Qual è la differenza tra un primo tempo davvero da oltraggio al pudore e una ripresa tutta cuore e grinta, che nessuno, nemmeno il più ottimista dei tifosi avrebbe osato anche minimamente immaginare? Che differenza passa tra una squadra che pare sconvolta dall’episodio della diatriba sorta tra Antonio Cassano e Andrea Stramaccioni e una che invece dimostra di avere davvero il sangue caldo, ribaltando una frittata che dopo 45 minuti sembrava ormai fatta e bruciata? Semplice: tutto sta in… una Trenza. La Trenza di Rodrigo Palacio, l’uomo che entra dopo l’intervallo, dopo che l’Inter aveva vissuto 45 minuti da incubo trivellata dal Catania di Maran, e ribalta il match come un calzino. Trascinando l’Inter verso una rimonta incredibile, davvero da ‘Pazza Inter’, nel fortino del Massimino, contro una squadra da più parti decantata nelle ultime settimane e che almeno nel primo tempo ha dimostrato di meritarli. Ma quando quest’Inter decide di gettare il cuore oltre l’ostacolo, allora ogni esito diventa imprevedibile. E nel recupero, arriva una vittoria, la prima in trasferta dopo quattro mesi tondi, che oltre ad essere sorprendente e quant’altro riporta in alto le quotazioni terzo posto.
DALLE STALLE (PIAN PIANO) ALLE STELLE – Inutile nasconderlo, però: il primo tempo dell’Inter ha riproposto i peggiori spettri che hanno recentemente aleggiato intorno all’Inter. Quelli di Firenze, di Siena, di partite praticamente non giocate dove gli avversari facevano pic-nic nell’area nerazzurra senza che la squadra di Stramaccioni accennasse la benché minima reazione. A Catania c’è tutto per ripetere quel leit motiv: Bergessio uccella Juan e colpisce dopo sette minuti, Marchese raddoppia poco dopo. Il Catania poi, fortunatamente, si limita a gestire, ma quello che fa più male è vedere per troppo tempo un’Inter spenta, forse annichilita eccessivamente dai due gol a stretto giro di posta, dove nessuno prova anche dalla panchina a scuotere una squadra che cammina come un pugile suonato sul ring. Tommaso Rocchi è un ectoplasma (e le orecchie a qualcuno in società fischieranno a fare male), Zdravko Kuzmanovic patisce troppo la velocità dei dirimpettai etnei, Alvarez non è sintonizzato col resto della squadra. Simboli di una squadra con la testa altrove, anche se almeno nel finale qualcosa di diverso si intravede. Troppo poco, per la verità.
CICLONE RODRIGO –Troppo poco anche per pensare che qualcosa possa cambiare. Ma forse non per Stramaccioni: che purtroppo sconfessa le sue scelte nel primo tempo, ma in compenso decide di affidarsi subito a Palacio e Stankovic per Rocchi e Kuz; iniezione di qualità ma anche di grinta, quella che visto l’organico a disposizione diventa a questo punto l’arma in più di questa squadra. E che a Catania ha fatto da 12esimo uomo in campo: dopo il brivido iniziale con Handanovic salvifico, ecco il gol del 2-1 ispirato da Palacio, che sin da subito scompagina le carte di Maran, e segnato da quel Ricky Alvarez sin lì forse il peggiore in campo. Gol che rianima i nerazzurri, che buttano via la maschera della paura e iniziano a crederci. Volontà e cuore premiati dal gol del pari: la firma è di Palacio, imbeccato da un altro giocatore sin lì assente ingiustificato, ovvero Alvaro Pereira. Due comprimari importanti, spesso finiti al centro delle critiche ma che comunque hanno dimostrato di saper restare in piedi di fronte al fuoco di fila delle negatività come dei misirizzi. Specie l’ex Porto, che fatica sempre tanto a farsi apprezzare ma compie un lavoro oscuro importante, quando è in forma.
GALLINE VECCHIE… – É una sfida ad altissima tensione, con molti battibecchi e colpi proibiti fino alla fine, fino alla zampata vincente di Rodrigo Palacio che fa crollare definitivamente il castello di Maran e regala all’Inter tre punti esterni dopo il sacco della Torino bianconera. A fare da ispiratore, Esteban Cambiasso, uno dei simboli della vecchia guardia nerazzurra. Anche lui a volte messo all’indice, il Cuchu non avrà più lo smalto di un tempo, magari non correrà come l’altro pelato argentino del Catania (Almiron entrato guarda caso proprio insieme a lui in campo), ma è uno che per questa maglia ci mette sempre il cuore: sfiora il gol, che sarebbe il quarto consecutivo al Cibali, poco prima di servire al Trenza la gemma del 2-3 finale. Con lui da encomiare anche Dejan Stankovic, che a centrocampo ha dato quel qualcosa in più in termini di carattere che a quest’Inter mancava come il pane, ancor più della qualità tecnica. Insomma, i senatori si possono criticare finché si vogliono, ma guai a dire che non hanno più nulla da chiedere per l’Inter. E volendo mettiamoci anche Cristian Chivu, che dopo l’inizio shock ha preso per mano la difesa diventando decisivo.
GALGO DA CORSA– I dubbi sulle scelte di mercato dell’Inter si fanno persistenti, i mea culpa da fare sono parecchi. E anche il suo arrivo è stato ampiamente criticato, specie dopo l’opaco primo tempo di Siena, se non altro perché per portarlo all’Inter si è sacrificato mezzo cartellino di Marko Livaja. Ma a Ezequiel Schelotto si può dire tutto, fuorché che non abbia già sposato la causa interista: dopo il gol al Milan nel derby, Schelotto ha dimostrato di volere e potere dare tanto al suo nuovo club. Anche nei momenti più difficili, il Galgo era l’unico che ci metteva corsa e carattere, dando sempre qualcosa in più del resto del gruppo; poi nella ripresa ha avuto anche lui un pallone d’oro per il 2-3. Forse è ancora presto per dare giudizi definitivi, ma lo Schelotto visto a Siena, ne possiamo essere certi, era la fotocopia sbiadita di quello vero.
Sarà un peccato non averlo a disposizione, Schelotto, per la gara di Europa League col Tottenham, nel catino di White Hart Lane, dove garra e polmoni serviranno parecchio. Così come sarà un peccato non avere Samir Handanovic domenica contro il Bologna perché squalificato. Ma l’Inter, è sicuro, torna da Catania con tre punti e una convinzione: passano gli uomini, passano mille sventure, passa anche la qualità, ma quello che non passa mai sono gli attributi. Quelli della ‘Pazza Inter’, che forse, in un tiepido pomeriggio siciliano, ha ritrovato se stessa. Al di là anche dei diritti d’autore…
[Christian Liotta – Fonte: www.fcinternews.it]