CATANIA – Se un attaccante non segna da un paio di mesi suona un piccolo campanello. Se un attaccante che non segna da un paio di mesi viene schierato da unica punta in un match importante e continua a non segnare scatta l’allarme. Se una attaccante che non segna da un paio di mesi e che viene schierato in un match importante prolunga il digiuno mancando almeno un paio di occasioni nitide… allora parte lo stato d’allerta generale. L’attaccante si “deprime”, si blocca e a volte fino a quando non ritrova la via del gol sbaglia pure le cose più semplici.
Per molti è così, ma non per Gonzalo Bergessio. Tornato Sabato al centro del reparto offensivo rossazzurro, ha avuto e mancato un paio di ottime occasioni per tornare al gol. Se le avesse fallite Maxi Lopez il primo pensiero sarebbe stato: “Ha la testa altrove, sente troppe voci”. Lui sente le voci. Intanto se l’affare non quaglia alcune saranno al massimo allucinazioni uditive e poi, a meno che non siamo finiti dentro “Il sesto senso”, ci sarà pure un modo per non essere completamente dirottati da queste ingombranti presenze. Ci deve essere un modo per sfuggire a questa cultura degli alibi, c’è un motivo se ad uno dei due non c’è quasi mai nulla da rimproverare. Forse per le tante aspettative riposte sull’uno più che sull’altro, ma di certo non solo per questo.
C’è chi fa l’attaccante e chi va all’attacco, chi aspetta l’assist e chi si va a prendere la palla. Bergessio è un lottatore, un toro che corre appresso alla maglia dell’avversario come fosse la muleta scarlatta del matador. E poi non molla il colpo: ha una prima occasione spalle alla porta in area che non sfrutta ma è sempre lì a buttarsi dentro per procurarsene una seconda. La cerca e la trova, a tu per tu con l’estremo difensore stavolta, ma è lento e il difensore salva sulla linea. Non demorde però e quando Barrientos è tutto solo davanti alla porta lui accompagna l’azione lo stesso. Il Pitu sbaglia due volte, la scelta del passaggio invece del tiro e la misura del passaggio stesso ma Bergessio non pensa e non giudica, lui si lancia, anche su una palla lunga. Velasco dice: “Lo schiacciatore non parla dell’alzata, la risolve”. Magari Gonzalo non la risolve sempre, ma non cede mai alla tentazione di fare l’esperto in materia di alzate. Lo schiacciatore sa tutto dell’alzata; piccolo problema: loro schiacciano, non alzano. L’analogia con l’attaccante e il passaggio è presto fatta. Mai un gesto di stizza ai mille cross piovuti male, mai un mugugno alla Ibrahimovic, mai uno spettacolo di mimo per sentenziare dove andava messa la palla.
L’intervallo non gli toglie la voglia di provarci e il fischio della ripresa ripristina la sua cieca perseveranza. Un paio di tentativi ancora in quel poco che si è potuto giocare del secondo tempo e quando si è reso impossibile esprimere calcio ha espresso agonismo. La solita corsa e quella scivolata in aquaplaning mentre rincorreva Kjaer, così giusto per chiarire che lui non si è arreso, non si arrende mai. Quando si dice che i tifosi vogliono vedere sudare la maglia… sarà anche per questo che non c’è niente da ridire. Può migliorare sotto porta? Certo che si, ma ha fatto 8 gol in 26 presenze (di cui 3 reti in 14 apparizioni in questa stagione) non tutte dal primo minuto e soprattutto senza calci di rigore. Chi può vantare una media da 13 gol all’anno senza rigori nel Catania faccia un passo avanti. Del resto le migliori prestazioni del Catania con Montella lo hanno sempre visto protagonista, come con l’Inter, il Napoli e la stessa Roma.
Lui non sente voci, non “vede le trattative morte”, non parla dell’alzata. La sua sorda ostinazione grida e sente solo: “Fallo e basta!”
[Daniele Lodini – Fonte: www.mondocatania.com]
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