Acciuffata, in qualche modo, appena in tempo. Il Catania ce la fa. Vittoria e, in allegato, una dose non indifferente di sofferenza. Una fatica enorme nel costruire azioni, una fatica estrema nel buttarla dentro. Poco importa se di fronte c’è stato un Bari rimaneggiato, incerottato, dimezzato.
Un tempo senza un’identità di squadra, un altro mettendo il cuore dentro alle scarpe, buttandola sul carattere, sull’agonismo. E’ bastato questo, per fortuna. E’bastato un imperioso ruggito in area di rigore, è bastato un guizzo firmato Terlizzi. Rete; di nuovo. Esultanza; stavolta.
Calci piazzati siate benedetti!. Gli ultimi tre gol del Catania sono frutto di palle inattive. Ottimi colpitori, sì; il rovescio della medaglia, però, evidenzia la sterilità della manovra offensiva rossazzurra. E se dopo il black-out di Palermo la difesa si riconferma solida, l’attacco continua a latitare, il gioco pure e il nervosismo cresce: Maxi non le ha mandate a dire dopo una partita di calcioni e strattoni, rosso e collera; addio Olimpico.
Il primo tempo di ieri è stato lo specchio dei grattacapi di Giampaolo. Poche idee, troppi tocchi, imprecisione, mancanza di profondità. Non per caso l’ingresso di Llama, ala sinistra che cerca il fondo per crossare,ha cambiato volto ad un undici imballato e statico. L’esterno argentino, tambureggiante sul suo out, ha contribuito a creare spazi e situazioni di gioco per il resto dei compagni; in più, lo stesso Christian, ha pennellato la perfetta punizione incornata poi da Terlizzi.
C’è voluta tutta l’anima in corpo per far nostra questa partita; c’è voluto un cuore intero, affidabile accessorio quando le gambe non girano da sole. Sembrava facile, è stato arduo. Sembrava una passeggiata, è stata una scalata. A denti stretti portiamo via questi tre punti che portano a 17 il soddisfacente bottino stagionale. Contenti ma vigili.Lieti ma attenti. Perché non abbiamo ancora visto il miglior Catania e gli ostacoli sono ancora plurimi, i fantasmi dietro l’angolo.
C’è da lavorare. C’è da battere il ferro mentre è caldo. Proprio per non soffrire così tanto, per non sudare sette camicie ogni match, come ieri al Massimino. Finchè si è in tempo, finchè l’acqua è ben lontana dalla gola, finche c’è la voglia di mettersi in gioco al massimo delle potenzialità.
[Dario Damico – Fonte: www.mondocatania.com]