Tra i fischi… la noia.
Atteggiamento di delusione, pari che sa di sconfitta. Il pubblico al Catania ci tiene, lo fischia per questo, per spronarlo e criticarlo allo stesso tempo. Amore più che odio, sofferenza arrivata all’estremo limite, più che alla classifica e al gioco si guarda alla difficoltà, mentale e fisica, di superare l’avversario, su tutti i fronti, in ogni parte del campo.
Conviene pensarla così, come rabbia, non dolore; così, perché è inspiegabile non sostenere, mollare, criticare ad occhi chiusi, davanti a tutti, insultare giocatori, mister e dirigenti. Qualcuno provi a spiegarne l’utilità. Boh, una serata a scervellarsi, una motivazione plausibile non c’è.
Dire “mercenario” a chi ha sempre mantenuto le sue promesse pare ridicolo, eccessivo, stupido. Tre anni, Serie A, salvezza, cosa di più? Bisogna soffrire, era nelle previsioni, nessuno ha mai detto o assicurato che non si sarebbe fatto. Il problema sta nella testa, più dei “tifosi” che dei ragazzi, nella mente di chi sogna, Europa, poi Champions, poi la vittoria in Coppa Italia, e chi più ne ha più ne metta.
Basta, meglio fermarsi qui, tornare alla gara, analizzarla pur con poca voglia. Va fatto, per cronaca, ancor più per passione di chi vuole andare avanti, nonostante tutto, sostenere.
Due squadre, Catania e Siena, da un unico obiettivo risaputo da tempo, uguale, identico: la salvezza. Ne esce una gara combattuta a centrocampo tra i mille errori, pensando più a non prenderle che a vincere, e questo ai rossazzurri non può andare bene. Un errore che sa di Genova, appena tre giorni fa, contro la Sampdoria. La differenza è però essenziale, perché oggi gli etnei non si sono proprio svegliati, fatta eccezione per la prima fase della ripresa e all’ingresso di Pià, dal dormitorio, forse perché il fatidico goal avversario non è arrivato.
Tutto questo grazie ad un Siena attento, in undici dietro al pallone, mai aperto, solo una volta vicino al goal, traversa. Sarebbe stata una beffa, di quelle madornali, per la classifica e ancor più per il morale, da recuperare anch’esso, perché, ed è giusto dirlo, i ragazzi voglia di parlare non ne hanno proprio, tutti, indistintamente, né fuori e né con i giornalisti, passando dritti dalla mix zone accennando appena ad un saluto o, ancor peggio, cercando una via di fuga. Sono uomini, sentono le emozioni, si vedono traditi da chi li ha sempre sostenuti.
A noi il compito di farli ricredere sul tifo, a loro la rispetta in campo. Per il bene del Catania, per la salvezza, uniti|di Fabio Alibrio - Fonte: www.mondocatania.com|. - articolo letto 108 volte