Il Catania 2010/2011 è partito. Anno nuovo progetto vecchio, non ci sono novità in pentola, programmazione pluriennale e crescita. Già, niente di nuovo, il problema pare essere diventato questo, il vento di novità.
È strano, ci siamo così abituati a sentirla questa storiellina del progetto che ormai non fa più notizia. E’ così inflazionata che sembriamo desensibilizzati forse, eppure fino a qualche anno fa non chiedevamo altro, e per qualcuno (vedi Mister Giampaolo) ha ancora un certo fascino questa parola.
Non si sentono più tutte quelle richieste di calciatori di “nome”, non ci sono panici da mercato, fermo di fatto al momento. Siamo solo impazienti di addentare la preda e soddisfare la fame, lunga una vita, di raccogliere il frutto della nostra semina di passione.
Sembriamo soffrire quell’attesa tra noi e il realizzarsi del nostro sogno. Non riusciamo immaginarne già gli odori, a pregustarne i sapori, insomma a godercela questa crescita. L’abbiamo vista sul campo e ci siamo emozionati ad averla proprio lì, sotto i nostri occhi, come in una notte da 3-1, e poi ecco di nuovo qui quella voracità.
Tra poco nasce “la casa del Catania”, prendiamo strutture da top club per la preparazione, ce ne andiamo in giro a fare amichevoli di lusso eppure abbiamo tutti la stessa bramosia compulsiva. Una fretta moderna, un tutto e subito molto contemporaneo, un’abitudine a bruciare i tempi essenza dei giorni nostri. Ma quando ci capita di toccare con le mani il ciclo naturale delle cose, come attingendo ad una conoscenza primordiale, ci sembra normale aspettare,e sappiamo aspettare!
Ritroviamo o se necessario impariamo la pazienza del contadino, una saggezza che sa come crescere e godere dei suoi frutti. La legge, almeno in natura, è uguale per tutti, tra l’inizio e il compimento c’è il tempo, o come dice Niccolò Fabi “nel mezzo c’è tutto il resto, e tutto il resto è giorno dopo giorno, e giorno dopo giorno è silenziosamente costruire”
Pazienza e fiducia, che la terra non si stanca di restituire generosa i frutti; pazienza e fiducia,che la semina non è mai fine a se stessa e il contadino è di quelli di una volta.
[Daniele Lodini – Fonte: www.mondocatania.com]