Calcio tra scienza e investimenti mirati, l’analisi di Rusciano

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rusciano in campo

Rusciano: “In futuro meno trattative a sei zeri per l’acquisto dei ‘soliti noti’. Applicare le neuro scienze ai giovani talenti vuol dire farne esplodere il potenziale in maniera mirata, con l’aiuto dei dati di Neural Analytics”

MILANO – Dopo mesi di stop forzato dovuto all’emergenza sanitaria e con la prospettiva di disputare gli incontri a porte vuote ancora a lungo, i Club europei faranno sempre più fatica a ricorrere il Cristiano Ronaldo di turno, con il suo ingaggio da 105 milioni di euro e il suo contratto da 30 milioni l’anno. Molto meglio valorizzare i giovani che hanno in casa, come il gioiellino dell’Atalanta Dejan Kulusevski, esploso in prestito al Parma, che ha già un accordo con la Juventus a partire dal 30 giugno o Erling Braut Håland, attaccante del Borussia Dortmund e della nazionale Under-21 norvegese, o Alexander-Arnold, ventiduenne terzino del Liverpool e della nazionale inglese.

O ancora Frenkie de Jong, classe 1997, centrocampista del Barcellona e della nazionale olandese, Houssem Aouar, terzino francese in forze al Lione, classe 1998, Mason Mount, trequartista del Chelsea e dell’under 21 inglese, Jadon Sancho, esterno offensivo del Borussia Dortmund e della nazionale inglese. Tra i Club “campioni di incassi”, spesso osannati in quanto fucina di giovani talenti, c’è l’Ajax, che dalla vendita dei suoi atleti dal 2000 in poi ha ottenuto la cifra record di circa 434 milioni di euro.

Il mantra è “Più giovani, più tecnologia ed esperti in campo capaci di stimolare i diversi ambiti di crescita” – fa notare Aiace Rusciano, già neuropsicologo e neuroscienziato di AC Milan – Milan Lab, oggi responsabile del Lab di monitoraggio psicofisiologico di AC ChievoVerona, che suggerisce di affrontare il tema da un punto di vista diverso: “Le neuroscienze hanno decretato la fine della divisione ‘cartesiana’ tra fisiologico e mentale nel calcio, spesso amata anche dagli allenatori. Il supporto strategico offerto dalle tecniche di neuro potenziamento permette agli allenatori di comprendere il grado di convinzione inconscia di un giocatore nel segnare, la sua resistenza e prontezza mentale agli stress, e di potenziare fattori di controllo eliminando le interferenze come pensieri circolari, disistima, tensione muscolare e reazioni emotive non funzionali al risultato, nonché di incrementare attenzione visiva, vigilanza e intelligenza strategica”.

Il neuro potenziamento, l’ultima frontiera per allenatori e società sportive, è un percorso di sviluppo delle potenzialità diretto anche ai giovani talenti, senza limiti di età. Il neuroscienziato dell’alta prestazione utilizza elettroencefalogramma, realtà virtuale e misura i tempi di reazione per calcolare le potenzialità di un atleta, le abilità neuro-cognitive, di motivazione e di gestione dello stress. “Non si parla di videogiochi o di ‘brain game’ ma di un laboratorio scientifico e di una vera e propria ‘palestra del cervello’ per l’incremento delle prestazioni. Prestazioni che, vale la pena di sottolinearlo, sono anche scolastiche: eliminando le interferenze emotive e allenando le doti cognitive, i giovani atleti accorciano i tempi di apprendimento e migliorano il proprio rendimento in aula”.

Un altro ostacolo con cui i giovani si devono scontrare, spesso alla loro prima esperienza in una grande squadra, è lo stress. “Che non è soltanto uno stato mentale ma influenza negativamente la capacità dell’atleta di prendere decisioni accurate in campo, affaticandolo a livello psicofisico e aumentando il rischio di infortunio in campo”, specifica ancora Rusciano.

Per questo, “Allenatore, staff e management si devono formare a una visione sistemica che permetta a ogni componente di esprimere il massimo potenziale e di usufruire di un database con informazioni preziose e strategiche per identificare i talenti, farli crescere, ottimizzare la loro resa in campo e ridurre al minimo la possibilità di infortuni”.

Applicare le neuroscienze al calcio significa agire su 3 punti cruciali:

  1. L’ ‘atleta neuronale’. Si stimolano in modo mirato quelle aree del cervello deputate a prendere decisioni cruciali durante la partita. I normali esercizi motori e percettivo-cinestetici in sequenze di cambi di direzione, arresti e salti (con o senza palla) vanno necessariamente affiancate da un ‘engagement cerebrale’.
  2. Il principio del carico neuro-bio-fisiologico. Il monitoraggio e recupero dei carichi sulla base delle energie nervose cognitive della squadra, oltreché fisiche, ha ricadute sugli infortuni e influenza le componenti fisico-atletiche. Oggi si utilizzano fonti dati integrati con intelligenza artificiale per l’analisi delle partite e prestazioni dei giocatori nonché i Neural Analytics per studiarne le sensazioni interne (equilibrio, ansia somatica ecc.) ed esterne (vista, udito, tatto), affinando le loro doti di attenzione, concentrazione, fiducia in sé stessi e resilienza.
  3. Comunicazione. L’allenatore non deve insegnare automatismi ma essere uno stratega, manager e leader carismatico, in grado di ‘entrare nella mente’ dei suoi atleti con empatia e decisione, e al tempo stesso di leggere la realtà che lo circonda sulla base degli strumenti scientifici.

“Su un atleta giovane e ‘vergine’ da questo punto di vista, gli obiettivi ideali di un lavoro di neuro potenziamento sono la gestione delle emozioni e l’incremento della velocità visuo-attentiva, di decision making e problem solving rapido, nonché il controllo motorio. Queste capacità possono fondersi al lavoro di apprendimento e crescita tecnica sul campo del giocatore. Esempi di giovani molto forti da questo punto di vista sono Donnarumma e Vignato”. Rusciano ha lavorato, tra gli altri, su giovani come Lerys, Sofian, Vignato, Rovaglia, Musa al ChievoVerona. Durante il periodo al Milan con Donnarumma, Christian Maldini, Luca Vido, Cristante e Locatelli.

Il cervello di un giovane talento calcistico presenta una “superior cognition”, un potenziale cognitivo enorme, misurabile e allenabile in ogni giovane atleta, che si manifesta in prestazioni e gesti tecnici di qualità, capacità strategiche ed intelligenza tattica, precisione nel gesto tecnico, esplorazione visiva e reazioni a stimoli input-output più rapidi, oltre a un minor rischio infortuni. Un mix di qualità che il neuropotenizamento mira a stimolare e a far crescere.

“Se una persona cosiddetta normale reagisce ad uno stimolo in 300 msec, un talento reagisce in 140 msec, con un enorme scarto cerebrale. Tali capacità, potenziabili tramite i processi coordinati dell’area neuroscientifica, fisica e tecnica, e controllati da network cerebrali specifici in primis, e a seguire dai muscoli, sono un capitale umano ed economico immenso, che, giocoforza, i Club sfrutteranno sempre di più”, conclude Rusciano.