3-0 e palla al centro. Senza ulteriori discussioni. Senza patemi. Il Milan annichilisce la Juventus in quel di Torino e si conferma unico antagonista dell’Inter. E’ stata una partita tirata. Intensa. Strana, per certi versi. Nei primi 25 minuti la Juventus non ha giocato per niente male. Anzi. Il Milan non ha fatto altro che controllare le trame bianconere e studiare con calma e attenzione le mosse e le soluzioni migliori per cominciare a fare male. Tanto male. Come poi è accaduto. Non è la prima volta che il Milan si comporta così. All’inizio subisce. A volte esageratamente. Poi vien fuori la grande caparbietà di questa squadra che fa dell’equilibrio in campo e del corretto raccordo tra tutti i reparti la sua vera, inossidabile forza. Il suo marchio di fabbrica. Il 4-2 e fantasia non è altro che il “cavallo di Troia” con cui Leonardo, abilissimo stratega, valuta, disegna e affronta le partite. Il Milan talvolta tarda a raggiungere il giusto equilibrio. La giusta concentrazione. Patisce il pressing degli avversari a centrocampo. Soffre in difesa. Studia minuziosamente la gara. Poi però viene fuori alla distanza e in maniera repentina. La Juve ne sa qualcosa.
Ma non solo la Juve. Ormai gli avversari ci conoscono. E ci temono. Perché il Milan è ora una squadra forte, omogenea, imprevedibile. Convinta delle proprie capacità. E non è vero che è poco equilibrata in campo. Diremmo che è vero l’esatto contrario. O che è stato vero nelle primissime partite, quando il gruppo, comprensibilmente, non era né poteva essere amalgamato, coeso, compatto. Pirlo e Ambrosini sono i perni attorno ai quali la squadra sta crescendo e va armonizzandosi gara dopo gara. Quando gli esterni stanno bene, collaborano con i centrocampisti e assicurano copertura e spinta. Quando Ronaldinho fa il Ronaldinho e mette gli avanti in condizioni di tener palla, impadronirsi del nostro centrocampo diventa, per tutti, impresa parecchio ardua. Difficile. Oggi tutti sono migliorati. Stanno bene. Sono più maturi. Consapevoli. Recitano il proprio spartito a memoria. Giocano nel proprio ruolo, secondo le loro reali caratteristiche. Secondo le effettive versatilità. Non solo per se stessi, ma anche per il Gruppo. Per la squadra. “Passo” fondamentale nel progetto leonardiano. In campo i giocatori dialogano, si cercano, si aiutano. Collaborano. Sono entusiasti delle idee e dei metodi dell’allenatore.
Ronaldinho è l’emblema di questo nuovo Milan. Di questo Nuovo Corso Rossonero. Non salta una partita, non ne sbaglia una. Gioca anche per i compagni. Lotta su ogni pallone. Fornisce assist meravigliosi. Rincorre gli avversari. Si allena con serietà. E’ contento. Fa i gol. Un altro giocatore rispetto al Ronnie spento e svogliato dell’era Ancelotti. Così come oggi è un altro giocatore anche Luca Antonini. Un terzino sinistro con i fiocchi. Rigenerato. Duttile, determinato. Volenteroso. Utilissimo. Spinge come un forsennato e si è integrato alla perfezione con Abate, l’altro stantuffo della corsia opposta, la destra. Leonardo ha visto quello che Ancelotti non ha voluto o saputo vedere. Considerare. Fosse rimasto lui, Ronaldinho e Antonini sarebbero restati meteore, ex-calciatori. Fuori dall’orbita della prima squadra. Di giovani, poi, manco a parlarne. Mastro Ancelotti avrebbe insistito con i soliti noti. Ribadiamo un concetto a noi caro: questa squadra potrà migliorare solo giocando. Più i giocatori si conoscono e si impadroniscono dei loro ruoli e delle loro rispettive fette di campo, più certi meccanismi vengono assimilati e tradotti in trame di gioco. In spettacolo. In bel calcio. Solo giocando questo gruppo potrà affiatarsi e diventare una squadra nel vero senso della parola. Siamo sulla buona strada. Questo rimane un anno di transizione. Almeno secondo noi.
Continuiamo a leggere e a sentire parlare di Dzeko. Nessuna preclusione verso questo calciatore. E’ molto forte, per carità, ma riteniamo non ci serva. Le ultime indiscrezioni vorrebbero un accordo già raggiunto tra Milan e Wolfsburg su queste basi: Dzeko al Milan in cambio di Kaladze, Jankulovski più 12 milioni di euro. Astori e Albertazzi andrebbero a coprire le due caselle ove dovessero rimanere sguarnite. Vedremo a giugno. Ma anche il Chelsea pare voglia Dzeko. Marco Borriello è insostituibile. Determinante. La maturazione di questo giocatore è stata lenta ma continua. Importante. Il Milan ha sempre creduto in lui, tanto è vero che non lo ha mai ceduto ma solo dato in prestito. Oggi Marco è assolutamente da Nazionale. Dietro di lui Huntelaar sta maturando bene. Lentamente ma con costrutto. Oggi è lui l’alternativa a Borriello. Deve lavorare ancora molto. Ovvio. Bisogna solo avere pazienza. Più che Dzeko servirebbe forse un attaccante esterno in grado di far rifiatare Pato e Ronaldinho. Milan Jovanovic dello Standard Liegi, tanto per fare un nome. E’ stato preso Adiyiah, purissimo talento ganese. E’ giovane. Va valorizzato. Tre sono le linee guida del calciomercato rossonero: contenere i costi senza sforare il bilancio, abbandonare tutte le aste, puntare con decisione sui giovani. Abbiamo Zigoni. Paloschi molto presto potrebbe rientrare alla base. Calma e gesso. Intanto è stato preso dalla Triestina il giovane Edmund Hottor, a detta dei critici il vero erede di Massimo Ambrosini. Un ulteriore sigillo su quelle che sono le vere strategie e le intenzioni del Milan in sede di campagna acquisti. E non solo. E’ la nuova filosofia aziendale. Camminare da soli, con le proprie forze. Senza fare passi più lunghi della gamba. |di Claudio D'Aleo - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 128 volte