Qualunque giornalista o sportivo, anche il più bravo, non riuscirebbe a raccontare le emozioni, quelle da tifoso, vissute al Massimino.
Opinione personale, nessuno si senta offeso. Eppure il desiderio di provarci è tanto, irrefrenabile, quasi a voler sfogare in poche righe la gioia incontenibile di una partita.
Allora voglio farlo, desidero raccontavi la mia di partita. Forse la narrazione che farò assomiglierà alla vostra, a voi la scelta se cambiare pagina o ascoltare. Anzi leggere.
Prima di arrivare al fischio di inizio, bisogna partire dallo stato d’animo mattutino, che riassume quello vissuto durante la settimana: tensione, attesa ma anche gioia e angoscia allo stesso tempo, fiducia e scoramento. Un mix imbarazzante che svanisce tutto di un tratto all’ingresso al Massimino: via i conti, via le radioline, gli altri non importano, anche perché la convinzione di farcela aumenta, a pensarlo non sono più io ma è il collettivo, sono, anzi siamo, i 25.000 dell’ex Cibali.
Ci si avvicina ai 90’ più importanti della stagione, quelli decisivi: il pubblico si prepara, incita a più non posso. I giocatori sembrano consapevoli di ciò che andranno a giocarsi e di quello che la salvezza vale per noi tifosi rossazzurri.
Comunque, tra i mille pensieri, si comincia. Il Catania parte bene, i ragazzi in campo sembrano convinti quasi quanto quelli sugli spalti. Bastano pochi minuti però per far smaterializzare ogni convinzione, solo otto sono i minuti che passano dall’inizio alla rete di Vucinic. E che goal! Mi è facile dirlo ora, prima sarebbe stato un po’ più difficile ammettere che si tratta di un capolavoro, di una di quelle reti mai apprezzate in tv ma di difficile fattura.
Poco importa, la Roma è avanti, noi sotto. Scende il silenzio per qualche minuto, poi si ricomincia a sostenere senza sosta ma, lasciatemelo dire, con meno fermezza.
Inutile tra l’altro far finta che negli altri campi non succeda niente: l’Empoli è in vantaggio a Livorno. Prevedibile, ma immaginare al termine del primo tempo il Catania in B fa male a tutti, anche alla mitica speaker del Massimino che non accenna minimamente ai parziali degli altri match, preferendo lanciare immediatamente gli spot pubblicitari. E come non condividere questa saggia scelta.
Il rientro nel campo è atteso da tutti, me per primo, ma vorrebbe anche essere rimandato. La sensazione di volersi in ogni caso godere quanto più possibile la Serie A si scorge, è netta.
Si ricomincia. Il tempo passa, il Catania cresce.
Due traverse, un goal annullato, occasioni a ripetizioni. Che dire? E’ qui le emozioni diventano impossibili da raccontare. Preferisco non descriverle, ognuno le riveda a modo suo, sono sempre emozioni.
Arriviamo al goal dell’Inter: è un boato al quale ne succederà un altro dopo pochi minuti. Ma è una sofferenza, la palla non vuole entrare, la Roma sembra non voler affondare ma neanche strafare.
E’ il tempo dei sorrisi che mancano, che non escono fuori neanche al più ipocrita di questo mondo: gli sguardi sono tutti di preoccupazione, ma anche di fiducia. Qualcuno diceva: “Finchè c’è vita, c’è speranza”. Del resto proprio noi ne eravamo stati massimi artefici appena una settimana addietro, a Torino andava di scena Catania – Juventus, Del Piero mise a segno il pareggio al 90’.
Quel goal che ci riporta ad oggi, al Massimino, che ci costringe a soffrire fino in fondo, fino a quando Martinez non spinge noi tutti ad esultare, ad abbracciarsi e a far uscire quel sorriso spontaneo di cui parlavamo prima.
La felicità è tanta, l’infarto dietro l’angolo. Già, quella sensazione di malore che ci ha accompagnato tutti, nessuno escluso, dal 1’ al 90’. A quel fischio finale che sa di liberazione, per noi e per i ragazzi in campo.
Cinque… Quattro… Tre… Due… Uno… Via! Tutti sull’erba del Massimino: capriole, sventolio di bandiere e baci al prato sono i gesti più comuni.
Eccoci, svegliamoci dal sogno, rendiamoci conto che il Catania è ancora in Serie A.
La mia speranza personale è quella di avervi fatto rivivere dei momenti fantastici, tra quello che per un tifoso sono tra i più belli della sua “carriera”.
Già, vorrei chiudere proprio con un appunto sulla nostra tifoseria, su ognuno di noi che è riuscito a dire “c……e” al tale che ha lanciato nel secondo tempo quel fumogeno in campo: bravi voi, noi, io. Nessuno forse ne parlerà di questo comportamento, a me andava di sottolinearlo.
A chi è arrivato fin qui dico un grazie per avermi “sopportato”, per aver letto questa “Cronaca Speciale” forse, e spero, più interessante di quella che narra semplicemente le azioni di una partita.
Perché questa non è stata una partita, è stata la partita. |di Fabio Alibrio - Fonte: www.mondocatania.com| - articolo letto 134 volte