dal settore dei tifosi laziali esplodono in sequenza il terzo, il quarto, il quinto e il sesto (!) petardo della partita. Così ne fanno le spese anche Eliseu e Diakité, ammoniti. E ci si mette anche Zarate che poco più tardi non capisce che il francese sta restituendo il pallone alla difesa salisburghese e scambia il gesto di fair-play per un lancio in profondità. Pubblico ancora più ostile. Sul finire di tempo Zarate perde nettamente un duello fisico con l’ex napoletano Afolabi quando prova ad andarsene sullo scatto. E praticamente anche la Lazio sembra dire addio al palcoscenico europeo, visto che il Villlareal vince a Sofia.
Nella ripresa entra Meghni al posto di Eliseu: l’algerino così si va a posizionare dietro Zarate insieme a Foggia ridisegnando un 3-4-2-1 con la Lazio che va molto di più per le vie centrali. La squadra inizia con un certo nervosismo la ripresa e il Salisburgo sembra poter guadagnare metri grazie ai falli ottenuti. In generale gli austriaci corrono un po’ di più, mentre la Lazio mantiene lo stesso ritmo dei primi 45 minuti. Come al solito servirebbe un’invenzione. Che invece arriva sul fronte opposto al 52’: punizione a girare, si inserisce Afolabi, che con la complicità di Lichtsteiner devia il pallone in rete all’incrocio dei pali. Così Ballardini fa entrare Rocchi, osando non poco: esce Radu ed entra il bomber veneziano e la Lazio cambia ancora modulo, disponendosi con il 4-3-2-1 in fase di non possesso. Stavolta i fatti danno subito ragione al mister ravennate: Zarate se ne va in slalom e lascia partire un bel diagonale rasoterra che Gustaffson può solo respingere sui piedi di Foggia: 1-1 e match riaperto. Brocchi, che gioca da mediano puro, incita i compagni con grinta e dimostra di meritarsi ampiamente la fascia da capitano. La Lazio ci crede. Avrebbe bisogno di una bella iniezione di buon umore prima del derby. Al 70’ Rocchi sfrutta un errore della difesa avversaria e spara in porta: Gustaffson il pallone e Zarate non riesce a ribadire in rete anche grazie all’intervento di un difensore avversario. Tre minuti dopo è ancora Rocchi a trovarsi quasi a tu per tu con il portiere avversario, ma l’aggancio non è dei migliori e l’attaccante veneziano si defila troppo. Al 77’ però è Leitgeb che fa correre un brivido lungo la schiena ai tifosi laziali: dopo uno dei suoi tanti inserimenti colpisce in pieno il palo. È il preludio al gol: Zarate se ne va con la solita serpentina, Schwegler cade e colpisce il pallone con una mano; l’argentino si accanisce nelle proteste con il 5° uomo e resta in avanti. Così quando tutta la Lazio si aspetta il rigore, il Salisburgo affonda il colpo con un lancio in contropiede per Tchoyi: il camerunese scherza Cribari e beffa Muslera. Ballardini così toglie Brocchi e inserisce un’altra punta, Makinwa, per dare ancora più profondità alla manovra: modulo 4-2-4 con il centrocampo tutto sulle spalle di Mauri e Meghni. La Lazio non molla e Makinwa colpisce anche il palo su angolo di Foggia. All’89’ però è ancora il Salisburgo a sfiorare la rete su contropiede con Svento. Finisce così tra i riflettori da discoteca dello stadio del Salisburgo. Il marketing ha distrutto ogni speranza. Ora però sotto con il derby, scenario ideale per rinascere davvero.
|di Federico Farcomeni - Fonte: www.lalaziosiamonoi.it| - articolo letto 140 volte


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