CATANIA – Nel tennis, quando la palla che vale l’incontro va a segno, sta all’arbitro dire: “Game, set, match”. Ovvero: “gioco, tempo e partita”. Il fischio del mediocre arbitro Fabbri, al Massimino, nella gara contro il Carpi, vuole dire poco di meno nei fatti ma tanto di più per le sensazioni che restituisce all’ambiente.
Iniziata la stagione al grido #ripartiAmo, il Catania chiude terzultimo il girone d’andata della B. Posizione che, alla pari col Crotone, vale il merito(non la matematica) di retrocedere virtualmente in C senza neanche passare dai play-out. E pensare che, all’avvio, solo passare per i play-off sarebbe stato considerato fallire.
Così, nonostante il calendario dica che il “match” sia solo a metà svolgimento, lo sconforto che serpeggia nella piazza è quello tipico della sconfitta senza appello. D’altronde, a meno di vuoti di memoria, il precipitare verso la terza serie ha strabilianti tratti in comune con la già subita e sofferta retrocessione in B.
In ordine: cambio societario, obiettivi ambiziosi, acquisti “sensazionali”, inizio campionato disastroso, cambio tecnico, infortuni a iosa, ritorno del vecchio tecnico. Infine, verso gennaio: Promessa di rinforzi nel calciomercato di riparazione, terzo cambio tecnico. Errori noti, risaputi eppure ripetuti passo passo.
Il presente, discutendo dei fatti, contesta alla società di non aver quindi imparato nulla dagli errori passati. Tanto da essere ricaduta, un anno dopo, nelle medesime difficoltà. Per altro, in un torneo dal tasso tecnico così mediocre che manco la Primavera sarebbe riuscita a far così male senza gli errori della società.
Quale ottimismo è dunque lecito nutrire, per il futuro, stanti le medesime premesse e gli inquietanti precedenti? Il campionato detto e ripetuto “lungo” è già arrivato a metà, la pazienza dei tifosi è giunta da tempo alla fine. Dopo il Natale ai play-out, il Capodanno in serie C. Finisce così il 2014 del Catania. Fin dove arriverà l’ostinazione della società?
