CATANIA – Una partita coerente con l’intera stagione. Un risultato sorprendente, prestigioso, appagante ma non del tutto; come questa stagione: non per congenita insoddisfazione, neanche per capriccio, pretesa o vizio. Il Catania strappa un pareggio, all’Olimpico, un risultato utile cercato da 47 anni, dagli anni d’oro che questo Catania ha lustrato, rinnovato, impreziosito come mai prima d’ora. Sedici punti in trasferta, un record; 48 punti in classifica, un record, 47 reti segnate, un record, il prossimo sarà il settimo anno consecutivo di serie A, un altro record.
Tutti contenti, ma non troppo. Un assurdo che assurdo non è se l’appagamento è, com’è, il primo sintomo dell’insuccesso. Se l’appagamento, che è specchiarsi come la Luna sul mare, è stato, com’è stato, la causa primaria d’un Catania lunatico, salito e sceso in classifica come la marea, alta e bassa a seconda di quanto tonda, brillante, vicina o lontana sia la Luna dalla terra.
Allora benvenuti ai “ma”, ai “però”, agli “anche se”, alle nuvole, alla maretta se, come a Roma, potrebbero servir in futuro a contemperare la tanta soddisfazione appagata con quella fosse anche poca ambizione ma fondamentale per ricaricar d’energia potenziale le batterie scaricatesi più d’una volta dopo grandi fatiche, grandi imprese.
Spiace esser in vantaggio su Lazio, Napoli ed Inter nei confronti diretti, e giocarsi all’ultima di campionato il virtuale primato assoluto tra le contendenti al terzo posto con l’attuale terza, l’Udinese, senza che ciò valga lo stesso traguardo. Una gara che avrebbe potuto significare tanto, forse troppo (?), con qualche punto in più e qualche occasione sprecata in meno. Con qualche goal in più e qualche goal in meno. Con qualche distrazione in meno e qualche colpo di fortuna in più. Ma coerenza è anche questo, non esser niente di più e niente di meno di quel che si appare.
Che non vuole dire, però, non aver dentro quel che serve per divenire qualcosa di meglio.
Perché spiace vedersi superati in classifica da Parma e Bologna. Spiace perché, ammettendo la partigianeria per i rossazzurri, le due emiliane non sembrano proprio squadre né più forti né più temibili di quella etnea. Eppure si trovano cinque e tre punti avanti, passate da inseguitrici ad “inarrivabili” in sole due giornate. Questione di qualche punto in più e qualche occasione sprecata in meno, qualche gol segnato in più e qualcuno subito in meno, qualche distrazione in meno e qualche colpo di fortuna in più.
Due squadre che hanno giovato appieno della congiuntura “appagamento altrui-ambizione propria”, che caratterizza tutti i finali di stagione. Ed il cui principale merito, che sta alla base della scalata in classifica, consta proprio in questo: non mollare, al di là d’ogni ragione, al di là di ogni traguardo soddisfacente già tagliato, al di là di ogni obiettivo fine a sé stesso, di una posizione in classifica sulla carta indifferente dalle precedenti, ma che d’ufficio potrebbe risultare determinante per qualcosa che ormai, neanche d’ufficio, il Catania riuscirà a raggiungere.
Giusto, coerente. Forse invece, solo una storiella che è bene raccontarsi per trascorrere un’estate più serena, senza che sulla nuova dirigenza pesino fardelli d’insoddisfazione sostenibili solo obbligandosi a traguardi che, la prossima ancor più di questa stagione, si giocheranno su manciate di punti, su singoli episodi, dipendenti solo nelle premesse da programmazione e mercato (che attengono alla società) ma negli sviluppi concreti dipendenti da giocatori e soprattutto dagli stimoli che partita dopo partita il tecnico saprà infondere e la squadra assorbire.
In questo siamo mancati. Ed in questo saremmo mancati anche la prossima stagione se Parma e Bologna non c’avessero ricordato che qualcosa è mancato a questo Catania; se non c’avessero restituito una classifica coerente non con i valori del campionato, ma con i valori sinceri di una squadra bella ed imperfetta, che ha dimostrato di avere più di quanto non sia riuscita ad essere, a dimostrare. Più che campioni di Sicilia, più che miglior Catania di sempre per reti fatte, punti fatti, numero consecutivo di anni in serie A. Il Catania, che ci ha dato tanto, può ancora di più. E se alcune cose spiacciono, di questo campionato, è proprio questo che deve indurre a considerare l’ultima gara del campionato, quella con l’Udinese, come il primo passo della nuova stagione.
Una vittoria varrebbe quota 51 e permetterebbe, in ragione della vocazione migliorativa della società, di stabilire per il prossimo anno una nuova quota punti, ambiziosa più che mai quanto ragionevole e fondata su di una base concreta, che il Catania deve però costruire proprio contro l’Udinese. Perché rinviare d’un anno il traguardo 50 sì che sarebbe un “non passo avanti”, che le altre concorrenti, come in questa classifica, potrebbero trasformare in un passo indietro.
[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]