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2010-05-25

Il punto sul Bologna con Walter Fuochi


Era nell’aria e nei giorni scorsi è arrivato l’addio a Luca Baraldi. Solo una questione di rapporti personali o ci possono essere anche aspetti economici, vista la non approvazione del suo piano industriale?

Il piano era indubbiamente un progetto di lunga scadenza e largo respiro, quindi anche di investimenti. Tutto in questo momento al Bologna stanno pensando di fare, tranne che investire. Poi anche le sintonie umane, al di là degli aspetti professionali, erano molto modeste per cui un divorzio già da tempo annunciato si è puntualmente consumato. Ormai non è più un sospetto, quell’armistizio che fu fatto a un mese dalla fine del campionato quando bisognava mettere al sicuro la salvezza. Credo che già lì si potesse avere certezza che si sarebbero separati, poi non lo dissero perché, appunto, il bene supremo era conservare la serie A. Lui innanzitutto era da sistemare con il suo stipendio, perché non poteva continuare a tremila euro al mese. E poi aveva in mente, evidentemente, progetti sui quali mettere qualche soldo: se fai un progetto sui giovani, devi andare a comprare giovani. A meno che non li hai già tutti in casa, ma questo non mi sembra il caso del Bologna. Le cose si sono sposate: l’impossibilità di varare il piano e anche l’impossibilità di convivere fra caratteri non conciliabili ha fatto tutto. Poi non dimentichiamo che un direttore generale, seppure molto ombra, il Bologna già ce l’ha.

Ci sono anche gli stipendi congelati da tre mesi. E’ di questa mattina la notizia che i soldi di Sky arriveranno, quindi almeno questa situazione dovrebbe essere regolarizzata a breve.

Quella è una situazione comune a molte società italiane. C’è stato un allarme, c’è stato soprattutto un malumore dei giocatori, però in quasi tutta Italia va così: il termine è giugno e molti pagano a giugno, anche perché se arrivano i baiocchi veri di Sky pagano con quelli. Non credo fosse un allarme da enfatizzare più del dovuto. Coincise con il giorno del rompete del righe con molte facce lunghe, con una cena anche un po’ cupa, quindi ebbe risalto sui giornali: in realtà credo che siamo nell’ambito dei ritardi fisiologici.

Per quanto riguarda la società, si punta sempre alla cessione o all’ingresso di nuovi soci e si guarda soprattutto ad Aldo Spinelli, che però a sua volta deve cedere il Livorno.

La sua è una delle strade più praticabili, perché Spinelli si trova con una società in questo momento che non incassa i soldi di Sky e probabilmente vorrebbe andare in una società di serie A dove 25 o 30 milioni arrivano. Però ha tutte queste difficoltà di manovra legate a piazzare un bene, il Livorno, che non è molto appetito. Ha tempo ancora pochi giorni per fare tutto, dopodiché suppongo che i Menarini lo accoglierebbero a braccia aperte: se uno il Bologna glielo paga, vanno via.

Perché l’imprenditoria bolognese invece sinora non ha risposto? E’ solo una questione di costi e di crisi economica?

Perché non è interessata al calcio, perché non è obbligatorio essere interessati al calcio. D’altra parte al calcio sono interessati imprenditori che poi ci vedono una promozione per altre attività che fanno parte della loro sfera economia. I Menarini non sono lì per amore dei colori rossoblu: è andata male l’avventura imprenditoriale, o meglio non sbloccatasi ancora e forse mai, e la loro presenza non è più strategica. Probabilmente nessun altro imprenditore bolognese valuta come strategica una presenza nel calcio. Ormai nel calcio ci sono imprenditori che lo usano come volano per altre attività imprenditoriali poi ci sono quelli che fanno il calcio come attività principale essendo stati bravi a renderla redditizia o avendo aspettative che diventi redditizia. Il Bologna non ha gente di calcio che lo fa come attività precipua, all’orizzonte. Uno di questi potrebbe essere Spinelli, appunto, ma siamo ancora lontani dal concretizzare.

Se non arrivano capitali freschi si profila un mercato a costo zero: prima le cessioni poi gli acquisti. Doveva essere così già a gennaio poi non è stato, ora invece sembra inevitabile.

Il Bologna confida nel fatto che c’è una forza lavoro nel calcio abbastanza estesa a cui poi qualcuno deve dare lavoro: sono i giocatori a cavallo della trentina, che non hanno più aspirazioni di grandi club e che finiscono nei club della seconda metà della classifica. Solitamente li si prende a costo zero perché sono svincolati, ci si accorda per pagargli un anno di stipendio e poi l’anno dopo si cambiano tutti. Questa forza lavoro è destinata anche a guadagnare meno nel tempo, perché i contratti dei giocatori medi verranno sensibilmente ribassati. E’ chiaro che il Bologna è iscritto a questo mercato: a prendere giocatori che o vengono qui o vanno in un’altra piazza però più o meno equivalente. I giovani da lanciare vanno nei club che hanno qualche progetto in più, i campioni affermati vanno nei soliti tre o quattro club.
|di Cinzia Saccomanni - Fonte: www.zerocinquantuno.it| - articolo letto 456 volte


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