Nessuna certezza, al massimo una sensazione fondata: quella che contro la Roma potrebbe essere stata l’ultima partita di Federico Agliardi come portiere titolare del Bologna e forse anche nel Bologna.
Una storia nata male e finita peggio. Dei suoi insuccessi, Agliardi è meno colpevole della società. Furono Guaraldi e Zanzi a promuoverlo in estate: ai dirigenti, evidentemente, fece comodo incassare il milione e seicentomila euro della cessione di Gillet al Toro per destinarli ad altre operazioni, ma non a un portiere titolare che sostituisse il belga smanioso di raggiungere Ventura.
Poi è arrivato Curci che fin dal primo giorno è stato messo in competizione con Agliardi, dunque non certo il titolare inamovibile. Il seguito, fatto di infortuni a ripetizione sempre allo stesso muscolo, è ormai noto ai più. Agliardi, che prima di approdare al Bologna come secondo, aveva ricoperto lo stesso ruolo nel Padova in serie B, non ha mai detto che se non fosse stato lui il titolare se ne sarebbe andato. Non ha mai chiesto nulla. Dopo il mercato è andato a vedere i <quadri> e di fianco al suo nome ha letto la scritta <promosso>. Poi?
Poi lo hanno lasciato solo a gestire una situazione evidentemente più grande di lui. Agliardi ha iniziato a sbagliare subito, alla seconda di campionato in casa con il Milan e impeccabile non era stato neppure all’esordio con il Chievo. Sentiva il peso della responsabilità, gli serviva un bastone sul quale appoggiarsi e, se lo ha trovato per qualche tempo nell’allenatore, che pure si è prodotto in una difesa d’ufficio, di certo non lo ha avuto mai dalla stessa società che aveva puntato su di lui. Zero. Silenzio assoluto, almeno pubblicamente.
Ma come? Scommetti su un portiere di riserva che aveva giocato nove partite ad alto livello, ma in un Bologna già salvo, quindi in una situazione psicologicamente ideale per fare bella figura, e lo lasci al suo destino, lo lasci andare alla deriva senza spendere una parola quando le sue difficoltà sono evidenti, quando le critiche sono unanimi e diventano un coro quasi settimanale? Le parole post partita del presidente sono una rarità e coincidono sempre con le vittorie eclatanti, quindi si riducono al dopo Roma e al dopo Napoli. Ma quando il Bologna vince, i suoi giocatori non hanno bisogno di sentire la solidarietà, sono consapevoli di avere quella dell’opinione pubblica. E’ quando le cose vanno male che la società deve essere presente mettendoci la faccia e assumendosi le responsabilità delle proprie scelte.
Nessuno oggi vorrebbe essere nei panni di Agliardi. É la storiella della bicicletta. Il portiere ci è stato sopra e doveva pedalare. Dov’è l’errore? Agliardi la bicicletta non l’ha chiesta: se la è trovata parcheggiata davanti a Casteldebole. Se non l’ha usata al meglio, il primo responsabile è certamente lui, ma anche chi gliel’ha affidata sbagliando valutazione.
Forse sono i giorni dell’epilogo di questa vicenda. É inutile qui avanzare ipotesi di mercato che potrebbero essere smentite fra poche ore. Ma una cosa è certa ed è perfino ovvia: a questo punto Agliardi sarebbe ben contento di uscire da una situazione che per lui si è fatta pesante fin dalle prime battute di campionato e che ha dovuto gestire in totale solitudine.
Un’ultima cosa: se giovedì alle 19.01, Agliardi dovesse essere ancora il portiere titolare, la società dovrebbe astenersi da diplomatiche dichiarazioni in Suo favore. Non sarebbe credibile. Si è parlato del sostituto per due mesi, se non arriverà nessuno non è certo per la fiducia che i dirigenti ripongono in Agliardi quanto per l’incapacità di operare sul mercato nel modo migliore.
[Sabrina Orlandi – Fonte: www.zerocinquantuno.it]