Vorrei riavvolgere il nastro della partita, fermarlo tra primo e secondo tempo: stop. Scendere negli spogliatoi, ed avvertire, ad uno ad uno, tecnico, giocatori, persino i massaggiatori di quel che sarebbe potuto accadere nel secondo tempo. Dal 2-0 al 2-3? Probabilmente avrei corso il serio rischio di non esser creduto, ma probabilmente non sarebbe cambiato nulla lo stesso. E così mi ritroverei qui, ci ritroveremmo qui, con lo stesso nodo in gola che stringe le parole non dette, le speranze deluse, le gioie mancate.
EÉche con questo Catania c’eravamo talmente bene abituati a così grandi soddisfazioni, da non aspettarci, da non esser pronti, da non immaginare neanche la possibilità di una simile delusione. Da dar adito persino a cattivi pensieri. E così ci ritroviamo qui, insieme, a ricordare che nel corso d’una stagione capita, no “può capitare”, una sconfitta capita e basta. E basta pensarci, bisogna rassegnarsi a quel che è stato, per non rassegnarsi davanti a quel che potrebbe ancora essere.
E proprio adesso che abbiamo perso, quando credevamo di poter conquistare tutto, tutto sembra perso. Me ne accorgo presto, subito dopo mi accorgo non esser così. Mi ricordo e mi convinco che una sconfitta è uguale per tutti, subito dopo che la si riceve, poi a far la differenza, da caso a caso, da uomo a uomo, da squadra a squadra, è la maniera in cui a questa si reagisce: Girare pagina, e dietro questa eclissarsi o girare pagina e scrivere sulla seguente che “una sconfitta succede e prelude sempre ad una vittoria, sol perché per perdere qualcosa bisogna prima aver qualcosa da perdere, aver conquistato qualcosa da mettere o rimettere in gioco”.
E se il Catania tra sette giorni sarà chiamato a scendere in campo, nuovamente, a rimettersi in gioco, è la conferma che la vera sconfitta non è perdere, sarebbe adesso lasciar perdere.
Lasciar perdere, adesso, significherebbe smettere di credere in tutto ciò per cui abbiamo finora combattuto. Significherebbe distruggere tutto quel che abbiamo finora conquistato e costruito Questo sì che significherebbe perdere: perché non si può dire di aver perso qualcosa che non si ha mai avuto, ma lasciar perdere quanto costruito e cresciuto, fin qui, col tempo, con le nostre mani, ci lascerebbe davvero soli con appiccicosa amarezza ed asfissiante malinconia, e non per sette giorni ad andar male, ma all’infinito ad andar bene.
Questo farà la differenza: questo farà il nostro futuro. Insieme, restando ancora insieme, potremo anche perdere ma l’uno nell’altro troveremo la forza di non lasciar perdere, non adesso, non tutto questo. E per questo che torneremo a vincere e potremo vincere, ovunque andremo, a patto di restare uniti, insieme come un popolo in una parola: Catania.
[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]