Pensi alla versione più celebre, che è il contrario, e sembra una boutade. Poi pensi al Catania e ci scappa un sorriso. Ci scappa un sorriso a vedere che quasi la metà delle reti del Catania viene dal reparto difensivo, il più prolifico in zona goal. Ci scappa un sorriso perché a vederla così sembrerebbe che in campo scende un’armata Brancaleone, confusa sul da farsi e suoi ruoli. Ci scappa un sorriso perché se Mascara difende come un terzino e Silvestre segna come un ariete, altro che 4-1-4-1, sembrerebbe più il 5-5-5 di Oronzo Canà!
Sembrerebbe appunto…perché l’organizzazione dei rossazzurri è impeccabile, altro che confusi. Perché l’ordine tattico degli uomini di Giampaolo è maniacale, pare giocare alla Playstation per come guida la partita dalla panchina. Togliamoci dalla testa questa credenza da “fatti a nomina e vo cucchiti” che il Catania di quest’anno non fa gioco.
Il Catania fa una mole di gioco che da noi ha pochi precedenti, solo la sviluppa più in fase di non possesso, quella che parte dal pressing delle punte passa dalla copertura dei centrocampisti e finisce se necessario con la chiusura di difensori e portiere. Già chiamarla fase “difensiva” ha una connotazione negativa, vuol far sembrare che la squadra sia passiva. La squadra difende ma non ha paura, copre ma non indietreggia, lascia il possesso ma non subisce. La difficoltà del tuo avversario a colpire non è misura di quanto sei remissivo, ma di quanto sei organizzato.
Chi ascolta il tecnico parlare di calcio, e lo fa sempre volentieri, sa che al lavoro encomiabile in copertura il suo progetto vuole abbinare anche il “portare più uomini di là”. Il suo calcio è questo, e come tutti quelli vincenti nel nostro campionato parte dalla difesa, ma non vuol dire che si fermi li. Ha gettato le basi, ha messo le radici, quando l’intensità ci permetterà di ripartire di più e meglio allora l’opera sarà completa. Intanto questa “incompiuta” ha fatto 18 punti in 14 giornate.
Sono anni che il Catania ha grosse difficoltà in trasferta, e questo lungi dal voler dire che questa tradizione non è superabile, mostra però come piccole e medie squadre facciano fatica ad imporsi lontano dalle mura amiche. Qualcuno obietterà che la passata stagione con Mihajlovic si è fatto molto bene fuori, ma a dire il vero il successo con la Lazio dello scorso anno somiglia molto alla partita di domenica ma con due differenze: primo, la Lazio era in crisi e in zona retrocessione e non in forma strepitosa ai vertici della classifica; secondo, lì la ripartenza in tre contro due è andata a buon fine. Dire che la gestione di quella palla sia colpa del tecnico è pretestuoso, significherebbe che il Catania ha inventato i goal sbagliati, e che le squadre con una grande fase offensiva non mancano mai di segnare le occasioni ghiotte.
Il confronto in generale con la cavalcata dello scorso anno è fuori luogo, perché quella squadra votata all’attacco, sempre e solo alla ricerca di vittorie era anche una squadra all’ultima chiamata in ogni gara. Una squadra che non aveva altra scelta che rischiare. È più facile trovare il coraggio quando non hai più nulla da perdere, è più facile trovare energie inaspettate quando hai taccato il fondo. Nessuno vuole sminuire quell’impresa, ma un conto è fare uno strappo come quello per due o tre mesi di riscatto, un conto tenerlo per un anno.
Testimonianza sono i risultati dello stesso tecnico serbo con una squadra che probabilmente qualcosa in più di noi ancora la può vantare. Testimonianza è il rendimento dei campioni d’Europa spremuti fino all’osso nell’ultima stagione. Testimonianza è il semplice fatto che il Catania dello scorso anno non sia di certo stato un’anomalia del calcio. Storie di rimonte clamorose, di squadre date per spacciate che compiono l’impresa nel girone di ritorno, ne abbiamo viste, sentite e pure “subite” tante durante il nostro tipico letargo tra inverno e primavera. Eppure non corrispondono altrettante conferme negli anni successivi. Eppure le squadre che lottano per salvezza un anno, non sono in pratica mai in Europa quello successivo. Penso alla Reggina del post calciopoli o al Cagliari di Allegri … “tante volte e tanti dentro questa storia”, e insieme a loro un Catania che piega la Juve a Torino, domina il Milan a San Siro e batte netto l’Inter di Mourinho. Le più grandi imprese della storia sono quelle irripetibili. Magari la nostra non è di quelle storiche ma un’impresa sportiva si… e se non fosse “unica”, non sarebbe tale.
“La tecnica è il pane dei ricchi, la tattica è il pane dei poveri” [Carlo Mazzone]
[Daniele Lodini – Fonte: www.mondocatania.com]