TRECASTAGNI (CT) – L’occasione è per l’ennesima volta, la seconda, una premiazione che lo vede protagonista, come essere uomo anzitutto, come calciatore in virtù della caratura esemplare che il mondo del calcio, ed i suoi protagonisti rivestono all’interno della socialità, mondiale ma in particolar modo italiana: tra gli aspetti, pochi, che uniscono Nord e Sud sotto una stessa bandiera.
Nicola Legrottaglie, lunedì sera, è stato ospitato dal “Galà dello Sport Siciliano” (organizzato dall’ASD Sicilpool Trecastagni di Giuseppe Leone) e premiato con “La Castagna d’Argento”, onorificenza tributata anche al fresco campione del mondo di Spada, Paolo Pizzo, catanesissimo, oltre che a Danilo D’Agata, campione italiano dei mediomassimi, e tra gli altri alle campionesse italiane di Beach Volley Nellina Mazzulla e Graziella Lo Re.
Sotto i riflettori, al momento della premiazione, il difensore del Catania risponde alle domande del conduttore della serata, Ruggero Sardo, e dal giornalista oltre che volto noto e coordinatore della sezione sport di Antenna Sicilia, Umberto Teghini.
Di seguito, riportiamo quanto ascoltato nei dieci minuti circa che hanno visto Legrottaglie protagonista sul palco, e che precedono le dichiarazioni rilasciateci, con grande disponibilità e cortesia, a margine di ciò, e che pubblicheremo nei prossimi giorni.
“Grazie a Gesù sento di aver assolutamente vinto nella vita. E non è una vittoria fatta di successi calcistici, sono felice di questi, ma la serenità me l’ha data un’altra cosa. Tutti hanno un vuoto che cercano di colmare a volte con successo, notorietà, vincere un campionato del mondo, ma quando si arriva a far tutto questo ed il vuoto ci si accorge non esser andato via, allora bisogna riflettere bene sulla propria vita, si comprende di aver bisogno di qualcosa di altro. Prima ero schiavo, adesso sono libero.
“Da piccolo avevo rivolto a Gesù una preghiera e fatto una promessa. Se fossi riuscito a far il calciatore, allora avrei parlato di Lui e l’avrei fatto conoscere a tutto il mondo. Da quel momento in poi non ho più pregato, io ho dimenticato, Lui no: ha esaudito il mio desiderio mentre io mi dimenticavo di Lui fino a quando ho toccato il fondo del mio malessere interiore, della mia ricerca di appagamento. Gesù lo si incontra spesso per curiosità, come spesso le persone si avvicinano a me, alla mia fede. Non c’è paragone tra vincere un campionato ed incontrare Gesù.
“Non c’è sdoppiamento tra l’uomo ed il difensore. Non posso mica far passare l’attaccante e farmi far goal. Sarei stupido. Sono agonista, sempre, ma ho un profondo rispetto per l’avversario. Mi arrabbio anche con i miei compagni di squadra, sempre coi giusti modi, provo a far capire l’importanza di quel che stiamo facendo in campo.
“Con Giannoccaro mi sono arrabbiato, eccome. Cinque minuti prima dell’espulsione sono andato da lui dicendogli che stava rovinando la partita con tutti quei gialli affibbiatici in così poco tempo. Cinque minuti son passati quando ha ammonito Spolli per la seconda volta. In quel momento ho visto nei suoi occhi la consapevolezza d’essersi dimenticato che Nicolas fosse già ammonito, e d’averla fatta grossa. Gli ho detto: “Hai visto, che ti avevo detto?” e lui mi ha risposto: “Parliamone nel tunnel che è meglio”, ma ormai il guaio era fatto.
“Tre mesi che sono in Sicilia ed ho ricevuto più premi qui che nell’intera mia carriera. Sto ricevendo un affetto incredibile. Eppure sono sincero, volevo smettere. Al 24 Agosto non mi chiamava nessuno. E’ arrivata la chiamata del Catania, l’unica, di Lo Monaco. Il direttore mi ha convinto un po’, dicendomi :”Vieni, qua si sta bene”, ma io ero titubante, ho chiesto una settimana di tempo, settimana in cui ho iniziato a parlare con Dio, a chiedergli cosa fosse meglio per me. Ho guardato il mio cuore, certo che Lui mi avrebbe aiutato lungo qualsiasi strada avessi scelto. Sentivo di volermi ancora mettere in gioco, di star bene più dentro che fuori, visto che ero infortunato; così ho chiamato il direttore ed ho accettato pur ricordandogli del mio infortunio. Lui, il direttore, non ha sentito ragioni: “Ti prendo lo stesso” mi ha detto.
“Mi diverto a segnare. A Catania ho fatto 13, come numero di maglie indossate ma anche come esperienza. Sto davvero bene. La partita contro il Palermo è una sfida importante, so che la città la sente molto. Visto che siamo in prospettiva Natale, che purtroppo viene usato solo in funzione dei doni, allora ho detto, regaliamogli la vittoria col Palermo per poter poi portare loro al vero messaggio del Natale.
“E’ una partita che deve finire con un solo risultato. Se c’è un messaggio che mi va di lanciare al mio conterraneo Miccoli è questo. Che ci sia o meno in campo, che venga al Massimino o che resti a casa noi vogliamo e dobbiamo vincere, per i nostri tifosi.
[Marco Di Mauro –
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