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2008-10-08

Le costanti matematiche


Con la stessa frequenza con cui si succedono i giorni e le notti, così il Milan di Ancelotti, settimana dopo settimana, si presenta sulla scena del campionato italiano riproponendo gli stessi difetti e gli stessi errori con una costanza che ormai pare assumere i connotati di vera e propria equazione matematica, con tanto di “costanti” invariabili.
Una costante riconosciuta da tutti, anche da chi segue il calcio in modo superficiale, è la cronica incapacità del Milan non solo di vincere, ma persino di mettere paura a squadre da retrocessione. Ormai siamo abituati, nostro malgrado, a subire anche dall’ultima in classifica di turno, un numero di palle gol superiore alle nostre.
Solo in questo specifico campionato 2008-2009 questa cosa è successa ben cinque volte su sei (con la sola esclusione della vittoria con la Lazio). Negli anni passati questa situazione l’abbiamo vissuta più o meno nel 60-70% delle partite, riuscendo molte volte a spuntarla esclusivamente grazie ai miracoli di Kakà. Per il resto, è sempre bene ricordarlo, con Ancelotti abbiamo vinto uno scudetto in sette anni. E ricordiamo pure che la Juve è riuscita a perderne due (già praticamente vinti) con lui in panchina. Questi sono dati di fatto, non giudizi soggettivi.
Poi esistono le costanti meno famose, che fanno da corollario agli assiomi principali della “matematica di Reggiolo”, primo fra tutti quello che deriva da semplice deduzione logica, e cioè che Ancelotti non è un allenatore idoneo al campionato italiano. Alcune di queste costanti sono tattiche. Come l’adozione di un modulo che non ha mai dato soddisfazioni in campionato e che invece viene costantemente riproposto. Ieri si è arrivati all’assurdo di rendere innocuo l’unico giocatore in grande forma in questo periodo (Seedorf) arretrandolo a fare l’alter ego di Pirlo. Modo peggiore per fare un regalo agli avversari non c’era. Anzi, c’era. Ed infatti il secondo regalone è stato mettere due incontristi come Gattuso e Ambrosini a guardare in cielo i palloni lanciati lunghi a scavalcarli, mossa elementare escogitata dall’allenatore del Cagliari, ma che sarebbe stata intuita anche da Padre Luigi allenatore del Cristo Re di San Giuliano Mare.
Qualcuno dovrebbe spiegarci a che serviva sprecare la possibilità di mettere due punte anziché rinforzare una zona del campo non sfruttata dagli avversari. Vorrei ricordare le critiche pesanti che venivano mosse a Sacchi nei primi anni e soprattutto in quelli successivi, quando si diceva che lui prescindeva dalle caratteristiche tecniche dei propri giocatori e di quelle degli avversari, imponendo a tutti la filosofia del modulo e del pressing.
Si può dire che Ancelotti sia davvero il suo erede, ma che abbia ereditato principalmente i suoi difetti. Primo fra tutti quello di non tenere minimamente in considerazione le caratteristiche delle squadre che ci affrontano, dando per scontato (con involontaria arroganza e presunzione) che tanto tutto dipende da noi, dalla nostra “concentrazione” e dal nostro “equilibrio” in campo. Niente di più falso. E i fatti lo dimostrano.
Squadre come Bologna, Cagliari ecc. non aspettano altro che avversari “equilibrati” e “prevedibili” come il Milan per conquistare gli unici punti sin qui messi in cascina. L’esempio più clamoroso (che pochi avranno notato) riguardo l’applicazione del modulo a “prescindere” dagli uomini è stato far battere gli angoli a Ronaldinho invece che a Seedorf (che aveva compiti diversi dal solito). Per fortuna R80 li sa battere decisamente meglio, ma vogliamo scommettere che quando Clarence sarà spostato di nuovo in avanti tornerà a batterli lui, dimostrando che ogni tipo di scelta del Mister è funzionale all’unico modulo che conosce?
Un’altra sorprendente costante inviolabile sembra quella di vincere i derby soffrendo come pazzi negli ultimi dieci minuti, per poi buttare via tutto nel turno successivo (a Napoli ad Aprile e a Cagliari domenica sera). Come se i tre punti conquistati con l’Inter valessero il doppio di quelli buttati via a Napoli o a Cagliari. Di solito si dice che il Milan si gasa nelle partite di cartello, o negli scontri dentro o fuori.
Bene, pure accettando con rammarico e rabbia questa costante, mi chiedo: ma dov’è “l’immotivatore” Ancelotti in quei momenti? Dov’è? A curare gli “equilibri”? A litigare con Rosetti? Mah. Non sarebbe meglio che se la prendesse un pochino di più con sé stesso e con i propri costanti errori? Non sarebbe meglio fare i cambi al 45esimo e non al 79esimo? Non sarebbe meglio che si rendesse conto in anticipo di come impostano le partite gli avversari? Non sarebbe meglio che invece di dichiarare di aver voluto R80 se la prendesse con chi si è fatto scappare uno come Ibra per risparmiare i soldi della mancia al suo procuratore?
Un breve inciso su Rosetti, uno dei massimi interpreti e sponsorizzatori dell’anticalcio. Con lui è sufficiente buttarsi a terra, fermarsi, alzare un braccio, tossire, sputare per terra o mettere in scena qualsiasi altro trucco per fermare l’azione che lui ci casca. Piuttosto che far proseguire il gioco, anche in caso di evidente simulazione, lo ferma per ammonire l’attore di turno. Un tempo con lui dura 12 minuti giocati e 33 persi con gioco fermo. Poi conclude in bellezza la propria esemplare prestazione concedendo 3 minuti di recupero, facendone giocare 1, e lasciandone trascorrere 2 in ulteriori perdite di tempo di chi ne può trarre vantaggio. Un bell’incentivo a quelle squadre che mirano esclusivamente a fare ostruzionismo: tanto poi sanno che il recupero sarà comunque lo stesso che se giocassero la partita in modo leale.
Che dire ora per il futuro? Sperare che l’Inter perda colpi con le piccole è impossibile. Il non gioco di Mourigno è ampiamente compensato da Ibra che con le piccole basta e avanza. Vincerle tutte noi è un sogno praticamente irrealizzabile. Sia perché la pochezza tecnica delle seconde linee non consente il turnover nella gare di coppa Uefa, sia anche alla luce di quanto visto sinora in termini di gioco e occasioni da rete contro compagini di bassa classifica. Sarebbe già molto sperare di vincere 3 partite su 5 contro le squadrette, magari evitando pareggi. E sperare soprattutto che la squadra non si rilassi all’idea di accontentarsi dell’unico vero obiettivo (ovviamente non dichiarato) imposto dalla società: l’ingresso in Champions per l’anno prossimo (possibilmente attraverso i preliminari, utili a creare alibi per non spendere troppo e portare a casa in saldo qualche altra bella stella decaduta). Saranno speranze vane? Speriamo di no.
|di Cristiano Cattaneo - Fonte: www.ilveromilanista.it| - articolo letto 173 volte


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