Amantino Mancini è del Milan. La formula è quella del prestito con diritto di riscatto a favore dei rossoneri. Il prezzo è già fissato. L’Inter riceverà circa 4 milioni di euro a fine stagione. Il trasferimento della ventinovenne ala brasiliana ricompatta i rapporti tra le due società milanesi e regala a Leonardo l’esterno sinistro tanto invocato. Mancini, che se tornasse quello di Roma sarebbe davvero un bell’acquisto, dovrebbe consentire a Leo di far rifiatare sia Pato che Ronaldinho. Non è escluso un suo impiego già domenica contro il Bologna. Bisogna dimenticare derby, Udinese e Livorno e rimettersi in marcia. La Champions League è alle porte e il Milan è in flessione. Una flessione annunciata. Scontata. Prevedibile. Nulla di che sorprendersi. Ci mancherebbe. Ma occorre reagire. L’organico a disposizione di Leonardo è questo. Non vediamo motivi particolari di allarmismo. Di ansietà. Solo chi pensava che questo Milan potesse davvero reggere il passo dell’Inter e lottare per lo Scudetto, ci sarà rimasto male. Molto male. Fatti loro. Noi no. Noi l’abbiamo sempre detto e lo ripetiamo per l’ennesima volta. Abbiamo un buon organico. Ma non siamo né da scudetto e neppure da finale di Champions League. Il secondo posto sarebbe già un successo. Un grande traguardo. L’ideale. Certo che se l’Inter crollasse all’improvviso non ci strapperemmo certo le vesti. Tutt’altro. Per questo ci è dispiaciuto moltissimo uscire così presto dalla Coppa Italia. Una competizione alla nostra portata. Un Trofeo che si poteva vincere.
Il Milan si conferma una buona squadra in “costruzione”. Una buona squadra con margini di miglioramento parecchio evidenti. Notevoli. Punto e basta. Stiamo vivendo un anno di transizione. Di assemblaggio. Di rodaggio. In Italia si giocano due campionati. In uno gareggia solo l’Inter. Nell’altro il Milan lotterà fino all’ultimo con la Roma e la Juventus per piazzarsi al secondo posto. Non siamo ancora attrezzati per competere a livelli altissimi. Facciamocene una ragione. In Società guardano alla purezza e alla solidità dei conti. Al bilancio. Che non è un fuoriclasse e non scende in campo a farci vincere le partite. E’ stata scelta la politica dei giovani e del potenziamento del vivaio per attrezzare gradualmente una squadra competitiva in grado di durare nel tempo. Di vincere divertendo. I risultati verranno. L’Inter ha due squadre. Fortissime entrambe. Spende un sacco di soldi e compra i giocatori più forti. Un po’ come faceva il primo, meraviglioso Grande Milan berlusconiano. Tra Inter e Milan c’è un solco difficilmente colmabile nell’immediato. Una voragine. I nerazzurri hanno 22-24 titolari. Tutti sullo stesso piano o quasi. Il Milan no. Diciamo anche che l’Inter è oggi quello che dagli anni 70 agli anni 90 è stata la Grande Juventus di Gianni Agnelli. Padrona assoluta del campionato. Padrona incontrastata del “mercato”. Scudetti su scudetti in Italia. Ma in Europa non era nulla. Si scioglieva come neve al sole.
Contro il Livorno il Milan è parso migliorato sotto il profilo della circolazione della palla. Della fluidità della manovra nel suo complesso. Ma ha confermato di avere delle difficoltà enormi quando si tratta di sveltire la manovra e di tradurre le trame di gioco in occasioni da gol vere e proprie. Specie quando incontra avversari che si chiudono bene. Come il Livorno. La ricerca della zona di campo migliore per penetrare in area avversaria oppure crossare, è parsa ancora una volta parecchio farraginosa. Leziosa. In avanti l’assenza di Pato ha pesato almeno quanto quella di Nesta in difesa. I cambi di velocità del Papero sarebbero stati assolutamente determinanti. Ecco spiegato l’acquisto di Mancini. Borriello ha fatto il suo dovere. Non sempre gli sono arrivati palloni giocabili. Il Milan dovrebbe giocare sempre con due punte. Ronaldinho, in ombra, è apparso talvolta monotono nella ricerca ossessiva della fascia sinistra. L’unica che gli consenta di dribblare l’avversario e sviluppare il suo gioco offensivo. Beckham come esterno destro “alto” di un ipotetico 4-3-3 ha funzionato a corrente alternata. Appena sufficiente. Abate e Antonini hanno spinto, ma spesso hanno sbattuto contro le potenti dighe erette dagli avversari. Contribuendo, di fatto, all’inceppamento della manovra complessiva. Presto dovrebbero rientrare Oddo e Zambrotta. Ignazio e Luca sono forti. Non hanno demeritato neppure contro il Livorno. Ma hanno bisogno di rifiatare.
Il centrocampo regge finchè reggono Ambrosini e Seedorf. Specie il primo. Ma se uno dei due crolla e manca Pirlo, ti saluto! Andiamo in bambola. Huntelaar a noi non è dispiaciuto. Si è mosso bene, si è fatto trovare sempre pronto in area di rigore, ha lottato. Ha tirato. Ha pure sbagliato, certo. Ma diamogli la stessa fiducia accordata per anni a Dida e poi ne riparliamo. Al centro della difesa soffriamo. Favalli non ha più il fiato di un tempo. Thiago Silva è un fuoriclasse. Ci ricorda Billy Costacurta. Un campione soprattutto quando aveva a fianco il grandissimo Franco Baresi. Thiago Silva sta a Nesta come Costacurta stava a Baresi. Con una differenza: Thiago Silva ci sembra molto più forte di Costacurta. Ma non può essere Favalli il suo compagno di reparto. Come non può essere Inzaghi il compagno di reparto di Huntelaar. Qualcuno segnala lo scadimento di forma dei rossoneri. A questi ben pensanti rispondiamo che Leonardo se l’è un po’ cercata. Scusateci. Abbiamo pochissimo da rimproverare a Leonardo. Il lavoro compiuto è a dir poco eccezionale. Però non puoi utilizzare sempre gli stessi giocatori senza fare mai ricorso ad un salutare, necessario turn-over. Senza responsabilizzare le seconde linee. Il. Rischio è duplice: spremere troppo i titolari; demotivare i rincalzi. Detto fatto. Ai posteri l’ardua sentenza. Ma se progetto deve essere, che sia almeno condiviso e apprezzato da tutti. |di Claudio D'Aleo - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 145 volte