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2007-12-09

Chi Sono Quelli?


Fa presenza il Catania.
È bastato un complimento in più del dovuto. Dettato dalla gioiosa follia del derby. E l’austera “squadra di concetto” s’è trasformata nuovamente in una “starlet” di periferia (de noantri si direbbe a Roma), annoiata dalla sua stessa immagine riflessa in sala trucco.
Fa sostanza la Lazio.
Che di attenuanti ne avrebbe avute ed anche tante. Stanca, rattoppata, contesta, stressata, super impegnata. Onore al merito. Prendi una squadra, trattala male e stai sicuro che vincerà. Ed anche se la Lazio vista oggi di vincere avrebbe anche potuto non meritare, c’è il Catania a riempire la misura.
Sconfitta piena e meritata. Inappellabile. Senza mezzi termini, senza recriminazioni, senza scusanti. E cosa dirà l’a.d. Lo Monaco? Già furente nel post-derby a confrontare quella stupenda vittoria con la penosa sconfitta di Napoli. Riedizione. Esatta, al meglio de “Noblesse oblige”. Una lezione che non s’è capita con le buone, serviranno le cattive. Il Catania non è un squadra di nobili ma di operai. Perdonata la prima, Condonata la seconda. Meglio non dover parlare di una terza. Che parolina, terza. Come il numero delle sconfitte in trasferta, come quella maglia. Poi che ardimento. Stessa maglia, arancione, il Catania. Stesse maglie, azzurre (o celesti, ma là siamo), gli avversari. Stessa prestazione. Stesso risultato. Sarà, ma come di rossazzurro non c’è niente, in quell’anonima maglia, anche dei rossazzurri non v’è traccia, in campo. Che beffa poi. Sarà, che il Real Madrid ha la terza maglia dello stesso colore, così la Lazio sembra giocare già in forma Champions. E chiudiamo anche col ross-arancione in faccia a Spinesi. Sarà, quel che volete, ma prendete quella maglia con due dita e lanciatela nello spazio infinito, cancellatela delle foto e dagli almanacchi. Vada come vada, ma almeno in rossazzurro. Chi sono quelli in aranciò? E Baldini che voleva “la stessa grinta del derby”. S’è vista: Uguale, uguale. Da chiedersi dove si è sbagliato? Beh, Col senno di poi s’ha tutti ragione. Ci sta, nel calcio, l’imponderabile, vedi Colucci in versione “Uomo morto che cammina”, ed anche la bravura dell’avversario, in questo caso Rossi, che mette Mudingayi a uomo su Edusei e fa saltare i cardini del centrocampo rossazzurro. Ci sta poi anche la panchina corta, fatta di vuoti cronici ma anche di indisponibili ed infortunati. Ci sta, ma è il calcio, e non si può rinfacciarlo a nessuno. Prende e dà. Ma se l’allenamento parla, è bene ascoltarlo. Perché l’unico terreno sul quale si può operare è il proprio orticello, stop. Curarlo, saperne cogliere i frutti migliori, al momento giusto. Abbinare la pratica ai “concetti”, le opere alla filosofia. Sbagliare resta umano. Come umani sono i giocatori, come umano è il nostro allenatore. Non si può e non si deve fare di questa “umanità” una colpa. Ché l’umanità è un valore raro nel cacio di oggi. Il Catania deve solo badare a non perderla, facendo tesoro degli insegnamenti raccolti strada facendo. Nostro compito, da ambiente rossazzurro, è quello d’essere simbolo e memoria dei valori che questa squadra deve incarnare. Semplicemente noi. Ecco come la nostra squadra deve essere. Niente abiti da sera, niente trucchi, niente soste. Perché è col sudore che abbiamo conquistato ogni singolo momento della nostra storia. Rappresentare Catania è esserlo, esserlo è questo|di Marco di Mauro - Fonte: www.mondocatania.com|. - articolo letto 123 volte


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