Ho ricevuto vostre mail in questa settimana, sul tema dei giovani trattato nello scorso editoriale: ringrazio innanzitutto chi mi ha fatto i complimenti (troppo buoni), ma in particolare soddisfo chi, con competenza ed educazione, mi ha chiesto di approfondire il tema dell'influenza degli allenatori, o più in generale quello che possiamo chiamare "ambiente", sulla crescita dei giovani talenti. In principio, si parlava di Balotelli e Santon, diametralmente trasformati – in negativo, ahi loro – dal cambio di guida tecnica da Roberto Mancini a Josè Mourinho: i due giovani nerazzurri hanno tutto il tempo di raddrizzare la loro carriera sui giusti binari anche se certamente l'assenza del Mancio si sta facendo sentire. Il rischio è quello di smarrire altro talento per il calcio mondiale, un copione già visto in diverse salse in giro per l'Europa e per il Mondo, per motivi diversi ma che hanno lasciato lo stesso risultato: un nome su tutti, quello di Giovani Dos Santos, il ragazzo prodigio che ha saputo portare il Messico all'alloro Mondiale under17 nel 2005. La vita sregolata a Barcellona, il trasferimento al Tottenham con il rischio di buco nell'acqua, il baratro col Portsmouth e l'Ipsiwich Town fino al ricongiungimento con Frank Rijkaard, colui che l'aveva lanciato nel calcio professionistico: un procuratore oppressivo e un'immaturità evidente hanno privato agli appassionati di calcio del globo un futuro fenomeno. Oggi, ha "solo" 20 anni (21 a maggio): il tempo per recuperare ci sarebbe, ma di certo la strada è decisamente tortuosa rispetto a quella in discesa di tre stagioni fa. Dallo stesso Mondiale under17, una quantità impressionante di talento sembrava pronta a sconvolgere la geografia calcistica: Anderson, enfaticamente battezzato Ronaldeco, sembrava il vero erede di Ronaldinho… Il Porto prima, su buoni livelli, il Manchester United poi: con i Red Devils un buon inizio, poi la frattura con Ferguson, sempre per colpa di una vita fuori dal campo poco condivisibile. Eppure l'ex Gremio è quello arrivato più lontano, pensando ad esempio al gemello Ramòn, ex Atletico-MG e Corinthians: lo sbarco multimilionario nella Russian Premier League con la maglia del CSKA non ha fatto di certo bene alla sua maturazione… Morale, Krlya Sovetov in prestito, ed ora Flamengo, con un ruolo da comparsa. Dimostrazione pratica di quando i soldi e la smania di arrivare possono rovinare una carriera di altissimo livello. Il gioco del "ciò che poteva essere" rende anche per Carlos Vela e Denilson: l'occhio di Arsene Wenger ha bloccato i due a basso costo, ma il primo è stato un po' "bruciato" dai prestiti, il secondo da qualche prestazione storta nelle possibilità dategli dall'alsaziano la scorsa stagione. Meglio è andata a Sidnei (Benfica) e Marcelo (Real Madrid), anche se per la verità, l'ex Fluminense sembrava destinato a diventare il nuovo Roberto Carlos e forse l'influenza (alcolica) di Robinho nei primi mesi a Madrid non gli ha fatto troppo bene. Sempre nela Coppa del Mondo U17 del 2005 -ed in precedenza agli Europei di categoria - , splendeva la stella di Nuri Sahin e sembrava davvero arrivato il tempo in cui un turco avrebbe potuto vincere il Pallone d'Oro, altro che improbabili "Maradona dei Dardanelli" come Emre Belozoglu ed Hasan Sas: lo sviluppo a Dortmund, dopo la stagione passata a Rotterdam, non è andato secondo previsioni. Tim Krul sembrava un predestinato tra i pali: gli infortuni gli hanno falciato la carriera, anche se il materiale resta di un livello tale da tenere ancora oggi sotto controllo per un ruolo anomalo come quello del portiere: il ceko Tomas Perkhart è rimasto scottato dall'esperienza al Tottenham ed ha fatto il gambero ritrovandosi al Baumit Jablonec con tre anni buttati. E poi Breno, Prudnhikov, Lulinha o Menez per nominarne un mezzo fallimento di casa nostra, ed un'altra decina di nomi. Interessante sarebbe poterli catalogare per "cause del flop", ma sostanzialmente il discorso può essere riassunto in un unico punto: l'ambientamento "sociale" prima ancora che calcistico di un ragazzo prodigio in un ambiente nuovo o semplicemente una realtà (economica) sconosciuta. Il club perfetto non esiste, l'allenatore ideale neanche probabilmente: sono troppe le variabili capaci di mandare all'aria le previsioni a lungo termine su un adolescente, e persino la costruzione di una Cantera familiare in stile Barcellona, può dare come risultati opposti e contrari Messi e Gio Dos Santos. Il caso Gourcuff invece dovrebbe insegnare che, allo stesso tempo, appiccicare un'etichetta negativa su un giocatore di 20 anni è controproducente: ecco perchè la maggior parte dei nomi citati (e ripeto, sono solo i più eclatanti) rappresenterebbero delle scommesse ancora oggi "giocabili" dai club di casa nostra, specie per riempire - in partenza - posti da riserva attualmente coperti da giocatori senza margine di crescita nè riscatto. Sarebbe un "pescare nella spazzatura" se volete: ma nella spazzatura del posto più "in" del Mondo, chissà mai di non trovare dei gioielli solo da spolverare, finiti nell'immondizia con troppa fretta. |di Francesco Letizia - Fonte: www.tuttomercatoweb.com| - articolo letto 197 volte