Catania e il valzer delle panchine

CATANIA Otto allenatori in sei anni, prossimamente nove in sette. Tempi di crisi del lavoro? La panchina del Catania è la più ambita a Giugno e la più abbandonata a Maggio. Nelle ultime tre stagioni, dei cinque allenatori che si sono succeduti, quattro sono durati appena sei mesi, due esonerati, due dimessi a fine stagione. Il “ciclo tecnico” più duraturo in serie A è ancora legato a Walter Zenga, un solo campionato più le sette ultime partite del precedente (venne chiamato per sostituire Baldini, ndr) prima di dimettersi, anch’esso, come Marino: due anni al Catania tra promozione in A e salvezza, l’allenatore più longevo dell’era Pulvirenti e non solo.

Per ritrovare uno stesso tecnico seduto per due anni consecutivi sulla panchina del Catania, prima di Zenga, prima di Marino, bisogna ritornare agli anni novanta e comunque non se ne troverebbe uno che di stagioni ne abbia iniziate e completate due consecutivamente se non ritornando al triennio 1968/71 quando allenatore del Catania fu Egizio Rubino. Qualcosa di molto simile ad un “ciclo tecnico” che finora, nella storia sessantennale del Catania, solo Carmelo Di Bella potrebbe dire d’aver aperto e chiuso, fosse ancora tra noi; allenatore del Catania dal 1959 al 1966, sei stagioni piene più capo e coda.

Ed al Catania, a questo Catania che ha battuto il record di longevità nella massima serie stabilito da quel Catania, quello di Di Bella, è forse proprio questo a mancare per batter, di quel Catania, anche la posizione di classifica record, ottavo al primo anno di serie A, e di vittorie, ben 15: stabilità tecnica, trovare un allenatore bravo più che giovane, determinato a restare più che predestinato ad andar via, con l’esperienza ed il carisma che sono sempre serviti per tener a bada lo spogliatoio rossazzurro e perché no? Magari già conscio dell’ambiente, del modo di operare della società, del calore della piazza, per questo desideroso di ritornare e non commetter più lo stesso errore: unicamente e solo quello di andar via, ad un certo punto.

Per sostituire Montella si fa un gran parlare di “ritorno clamoroso”. L’indiziato principale, ma più verosimilmente solo quello quello di cui si chiacchiera con più facilità e più affetto, è Pasquale Marino. Primo dei transfughi che, né ad Udine né a Parma è riuscito a confermare le aspettative giustificate al suo esordio in serie A, quando portò il Catania a chiudere terzo il girone d’andata prima di vederlo precipitare a seguito della squalifica del Massimino. Di anni ne sono passati sei e, bruciato dall’esonero lampo di Preziosi, Catania sarebbe la piazza ideale per Marino più di quanto Marino non possa prefigurarsi come allenatore ideale per una piazza, come Catania, che ne ha apprezzato pregi e difetti da vicino come da lontano e che, col tempo, ed innumerevoli tentativi, ha appreso quale possa esser il profilo esatto del tecnico capace di far bene sulla panchina rossazzurra.

Se parliamo di ritorni poi, e se ritorno sarà, l’elezione non sarà mica a candidato unico. Se non Zenga, beatamente in panciolle sotto il ricco sole d’Arabia, se non Simeone, viceré di Madrid, nel recente passato c’è almeno un altro tecnico ad aver fatto bene a Catania, lasciato un ottimo ricordo di sé e del suo calcio, ed a ricordare la propria esperienza catanese con più d’un pizzico di nostalgia e più di qualche rimpianto viste le conseguenze delle proprie tentazioni e debolezze. Parliamo di Sinisa Mihajlovic, che a Firenze gli unici applausi li ha ricevuti dal settore ospiti quando il Catania è andato a far visita alla sua “viola”. Due stagioni deludenti in un club scoperto in piena recessione: sportiva, tecnica e societaria. Clima impossibile, scetticismo pregiudizievole acuito dall’aziendalismo che ne ha fatto capro espiatorio, agli occhi della tifoseria, per l’astio contro i Della Valle, come imprenditori, come dirigenti, come persone. Dopo l’esonero, richiesto a furor di popolo ed accondisceso solo per placar il furor del popolo, gli si era prospettata la possibilità di tornare in serbia, ad allenare la Nazionale. Accordo dato per fatto, firma programmata il 15 Maggio e mai arrivata. Tra il dire ed il fare cosa si è frapposto?

Magari il Catania? Non è da escludere. Se si parla di Marino, se si parla di Di Carlo, di Sannino, di Pea, di Sensini, di Torrente, addirittura di Delio Rossi e di Zeman, tanto vale gettare nel calderone una candidatura meno gettonata delle altre ma, allo stato delle cose, con prerogative più forti di quelle godibili da tanti altri. Magari non sarà Mihajlovic, magari sarà Marcolin (il suo vice), magari resterà Montella. Sì, magari.. quando cominceremo a leggere del possibile ritorno di Giampaolo, Atzori o Baldini, allora capiremo di esserci spinti magari.. un po’ troppo in là con le ipotesi cervellotiche.

[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]

Fonte: www.tuttocagliari.netFonte: www.tuttocagliari.net
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