Attenti a dire no al Catania. Cap.1 “I desiderati”

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La carta stampata a tiratura nazionale parla e straparla. A volte nomi altisonanti da prima pagina vengono utilizzati per strappare consensi o incrementi nelle vendite. Eppure nelle voci, nelle mezze frasi, tra gli spifferi di corridoio si nascondono trattative avviate e contratti quasi firmati. Già, quasi. Ma si sa nel calcio nulla è scritto se non è firmato. Giochi e trattative di mercato navigano spesso in balia dei desideri e dei capricci dei giocatori. È la volontà dei singoli a frapporsi tra gli affari di società che identificano mutui benefici nella stipula di cessioni o prestiti. E alla finestra di procuratori e agenti di coloro che ambiscono ad una svolta di carriera sono sottoposte le offerte a cui stringere la mano o rispondere con un semplice no.

Semplici “no”, già. Che segnano però un bivio, scelte che non sempre si sono rivelate fortunate per i giocatori. E quando c’è stato di mezzo il Catania, sembra che la sorte non abbia giocato in favore dei riluttanti. I trasferimenti dei calciatori celano situazioni complesse che non sempre si spiegano con l’incontrarsi di domanda e offerta dal punto di vista meramente economico.

Ragioni personali, rapporti particolari tra società, procuratori e calciatori, antipatie e avversioni strettamente campanilistiche si frappongono e fanno da intralcio ad una macchina che non funziona alla stregua delle regole della compravendita. Scelte di cuore o personali, quindi, che non sempre però si sono rivelate fortunate per chi ha deciso di non vestire la casacca rossazzurra. Ripercorriamo la storia di questi ultimi anni, riesumando alcuni episodi in negativo che hanno contraddistinto le campagne di mercato della società rossazzurra.

Pronti a sfondare la rete La sfilza di episodi parte dalle promesse FotiLupoli (ai tempi rispettivamente nelle giovanili dell’Acireale e della Fiorentina) nonchè da nomi un pò più noti come quelli di Cacia, Papa WaigoGranoche, i quali hanno preferito piazze di A e B diverse da Catania. Giocatori giovani e di ottime speranze, cresciuti tra gli elogi dei procuratori e della stampa. Dal no al Catania le loro carriere non sono però mai decollate. In rossazzurro, se per i primi due si sarebbe trattato di fare gavetta e di crescere accanto a esperti attaccanti come Gionatha Spinesi e Peppe Mascara, per gli altri si sarebbe prospettata la chances di giocarsi la maglia da titolare in stagioni in cui una punta di razza si sarebbe ritagliata uno spazio importante tra i vari Morimoto e Martinez. Per loro, invece, la gavetta si è allungata. E così mentre Granoche annaspa per ritagliarsi un posto (superato a Chievo anche dal piu esperto Moscardelli), degli altri le tracce e le  presenze pesanti sono quasi nulle.

Chi troppo vuole nulla stringe

In questa categoria ricadono gli ambiziosi, nomi già noti al calcio italiano, se non addirittura internazionale, che hanno ambito a fare il salto piu lungo della gamba e si sono letteralmente bruciati. Diventa troppo facile parlare di Rolando Bianchi, accostato più volte al Catania e mai pronto a fare il volo ai piedi dell’Etna. Fallite le chances a Roma, sponda biancoceleste, e al Man City, il Rolando Furioso si è ritrovato a calpestare le zolle della serie B in cerca di speranze di rientro in A, con la maglia del Toro. Oggi, due anni di fallimenti (2 mancate promozioni) fanno pensare che avrebbe fatto meglio ad accettare le lusinghe di Lo Monaco. Analogo discorso per Brienza, Foggia, Gasbarroni, Dalla Bona, talenti puri o buoni giocatori che avrebbero avuto bisogno di trovare continuità nel gioco per affermarsi nel calcio che conta. Giocatori che a Catania avrebbero faticato meno a trovare spazio nei fantasiosi moduli di Zenga o del serbo, ma che hanno preferito piazze meno lontane dalle loro giovanili ambizioni. Per la serie “Meglio la panchina”.

Occasioni perse e ragioni di cuore

Il capitolo attaccanti non finisce con i giovani o gli ambizioni. Lo Monaco ha anche rivolto i suoi pensieri a giocatori abituati al calcio italiano provenienti dalla gavetta in cadetteria. L’interesse per i vari Budan, Abbruscato e Mastronunzio è stato più che concreto ma per mancanza di volontà dei diretti interessati, le trattative non sono mai andate in porto. Oggi e domani di loro in serie A, se ne parlerà e se ne vedrà poco o nulla. Avranno badato più alle loro tasche che alle loro reali opportunità?

Al cuor non si comanda e pertanto non è possibile non ricordare il rifiuto di Giovanni Tedesco, dichiaratamente fedele ai rosanero, che ha preferito concludere la sua storia in serie A da “dimenticato” in tribuna, invece di giocarsi le sue chances da “stimato” in rossazzurro. Più recente è la scelta di Costa che rifiuta il trasferimento a Catania (nell’ambito dello scambio con Bellusci) a pochi minuti dalla chiusura del mercato di Gennaio 2011. Colleziona poche presenze a Reggio Calabria, non arriva la promozione e la A resta lontana.

Gli stranieri: sembrava fatta

Alcuni nomi sono entrati nelle orecchie e nelle teste dei tifosi rossazzurri più di alcuni effettivi acquisti. Milton Caraglio, pallino dell’addì è addirittura passato dalle visite mediche, rimandato per gli infortuni, tentennato troppo tra offerte più “allettanti” (quella del West Ham poi retrocesso in Championship) per poi rimanere al Rosario Central in Argentina. Serginho Greene (oggi esiliato al Levski Sofia) e El Principito Sosa hanno invece rifiutato Catania perchè non ritenuta all’altezza. Per loro stagione incolore, soprattutto per il secondo che si è visto superato nelle gerarchie di Mazzarri (a Napoili) anche da Yebda e Zuniga. Per chudere facciamo i nomi di Souza e Avramov, i quali potevano accontentarsi di arrivare a Catania e avere migliori fortune invece di rimanere rispettivamente in Brasile (Vasco da Gama) e a Firenze come secondo di Frey.

La fortuna e la statistica non contano? Mai dire mai.

[Federico Caliri – Fonte: www.mondocatania.com]