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2010-01-27

Derby funesto


Una nuova Waterloo. Ancora contro l’Inter. Speriamo non accada più. Speriamo sia stata l’ultima volta. Sinceramente non c’è stata partita. L’Inter non ha solo frantumato il Milan, ma ha trionfato in maniera netta. Eclatante. Irritante. Per certi versi la gara è parsa la continuazione del derby d’andata. Domenica sera, come allora, il Milan non ci ha capito nulla. Domenica sera, come allora, la partita l’ha vinta prima Mourinho alla lavagna, poi l’Inter in campo. Forte, fortissima, nettamente superiore. La formazione interista si è confermata squadra d’acciaio. Schiacciasassi. Formidabile. Essere tifosi è bello. Noi il Milan l’abbiamo nell’anima. Nelle vene. Nel cuore. Il Milan è e sarà sempre il Milan. Ma bisogna essere anche sportivi. Onesti. Dignitosi. E riconoscere i meriti dell’avversario. Specie quando sono enormi come stavolta. Una sconfitta difficile da digerire. Troppo grande è stato il divario tra le due squadre. Le nostre responsabilità sono state nette. Precise. Leonardo ha ricevuto una lezione tattica e tecnica senza precedenti. Salutare. In superiorità numerica non puoi subire come se in 10 contro 11 giocassi tu. Non solo. Se manca Nesta, non puoi certo sostituirlo con Favalli che, con tutto il rispetto, oggi non giocherebbe titolare nell’Inter neppure se venissero a mancare in un colpo solo tutti i difensori a disposizione di Mourinho. Giovani della Primavera compresi. Anche questo ha fatto la differenza. Anche questo ha inciso. L’Inter ha due squadre una più forte dell’altra. Il Milan no. Non è certo una considerazione da poco. Pazienza. Rimbocchiamoci le mani e ripartiamo. Con una consapevolezza in più: guardiamoci dalla Roma. Il secondo posto non è ancora al sicuro come qualcuno potrebbe pensare.
Attenzione. La nostra idea sul Milan non è cambiata. Affatto. Rimaniamo una buonissima squadra in costruzione. Con margini di miglioramento notevoli. Palpabili. Certi. Però è necessario crescere ancora. Maturare. Irrobustire il telaio. Migliorare. Occorre tempo. Tempo per far lievitare bene il gruppo. Tempo per farlo amalgamare. Tempo affinchè questo gruppo diventi squadra e certi meccanismi comincino a girare bene. Con disinvoltura. Con convinzione. Con padronanza. Il derby non ha aggiunto né tolto nulla alle nostre riflessioni. Questo è e rimane un anno di transizione. Di rodaggio. Ora serve trarre profitto da tutto. Anche da sonore batoste come quella rimediata contro l’Inter. I nerazzurri sono parsi molto più forti fisicamente. Negli uno contro uno. Nella condizione atletica. Nella voglia di vincere e nella consapevolezza delle proprie forze. Nella rabbia agonistica. In tutto. L’Inter è squadra. Noi non lo siamo del tutto. Il Milan ha tirato poche volte in porta con convinzione vera. Con ferocia. Con determinazione. Quando l’ha fatto ha impattato in un portiere, Julio Cesar, in condizioni atletiche e fisiche fantastiche. Impressionanti. La squadra di Leonardo ha macinato gioco spesso in modo improduttivo. Sterile. Inefficace. Un po’ da destra. Un po’ da sinistra. Un po’ fraseggiando al centro. Tante manovre avvolgenti mai proficue. Mai essenziali. Fumo senza arrosto.
Una parola sfondare il muro difensivo nerazzurro! Il solo Borriello, stretto nella morsa Samuel-Lucio, non poteva bastare. Non è stato un caso se le uniche vere occasioni da gol sono nate dalle intuizioni di Huntelaar, buttato troppo tardi nella mischia in appoggio a Marco. Vorremmo spendere due parole sul Cacciatore. Attorno a questo giocatore notiamo un clima di diffidenza secondo noi esagerato. Immeritato. Leonardo si ostina a non considerarlo. Francamente non capiamo perché. Klaas Jan ci sembra più sveglio. Più motivato. Più inserito nei meccanismi della squadra. Ma non gioca. E mancava Pato. Domenica sera ha tirato più lui in porta nei pochi minuti giocati che i suoi compagni di reparto in tutta la partita. Altri hanno deluso. Il Milan ha perso soprattutto a centrocampo. Beckham, ad esempio, non ha inciso per nulla. Un corpo estraneo. Gattuso è stato giustamente sostituito. Pirlo ha girato spesso a vuoto. Non era serata. Gli esterni non hanno giocato come altre volte. Troppo in difficoltà. Troppo in bambola. Troppo giovani per partite come il derby. Non sapevano se spingere o difendere. Non hanno fatto né l’uno né l’altro. Quando questo accade nove volte su dieci consegniamo il comando delle operazioni agli avversari. Detto, fatto. Dida è parso troppo fermo sulla punizione di Pandev. Troppo poco reattivo. Poteva fare di più. Anche Ronaldinho non ha fatto la differenza come altre volte. Come ci aspettavamo. Succede. Non facciamone un dramma. Passerà. Anche queste lezioni servono se assimilate nel verso giusto. I nostri giovani sono ancora inesperti. Non hanno spalle talmente larghe da sopportare responsabilità del genere. Cresceranno.
Fanno senso invece le allucinanti dichiarazioni degli interisti a partita conclusa. Provocazioni senza senso. Inutili. Dannose. Il ritornello è sempre il solito. Loro sarebbero gli onesti. Loro sarebbero i migliori. Loro sarebbero ingiustamente nel mirino di un sistema che continuerebbe, nonostante tutto, a penalizzarli. A lavorare per le loro sconfitte. Per far perdere loro i campionati. I titoli. Come dire: piangi e fotti. Ieri colpa di calciopoli. Oggi colpa di tutti. Quando vincono sono bravi, infallibili e belli. Quando le cose non girano per il verso giusto, danno inizio alla caccia alle streghe. Gridano al complotto. Il bello è che vincono. Non solo: secondo la “Gazzetta dello sport” avrebbero ricevuto dagli arbitri più favori che torti! Le solite smargiassate. Non ci sono piaciuti gli atteggiamenti dei tifosi interisti contro Galliani. Le parole di Moratti e Paolillo. Il gesto di Materazzi che ha festeggiato con la maschera di Berlusconi. A dimostrazione del fatto che la classe non è acqua. E se ce l’hai vien fuori sempre, sia quando perdi che quando vinci.
|di Claudio D'Aleo - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 153 volte


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