Meglio brutto ma ricco, o bello ma povero?
Attorno a questo interrogativo ruotano i giudizi sul Catania, su Giampaolo. Bivio etico, sentimentalmente, bivio pratico, calcisticamente. Pur sempre un bivio netto, a “T” , davanti al quale mai era stata posta la Catania calcistica.
Anche a Roma, l’undici di Giampaolo scende in campo senza far mistero delle proprie ambizioni che trovano specchio nell’assetto tattico preparato dal tecnico. Difesa ermetica dello 0-0. Fasce blindate. Soluzioni offensive ridotte al solo contropiede per cercare il massimo risultato col minimo rischio.
Quando, dal tiro di Gomez (su contropiede), deviato in angolo, nasce il cross che porta Silvestre a stoccare di testa il vantaggio etneo, tutto sembra assolutamente perfetto. E’ proprio l’ebbrezza post-goal a mandare in barca il Catania. Permettere una sgroppata di 30 metri ad Hernanes è un crimine. Aspettarsi il goal, logica conseguenza. Nonostante un super Andujar sulla linea di porta.
La Lazio prende campo, mai all’interno dell’area etnea però. Tiri tutti da lontano, tanti, a volte pericolosi, comunque studiati da Andujar che vola come e dove sa, blindando la porta. Aspetti la Lazio, ed all’ultimo vien fuori il Catania, col solito contropiede. Quattro contro due, Gomez preferisce servire un difensore, dentro l’area piccola, piuttosto che un attaccante, sul dischetto di rigore. Potenza manca di coraggio ed anziché calciare a rete l’1-2, mette il sigillo sul pareggio. Si poteva vincere, Reja lo ammetterà candidamente.
Proprio questo va a sconvolgere l’abitudine degli sportivi. Il difensivismo, da sempre (Baldini, Atzori, ndr) foriero di prestazioni deludenti unite a magri risultati, adesso, grazie ad interpreti validi ed istruiti come mai, rende ricca la classifica del Catania. Spezza il fronte del no. Ed anche quello del sì, dacché Il Catania procede con gli stessi ritmi del girone di ritorno scorso, ma lo fa senza entusiasmare per il gioco proposto. Meno foga e più ordine. Meno spettacolo e più concretezza. Meno individualismi, più gioco di squadra.
Appare così brutto, ma ricco;
piacevole ai pragmatici, improponibile agli occhi dei romantici, abituati al Catania povero, ma bello. Quel Catania che riusciva a crear da sé ostacoli da superare poi con immane difficoltà. Difficoltà che però univa il tifo, scaldava i cuori, accendeva l’orgoglio.
Noblesse oblige.
[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]