Esprimere un’opinione sulla clamorosa conclusione del rapporto tra la Sampdoria e Antonio Cassano è tanto semplice, quanto complicato al tempo stesso. Fino a due mesi fa nessuno si sarebbe aspettato una conclusione tanto negativa, quanto prematura per una storia apparentemente destinata a durare a tempo indeterminato tra dichiarazioni d’amore incondizionato e attestati d’affetto rilasciati a mezzo pubblico.
Invece, ci siamo tutti sbagliati. Nel giro di due mesi è successo di tutto e il contrario di tutto: lo scoppio del caso, interventi di moralizzatori e sostenitori della condanna a priori, la richiesta societaria di rescissione unilaterale del contratto, le scuse pubbliche, a modo suo, di Cassano, il Collegio Arbitrale, la sentenza, dibattiti nazionali, la partenza del giocatore verso il Milan. La tempesta dopo la pace, ora la pace dopo la tempesta, con il mercato di gennaio alle porte, l’esigenza di rinforzare l’organico e trovare un degno sostituto del fantasista barese e la necessità di fare chiarezza e ritrovare la bussola dopo gli errori commessi in estate e le recenti dimissioni di Gasparin, che lasciano molte ragioni per riflettere sulle strategie che si vogliono seguire. Ora la Sampdoria deve mettere a posto i pezzi, ritrovare se stessa e capire cosa vuole fare davvero da grande, con i fatti e non semplicemente con le parole.
Gennaio sarà la grande occasione per poter dimenticare una seconda parte di 2010 ricca di delusioni, colpi di scena e partenze, la brutta copia di sei mesi precedenti assolutamente da incorniciare. Qualche settimana fa leggevo le dichiarazioni rilasciate da Beppe Bozzo in merito al Caso Cassano e soprattutto al fatto che non ci sarebbero “né vincitori, né vinti”. Sono d’accordo in tutto e per nulla. Mi spiego subito. La società ha vinto perché ha dimostrato come il rispetto e stima non hanno prezzo nemmeno nell’era moderna, dando un grande esempio morale, ma era proprio necessario non solo non incassare, ma pure rimetterci nel cedere il miglior calciatore del proprio organico, uno dei giocatori italiani più dotati tecnicamente, il titolare della Nazionale? E se si era deciso di cederlo, non si poteva farlo in un altro momento, ma soprattutto con condizioni più dignitose per le casse sociali?
La società ha risparmiato un importante ingaggio, avrà pure alleggerito in maniera rilevante il proprio bilancio, ma non ha incassato un euro, anzi ha dovuto venire incontro alle esigenze delle controparti. Non a caso, l’operazione condotta dalla Sampdoria, in termini di puro calciomercato, è stata bocciata da gran parte degli esperti calcistici, pur comprendendo le ragioni umane che hanno portato la società ad assumere una posizione così rigida. Resterebbero anche da valutare le condizioni di rinnovo proposte al giocatore prima dell’inaspettato caos.
Antonio Cassano. Alla Sampdoria è rinato, è cresciuto e maturato, ma molto probabilmente, con il senno di poi, non tutto andava a rose e fiori nemmeno a Genova, leggendo le dichiarazioni a posteriori provenienti da Corte Lambruschini. Tutto questo caso disciplinare e mediatico sicuramente gli ha procurato un danno d’immagine notevole, ha chiesto scusa alla società e dichiarato affetto ai tifosi, ma forse non con i mezzi e nei modi che sarebbero stati maggiormente compresi e apprezzati da chi l’ha pagato e difeso, da coloro che l’hanno sostenuto e incoraggiato. Al di là di quanto sia realmente accaduto quel giorno e non voglio assolutamente entrare in merito, la tifoseria organizzata, bruciata dal caso Mancini a fine anni Novanta e vicina soltanto a Flachi, un doriano vero, non ha preso posizioni ufficiali sulla vicenda e, a mio parere, ha preso la decisione migliore.
