REGGIO CALABRIA – Lo chiamano Nerone, qualunque nome gli si metta sempre caldo è: opprimente, onnipresente, appiccisoso, che unisce lui sì, davvero, tutta l’Italia in unico, comune abbraccio afoso di cui faremmo volentieri a meno, ma sempre Agosto è, e da un’amichevole programmata il quarto giorno del mese altro, davvero, non ci si può attendere. E così, mentre i vacanzieri esodati attraversano mare e deserto, anelanti del profumo di casa, gli esodanti rossazzurri si avviano alla ricerca di un assaggio del nuovo Catania, che li porta fino a Reggio di Calabria, terra di calcio questa domenica.
Circa 150 i tifosi etnei che fanno del Granillo casa propria, cori, colori, un incitamento che dura per tutti e 90′ i minuti di gioco, più recupero. C’è la Curva Sud, c’è la Curva Nord, ci sono i tifosi delle tribune, prove generali confortanti, sulle tribune tutto è già pronto per ben figurare all’esordio nella nuova stagione. Ed in campo? C’è tutto, tutto quel che c’era anche l’anno scorso, ma non tutto funziona come l’anno scorso. Meccanismi nuovi, appena scartati, ancora digrignati ai quali la calura estiva non fa certo da lubrificante, tutt’altro.
Potremmo dire “la Reggina è più motivata dal confronto con una realtà della massima serie”, probabilmente la Reggina si è dimostrata semplicemente più rodata e quadrata, in questo momento, di questo Catania e, soprattutto, sperimenta in campo molto meno di quanto non voglia Maran e non facciano gli undici rossazzurri schierati da inizio gara. Equilibri e movimenti ancora da trovare e la voglia di migliorare anche a costo di sbagliare, l’atteggiamento del Catania fa il gioco della Reggina che, prese le misure, dopo i primi 10′, si rende non più pericolosa ma più presente nella metà campo etnea, trovando per due volte, con Ceravolo, sempre su cross, sempre con conclusione di testa, lo specchio della porta, chiuso da Andujar.
Il Catania, con zero nuovi acquisti in campo, rinuncia al lancio lungo anche a costo di subire il pressing degli avanti reggini. Fraseggiare è l’ordine di Maran, traiettorie preferibilmente rasoterra. La palla deve girare, da destra a sinistra e da sinistra a destra se manca lo spazio. Ma una sfera sgonfia, che per due volte necessita il cambio e l’interruzione del gioco, è lo specchio di un Catania che stenta, non ingrana, ed allora cerca alternative fuori dai piani di Maran che si alza dalla panchina urla, dispone. Torna l’ordine tattico, ma per dare combattività serve la rete di Sarno, che al 18° fredda Andujar con un sinistro a giro infilatosi ad uncino sotto la traversa.
E’ allora che il Catania si scuote, guadagna campo. Servono 12′ di possesso e progressi, costanti, per arrivare alla rete del pareggio, a cui fa preludio una spaccata di Gomez che, a pochi passi dalla linea di porta, non riesce a deviare quel tanto che basta per mandare la palla in fondo. Proprio un’azione fraseggiata, da Lodi ad Almiron, da Almiron a Gomez, a sinistra, per Capuano, cross, palla allontanata dalla difesa per l’accorrente Almiron però, che carica, mira, scocca, segna una rete che strappa gli applausi della curva “Catania”, una rete delle sue, rasoterra, dalla distanza, circa 30 metri.
Agguantato il pari, Maran cambia tutto, si passa al 4-1-4-1 con Lodi ed Almiron alternativamente davanti la difesa, Gomez e Barrientos abbassati a centrocampo che risulta tuttavia avanzato rispetto all’assetto precedente. Le linee sono più strette, i fraseggi tra centrocampo ed attacco risultano così meno disturbati, quindi efficaci. Maran riesce ad adattar bene la propria squadra alle esigenze della gara, confermando quella che a Varese era una buona ed apprezzata abitudine. La Reggina non trova più gli spazi e le combinazioni che avevano reso pericoloso, fino ad allora, il 3-4-3 di Dionigi. Il Catania amministra, accelera e frena trasmettendo la sensazione d’esser in pieno controllo della sfida.
Sensazione che risulta sempre più concreta nella seconda metà di gioco in cui, pur cambiando tanti uomini, la condotta tattica degli etnei non cambia, e con essa neanche gli equilibri in campo; altra buona indicazione sul lavoro tattico, reso indipendente dagli uomini. E’ pur vero che l’attaccante centrale, Bergessio prima, Morimoto poi, resta parecchio isolato dal gioco collettivo, fungendo più da “lepre”, funzionale agli inserimenti dei compagni, che non da “punta”, capace di penetrare la difesa avversaria anziché solo allargarne le maglie.
Senza troppi brividi la gara scorre fino al termine in sostanziale equilibrio. Da segnalare, ad inizio ripresa, l’esterno della rete colto da Legrottaglie, che sfrutta un’uscita non impeccabile di Facchin, oltre ad una conclusione di Llama, allo scadere, diagonale teso che sfila a lato del palo sinistro. Per la Reggina una conclusione sbilenca, al culmine di un’azione pericolosa, scoccata da Bombagi, ed un doppio intervento di Andujar, abilissimo nella scelta di tempo, su Bombagi prima ed Angelini poi.
Termina in pareggio, ed è il primo del precampionato del Catania che proprio a Reggio ha il suo termine. I tifosi, che lasciano il Granillo da protagonisti, aspettano, al Massimino, una squadra davvero protagonista, del campionato che l’attende, davvero protagonisti del copione scritto da Maran, di cui piace la trama ma non ancora l’interpretazione. La squadra, che torna verso casa, si lascia alle spalle le fatiche del ritiro appena concluso con la consapevolezza di aver imboccato la strada giusta, avendo svolto il proprio compito al massimo delle possibilità concesse dalla fatica, e con la prospettiva, riposate le gambe, di misurarsi prima che con gli avverarsi pronti ad incontrarla, con sé stessa, con le proprie potenzialità espresse ed inespresse, più nel presente che nel passato. E’ un anno nuovo, vorremmo tutti che fosse senza paragoni..
[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]
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