E’ vero, il Milan ci arriva meglio sotto quasi ogni punto di vista: classifica, morale, condizione fisica, qualità di gioco e armi a propria disposizione. E’ altrettanto vero, però, che ci sono partite che sfuggono a questa logica. Partite che escono dai razionali binari del campionato per rappresentare un “momento a sé”. Partite in cui spesso esperienza, orgoglio e nervi saldi fanno la differenza. Juventus-Milan è sicuramente una di queste. Conscia della propria forza e del momento positivo in cui si trova, la squadra di Leonardo si presenta quindi all’Olimpico di Torino con molte certezze ma anche con la consapevolezza che il posticipo di domenica sera sarà una sfida imprevedibile che può riservare qualsiasi sorpresa. E’ bene dunque evitare un confronto (impietoso) tra il momento delle due squadre per concentrarci esclusivamente sul match di domenica sera e, in particolare, sul momento della Juventus.
I PERCHE’ DI UNA CRISI - La partenza a razzo (nove punti nelle prime tre partite, gioco a tratti spettacolare e solidità difensiva invidiabile) aveva illuso un po’ tutti: i tifosi, convinti di aver finalmente ritrovato una squadra competitiva in Italia e in Europa. La dirigenza, convinta di aver operato bene sul mercato colmando il gap con la corazzata - Inter. Ciro Ferrara, convinto di essere sulla strada giusta per stupire e rinforzare il cosiddetto “effetto-Guardiola”. Il proseguo del campionato, però, ha detto tutt’altro. Con l’arrivo di tanti impegni ravvicinati e di conseguenza di alcuni infortuni importanti, la Juventus ha subito un’evidente ed inaspettata involuzione sul piano del gioco e dei risultati. E così, mentre l’Inter prendeva il volo e il Milan cominciava ad ingranare inanellando una straordinaria serie di vittorie consecutive, i bianconeri hanno visto in due mesi ridimensionare notevolmente le proprie ambizioni. Scivolati a nove punti dalla vetta e meritatamente eliminati dalla Champions League, gli uomini di Ferrara sono chiamati, in questo inizio di 2010, a dare un segnale forte e chiaro ai propri tifosi e al campionato. Il ritorno di Bettega (inserito nell’organigramma in qualità di vice-direttore generale) può portare maggior serenità e competenza all’interno della dirigenza bianconera, ma è dal campo che servono le risposte più convincenti. La vittoria di Parma, stentata ma importantissima, ha ridato un po’ di ossigeno a Ciro Ferrara, ma il fantasma di Guus Hiddink continua ad aleggiare tra i campi di Vinovo. In caso di pesante sconfitta contro l’amico Leo, aspettiamoci sorprese. Quando si punta su un mister giovane bisognerebbe avere il coraggio di proteggerlo, dargli fiducia e attendere i frutti del suo lavoro. Ma purtroppo in Italia non è così: in Italia non si aspetta. I progetti a lungo termine esistono a Cagliari, Parma, Bari, Udine…sempre più raramente, purtroppo, a Roma, Milano o Torino.
CONFUSIONE TATTICA. 4-3-1-2, 4-2-3-1, 4-4-2 -Per dar compattezza e pericolosità alla squadra, Ciro Ferrara le ha provate tutte. Partito con il rombo (perfetto per sfruttare le caratteristiche dei nuovi acquisti Diego e Felipe Melo), si è trovato ben presto con Amauri come unico centravanti a propria disposizione. E’stato dunque costretto a ripiegare su un 4-2-3-1 che esaltasse le qualità di Diego e Giovinco sulla trequarti, ma dopo un buon impatto con il nuovo modulo la squadra si è presto sfilacciata risultando fragile dietro e priva di soluzioni offensiva davanti. Sicuramente gli infortuni di pedine fondamentali come Del Piero, Sissoko, Camoranesi e Trezeguet ha pesato molto nel crollo della Juventus, ma a mio avviso l’assenza più pesante è stata quella di Vincenzo Iaquinta. La duttilità tattica di Iaquinta, unico in Italia nella sua capacità di fare sia il centravanti che l’esterno d’attacco, era infatti la componente che garantiva alla Juventus equilibrio e profondità. Bravo ad attaccare agli spazi ma utilissimo anche in fase di ripiegamento, è lui il vero ago della bilancia di questa Juventus. Non è un caso, infatti, che il momento migliore dei bianconeri sia coinciso con il suo momento di maggior forma e il momento peggiore con la sua assenza. Per restituire ordine e compattezza, Ciro Ferrara ha presentato la sua squadra a Parma con un 4-4-2 abbottonato, caratterizzato da molti giocatori fisici (Melo, Poulsen, Salihamidzic) ma privo di qualità (garantita solo da Diego e Marchisio). Una scelta provvisoria e in controtendenza con la filosofia tattica lanciata in estate, ma attualmente necessaria. FORMAZIONE FATTA - Partiamo dagli infortuni: Buffon, Camoranesi, Trezeguet, Giovinco, Iaquinta più Sissoko impegnato in coppa d’Africa e Caceres squalificato. Ammettiamolo subito: se il Milan deve rinunciare a tre giocatori importanti come Zambrotta, Seedorf e Pato, la Juventus non sta sicuramente meglio, anzi. Davanti a Manninger giocherà una linea a quattro composta da Grygera, Cannavaro, Chiellini e Grosso. Scelte obbligate a centrocampo con Salihamidzic largo a destra, Melo e Poulsen cerniera centrale e Marchisio adattatato sulla corsia sinistra. Diego in appoggio ad Amauri davanti. Ancora panchina per Capitan Del Piero, nervoso per le ripetute esclusioni da parte dell’ex compagno Ciro ma scalpitante e desideroso di lasciare un segno nel match, anche a partita in corso. Attenzione: Juventus-Milan è stata spesso la “sua partita”.
CONVIZIONE ED ENTUSIASMO - La vittoria spettacolare e convincente contro il Genoa ha detto molte cose a Leonardo: 1) David Beckham si è facilmente integrato negli schemi rossoneri e la sua intelligenza tattica sarà preziosa. 2) Marco Borriello è sempre meno una scommessa e sempre più una certezza, imprescindibile. 3) Abate a Antonini non saranno Maicon e Dani Alves, ma hanno freschezza, qualità e dinamismo per accompagnare costantemente l’azione e dare uno sbocco in più alla manovra. 4) In assenza di Seedorf, alzare Pirlo venti metri più avanti garantisce la giusta copertura senza perdere di qualità. 5) La squadra c’è, ha lavorato bene durante la sosta invernale e sembra pronta al tour de force che l’aspetta in questo mese di Gennaio. L’impressione personale è che giocando con un fantasista in meno (Seedorf) e un incontrista in più (Gattuso o Flamini) la squadra riesca ad essere più aggressiva, garantendo anche la giusta copertura alle sempre temibili percussioni offensive di Ambrosini. Per espugnare Torino e lasciare la Signora a mani vuote lo spirito è quello giusto e le premesse ci sono tutte, ma attenzione: la Juve è sempre la Juve. Parola al campo, dunque. |di Gabriele Pipia - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 200 volte