Berlusconi, per Ibra sai come si fa. Le strategie sbagliate della Juve. Il mio giudizio sulla triade della Figc

“Il mercato è lungo”. Questa la frase di circostanza dietro alla quale amano celarsi i direttori sportivi di tutte le società italiane; più per giustificare un immobilismo imperante, che per effettive strategie di attesa. In realtà siamo già ad agosto inoltrato, ed è evidente come le possibilità di gettare fumo negli occhi di tifosi ed addetti ai lavori diminuisca considerevolmente con il passare dei giorni. Il 31 si avvicina, ed in questo appuntamento, come da precisa richiesta del direttore Michele Criscitiello, cercherò di porre l’accento sul mercato di Milan e Juventus, oltre a fornire il mio giudizio sul nuovo corso intrapreso dalla nostra Federazione.

Consentitemi di partire da una delle scoperte che più mi rende orgoglioso: Zlatan Ibrahimovic. È un giocatore assolutamente straordinario, capace di portare sulle sue spalle il peso non di un solo reparto, ma di un’intera squadra. Mi fa immensamente piacere che, almeno da quello che si è letto negli ultimi giorni, anche il Presidente Silvio Berlusconi si sia reso conto di come lo svedese rappresenti la soluzione ideale ai problemi del suo Milan. Zlatan consentirebbe ai rossoneri di mantenere un maggiore equilibrio in entrambe le fasi di gioco, non rendendo indispensabile la presenza di Ronaldinho, e soprattutto aprendo ampi spazi alla velocità di Pato. Il brasiliano sarebbe quello che più degli altri finirebbe per trarre giovamento dall’eventuale innesto del centravanti del Barcellona.

L’operazione è oggettivamente complicata, ma io ritengo che il Milan abbia dirigenti sufficientemente esperti per portarla a termine. Mi viene da ipotizzare un prestito oneroso con diritto di riscatto in favore dei rossoneri, impossibile pensare di non sborsare nulla nell’immediato, ma è ovvio che per uno come Ibra ogni sacrificio sia lecito. Un’operazione come quella che ha portato Cassano alla Samp sarebbe l’ideale.

Sempre in casa Milan, è impossibile non porre l’accento sui guai del centrocampo. Pirlo mi sembra l’unico giocatore integro di un reparto totalmente da rifondare. Qualche innesto in tal senso è assolutamente inevitabile se l’idea è quella di ritornare a puntare ai massimi livelli.

A questo proposito, permettetemi di nutrire qualche perplessità su Allegri, come anche riguardo Delneri: li considero due ottimi allenatori, ideali per puntare a piazzamenti anche ottimi. Tuttavia, per vincere, mi sarei affidato a qualche mister più esperto ed abituato a sopportare le pressioni di chi deve trionfare.

Passo alla Juve, e vengo inevitabilmente travolto da una sensazione di sconforto. Non tanto per un mercato in entrata che non mi riesce a convincere del tutto, quanto piuttosto per la leggerezza con la quale si stanno scaricando dei giovani che avrebbero potuto scrivere pagine importanti del futuro bianconero. I vari Giovinco, Palladino, Criscito sono dei “bambini” che sono cresciuti con me, e li giudico assolutamente pronti per essere impiegati anche in prima squadra. Invece vedo che da qualche stagione la tendenza è quella di lasciarli partire senza che venga concessa loro l’opportunità di affermarsi ai massimi livelli. Se si decide di investire su Diego, è evidente che si faccia giocare il brasiliano sempre e comunque, e che un talento come Giovinco veda sempre più ristretti gli spazi a sua disposizione. Un vero peccato, la notizia del suo passaggio al Parma mi ha dato un po’ di dispiacere, non lo nego. Un altro aspetto da chiarire in casa bianconera, riguarda il ruolo da assegnare ad Alessandro Del Piero. Dalle prime uscite mi sembra evidente che il capitano juventino sia destinato a fare da comprimario nelle idee di Delneri: non è difficile ipotizzare lo scoppio di un “caso Del Piero” nel corso del prossimo campionato.

Chiudo parlando della nuova “triade” della Federazione Italiana. Quella di Roberto Baggio è una scommessa bella, suggestiva, ma pur sempre una scommessa. Roberto è stato un giocatore fenomenale, ma senza la minima esperienza per affrontare il ruolo che gli è stato assegnato. Stesso discorso per Gianni Rivera. Si tratta di grandi personaggi, ma non di grandi dirigenti. Una scelta dovuta principalmente al fatto che nessun dirigente di grande livello abbia accettato di lavorare con un presidente come Giancarlo Abete: colui che ha portato il calcio italiano al punto più basso della sua storia, sia a livello di Nazionale maggiore, che di selezioni giovanili.

Anche la scelta di richiamare Arrigo Sacchi mi lascia assolutamente perplesso. L’ex ct ha lasciato il calcio perchè troppo angosciato dalle pressioni di questo sport, non vedo davvero come possa essere utile alla rinascita della Figc.

[Luciano Moggi – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]

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