Firenze era bella, bellissima. Piena di turisti, tutti felici e sorridenti, sembrava un giorno di festa. Era semplicemente un martedì di inizio Maggio, un martedì comunque speciale. Perchè Stefano Borgonovo è una persona speciale.
Sua moglie, l’inesauribile Chantal, mi aveva chiesto nei giorni scorsi di presentare insieme a lei il libro scritto da Ste e dal mio collega Alessandro Alciato, “Attaccante Nato”, il manifesto di una malattia e di un uomo che non si arrende e combatte con le armi con gli sono rimaste e con l’amore di chi gli vuole bene. Ho accettato subito, senza nemmeno pensarci un minuto, sono arrivato al Palazzo Vecchio, mi hanno fatto entrare nel Salone dei Cinquecento, sono rimasto a bocca aperta, non sapevo dove girarmi nell’ammirare cotanta bellezza.
Poi, ho visto arrivare Abete e Mencucci, Mihailovic e Antognoni, Donadel e Gamberini, il sindaco di Firenze e Roberto Baggio, uno che a Renzi (scherzo, eh) potrebbe soffiare il posto davvero. Una sala imponente, le poltrone d’epoca, la diretta televisiva, Borgonovo in arrivo: per un attimo, giuro, mi son detto che l’evento era più grande di quello che pensassi (e soprattutto di me…), ho avuto paura di non essere all’altezza. Poi, ecco Stefano, quegli occhi vispi, il cappellino della sua Fondazione in testa, quello che avrebbe sicuramente indossato oggi per allenare i ragazzi della sua scuola calcio, sono sicuro che sarebbe diventato un allenatore, magari anche bravo. Ecco anche Roby, lui e Stefano hanno giocato insieme soltanto un anno, era la stagione 1988/89, i fiorentini avevano battezzato la coppia come la “B2”, segnarono 29 gol, uno più bello dell’altro.
Gli vuole davvero bene Baggio, appena lo vede s’illumina: un pizzicotto sul mento, un sorriso rassicurante, l’imbarazzo naturale di chi si ricorda com’era scambiarsi gli assist e festeggiare la rete dell’uno o dell’altro. Vorrebbe coccolarselo, con la discrezione che lo contraddistingue, ma c’è molta gente, tutti vogliono chiedergli di Totti e del record infranto, lui non si sottrae. Poco dopo comincia il racconto del libro, il silenzio della sala mi riempie il cuore, apro una pagina, poi l’altra, mi ero preparato alcuni passi da leggere, li leggo, sento l’emozione di essere il megafono di Stefano, come se potesse parlare attraverso la mia voce e non con il suo sintetizzatore vocale che ogni tanto fa i capricci, non riesco a spiegarvi cosa ho provato.
Vi scrivo alcuni versi, però, quelli che mi hanno colpito di più, quelli che incarnano il pensiero e la tenacia di Stefano Borgonovo: “…Io e Chantal lottiamo per tutto questo. Per dare una speranza a gente come me, che sono uguale a tutti gli altri malati. Nè più vip nè più sfigato. Uguale da ogni punto di vista. Stesse gioie (poche ma buone), stesse delusioni, stessa sofferenza. La speranza è l’ultima a morire, quindi chiedo al Signore di non farmi classificare troppo distante dal penultimo. Sarebbe già un risultato interessante”.
Non ci sarebbero più parole, ma quelle le trova Stefano. Prima quando scrive (con gli occhi) a Baggio che gli vuole bene mentre lui sta ricordando com’era bello giocare e divertirsi assieme. Poi quando, alla fine, inizia a comporre la frase “grazie a tu..”, gli esce una z e poi una n invece della t, il silenzio della sala diventa pesante, forse non tutti sanno quanto sia preciso e tenace. Ma Borgonovo non si ferma, usa più volte il tasto indicato per tornare indietro e cancellare gli errori: riesce così a scrivere “grazie a tutti”, gli applausi risuonano per tutto il Palazzo, in platea scattano subito in piedi, lui sorride. E non si arrende. Mai.
[Gianluca Di Marzio – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]