I giocatori sono innanzitutto professionisti, hanno tanti lussi e diritti di cui vantarsi, qualche dovere da rispettare, e, tranne casi sempre più rari nel calcio moderno, la maglia e la piazza vanno in secondo ordine. Anche durante l’ultima intervista rilasciata a “Striscia la Notizia”, il fantasista barese, a prescindere dalla gioia di vestire a breve la gloriosa casacca milanista, ha perso l’occasione per salutare e soprattutto ricordarsi chi l’ha sostenuto negli anni vissuti alla Sampdoria, pazienza. Sicuramente Cassano non meritava di restare fuori rosa in blucerchiato, né di perdere il treno della Nazionale da poco riconquistata. Alla fine ha vinto anche lui: approda in uno dei club più gloriosi e vincenti a livello europeo e mondiale, percepirà un ingaggio importante, giocherà al fianco di grandi campioni, potrà riconquistare le convocazioni di Prandelli, ma forse sarà l’ultima sua occasione: il Milan non è la Sampdoria, in tutti i sensi.
La squadra. Tralasciando inutili esempi di ipocrisia e demagogia, all’interno di ogni spogliatoio, come in ogni ambiente, possano esserci amici e non, chi è davvero dispiaciuto, chi invece professionalmente abbia beneficiato dall’assenza di Fantantonio, non mi meraviglio, fa parte della vita. Senza la sua fantasia la squadra ha perso la propria imprevedibilità, la manovra è diventata piatta e priva di acuti, chi finora ha avuto maggiore spazio non l’ha finora sfruttato a dovere. Forse avrà provocato qualche incrinatura di rapporti, ma, con lui, anche giocatori modesti in passato hanno vissuto le stagioni migliori della propria carriera. Agli altri il campione fuori dalla media, tutto genio e sregolatezza, fa sempre comodo, nel bene e nel male.
La tifoseria. I veri Sampdoriani non si legano più, salvo rare eccezioni, ai singoli giocatori, ma al gruppo, alle casacche blucerchiate che scendono in campo, a prescindere da chi le indossi. Conta il bene della Sampdoria, della squadra, dell’ambiente. Se si potranno ammirare degli autentici campioni difendere in campo i nostri colori, ne saremmo ben lieti, altrimenti si farà di necessità virtù, avremo un motivo in più per incitare i nostri ragazzi. Come non avrebbe potuto essere altrimenti e come non fossero bastate le cocenti eliminazioni da Champions ed Europa League, l’improvvisa e pesante partenza di Cassano ha inevitabilmente scombussolato e disorientato l’ambiente.
Hanno vinto i tifosi che, nonostante siano ben consapevoli della perdita subita in termini di ambizioni, visibilità ed entusiasmo ne sia generata, restano ottimisti e sempre vicini alle sorti blucerchiate, seguendo ovunque, in casa e in trasferta, la nostra amata. Prima del singolo, c’è la Sampdoria, potendo dare grandi lezioni a molte altre tifoserie e non solo. Hanno perso tutti coloro che, forse presi da eccessivo sconforto o da perdite dello status di “simpatizzante”, dichiarano di non volerne più sapere più della Sampdoria intesa come squadra e società, aspettando magari l’arrivo di un altro campione o un nuovo quarto posto per riempire gli spalti.
Escono sconfitti anche gli improvvisati moralizzatori che, magari dopo averlo acclamato ad alta voce e andati fieri per averlo avuto in squadra, adesso sparano fango addosso ad Antonio Cassano soltanto perché non c’è più, o per sfogo di rabbia o ingratitudine. Non è stato lui a chiedere la cessione, è vero, può avere deluso tanti tifosi, ma non mi ero mai illuso di averlo a vita alla Sampdoria, anzi mi ritengo già fortunato che quel Direttore con la D maiuscola di Marotta riuscì a portarcelo al termine di un’operazione geniale. La tifoseria blucerchiata esce inoltre vincitrice a prescindere, perché canta, si fa trasportare dalla passione, macina km su km, supera gli ostacoli, non si impaurisce dinanzi a nulla, nemmeno ai -12 gradi di Budapest. È sempre presente ovunque scende in campo la Sampdoria.
Tutto passa, soprattutto i giocatori, ma i veri Sampdoriani ci sono sempre, e, proprio e soprattutto per tale ragione, meritano da tutti il massimo rispetto e la massima considerazione, percorrendo insieme una strada dove il rigore di bilancio, la coerenza e i principi non perdano mai la compagnia dell’ambizione, della voglia di migliorarsi e sognare insieme traguardi prestigiosi che ci hanno contraddistinto fino a pochi mesi fa. Noi lo sappiamo, speriamo se lo ricordino tutti.
[Diego Anelli – Fonte: www.sampdorianews.net]